I partenopei alzano al cielo la Coppa Italia per la sesta volta


Da dove cominciare per raccontare la vittoria del Napoli e la conquista della Coppa Italia edizione 2019/2020? Senza dubbio dagli occhi del suo allenatore. Gli occhi umidi, gonfi e commossi di Rino Gattuso ci raccontano un uomo vero, un uomo del sud, orgoglioso, lavoratore, schietto e deciso. Questa coppa è il primo trofeo vinto dal tecnico calabrese da pochi mesi alla guida del club azzurro, ingaggiato da De Laurentiis nel momento critico del post ammutinamento. Gennaro Gattuso è stato capace di ricostruire, non senza difficoltà, uno spogliatoio e compattare un gruppo invertendo la tendenza di una stagione a dir poco complicata, ritrovando un’identità persa con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Visibilmente emozionato e provato dagli ultimi tragici eventi familiari, la dipartita della sorella Francesca prematuramente scomparsa nei giorni scorsi, il mister a fine gara è portato in trionfo dai suoi ragazzi. Gattuso ringrazia la squadra con un discorso a sorpresa sottolineando i concetti di professionalità, carattere, rispetto ed appartenenza colto anche nelle lacrime di Callejon che in disparte vive la gioia del momento mista alla tristezza per l’imminente separazione.

Anche il Presidente De Laurentiis annusa la vittoria che a suo dire era già nell’aria, considerato l’influenza esercitata dal mister sui giocatori. Poi dopo essersi complimentato con i suoi, per essere l’unica squadra che riesce a contrastare la Juventus, ammicca ad un prossimo futuro obiettivo: lo scudetto.

Dato il periodo di post-pandemia la cerimonia di premiazione è inconsueta, in tono inevitabilmente dimesso, senza pubblico, senza il capo dello Stato e le altre autorità e con un medagliere self-service.

“O surdat ‘nnammurato” è la colonna sonora che pervade uno stadio Olimpico vuoto e colorato solo virtualmente, mentre Insigne e compagni, dopo la foto di rito, si scambiano abbracci passandosi la Coppa appena vinta.

Il Napoli vince la sua 6 Coppa Italia battendo ai rigori la Juventus 4-2. Decisivi gli errori dal dischetto di Dybala e Danilo. l penalty del Napoli invece vanno tutti a segno: Insigne, Politano, Maksimovic e Milik. Del polacco il rigore decisivo che scatena la festa a Napoli che si spande in tutta la città con caroselli e fuochi d’artificio.

Aggiudicarsi una coppa è sempre motivo di soddisfazione ma farlo contro la Juventus di Sarri dà un valore aggiunto all’impresa.

La compagine partenopea, dopo un avvio sofferto, è uscita bene alla distanza e alla lunga ha meritato il successo. Sue le occasioni migliori, con Insigne ed Elmas che sono stati fermati dai legni.

La squadra di Gattuso ha grinta da vendere e sa dosare le energie contro una squadra dalle elevate qualità individuali ma che ha espresso una prestazione come le sue maglie: incolore, e non è la prima volta. La Juve gioca, mantiene per lunghi tratti il possesso del pallone, ma è il Napoli più pericoloso creando presupposti per il gol.

Senza lo squalificato Ospina, Gattuso consegna una maglia da titolare a Meret autore di una prestazione di livello non solo per aver sventato una conclusione di Ronaldo prima e di Bentancur dopo, quanto per aver parato il rigore di Dybala.

L’esito della finale di Coppa nazionale rilancia la stagione del Napoli.

Dal confronto da una parte esce una squadra rinata, ricompattata intorno all’allenatore e pronta ad affrontare nuove sfide. Il punto debole sta trasformandosi nel punto di forza: un’organizzazione difensiva che in azzurro non si vedeva da tempo. Il Mister mette in campo idee semplici, per qualcuno un vero e proprio catenaccio, ma che alla resa dei conti sono risultate vincenti.

Dall’altra invece, il gruppo soccombente appare senza anima, anonimo e si palesano evidenti difficoltà fisiche e di gioco. Di questo passo avrà più di qualche pensiero Sarri a concludere il campionato ed affrontare la fase conclusiva della Champions. Dopo la Supercoppa è il secondo trofeo dell’anno perso dalla Juve. Ma lo stato di salute della Signora non dipende solo dalla panchina, stanno deludendo anche i campioni come Pjanic, Rabiot e Ramsey, quest’ultimo spesso in infermeria. Contribuiscono poi ad appesantire la situazione i fraintendimenti tra Dybala e Ronaldo e i capricci di Higuain, che vuole tornare in Argentina.

Anche se i rigori sono una lotteria questa volta il risultato non è figlio del caso. Nella ripresa la Juventus, già opaca, sembra calare pure fisicamente, come già nella semifinale col Milan contro cui non era riuscita a dominare neppure in superiorità numerica. Il Napoli prende coraggio, tiene il possesso, alza il baricentro e sciupa un paio di occasioni. Le regole non prevedono i supplementari e si va direttamente ai rigori. Come è finita è già storia e il Napoli di Gattuso, ha già vinto in pochi mesi più di quello di Sarri.

Il nuovo allenatore in 169 giorni, dall’11 dicembre 2019 al 17 giugno 2020, ha cancellato Sarri. Dopo Benitez nella bacheca dei successi del Napoli lascia la sua firma Gennaro Gattuso. Di Sarri rimarranno nella memoria i tre anni di calcio spettacolare, il triste ricordo di uno scudetto sfumato nel finale con i bianconeri, dopo essere riusciti nell’impresa di vincere lo scontro diretto all’Allianz Stadium con il gol di Koulibaly, e un amore tradito con la città e con i tifosi.

I meritati festeggiamenti mescolano sorrisi e lacrime di gioia: la pacata allegria di Meret che in silenzio ha saputo attendere il suo turno e dare il massimo al momento giusto dichiarandosi orgoglioso di far parte di questo gruppo; l’esultanza di Lorenzo Insigne, il capitano ormai maturo per questo ruolo, il primo ad essere bersagliato quando le cose sono cominciate ad andare male ma anche il primo a prendersi la squadra sulle spalle per traghettarla verso la vittoria. Ed infine l’espressione dolce e colma poesia di Dries Ciro Mertens quando nell’intervista del dopo vittoria elencando i motivi che l’hanno portato a rinnovare con il club partenopeo dice: “…e poi c’è la città”. Una frase che colpisce dritto al cuore ed io ascolto questo scugnizzo belga, rido ed asciugo le lacrime.