I sindacati imborghesiti si calano le brache per i padroni politici


Alla fine, i sindacati Cgil e Uil hanno confermato lo sciopero nazionale di venerdì 17 novembre scorso contro la famigerata Manovra di bilancio 2024. Non si è unita all’iniziativa la Cisl, la quale ha disposto di restare fuori dalla giornata di fermo generale per diversi settori: dai trasporti agli ospedali fino alle poste. Escluso il trasporto aereo.

Dopo la precettazione determinata dal Ministro dei trasporti, Matteo Salvini, il quale emanato un decreto ad hoc per ridurre la durata dell’agitazione, le due confederazioni hanno confermato la sforbiciata a sole quattro ore di mobilitazione. Lo stop è stato dalle 9 alle 13, per il settore trasporti, rimanendo invece di 8 ore per le altre categorie: scuola e pubblico impiego, servizi ambientali, sanità e poste.

Salvini aveva infatti firmato martedì sera una lettera di precettazione che limitava la portata dello sciopero nell’arco temporale dalle 9 alle 13. Nonostante questo e e la decisione della Commissione di garanzia per la quale mancavano alcuni requisiti, le due sigle sindacali hanno comunque voluto proseguire con la mobilitazione contro le misure contenute nella Legge di bilancio per il 2024, tacciata di non aver alzato le retribuzioni dei lavoratori di fronte a un’impennata inaspettata del costo della vita, di non preoccuparsi minimamente della sicurezza sul lavoro, di aver aggravato la riforma Fornero, senza disporre misure per la lotta all’evasione fiscale

Aumentare i salari, allargare i diritti e osteggiare una legge di bilancio che non interrompe il drammatico impoverimento di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati e non offre futuro ai giovani: questo lo slogan sindacale alla lotta di venerdì scorso. Peccato, soltanto di due soggetti confederali su tre?

L’autunno caldo è finito:
L’autunno caldo del 1969 è stato un periodo di grande mobilitazione sindacale e sociale in Italia, che ha portato alla nascita dello Statuto dei lavoratori. In quei mesi, le rivendicazioni salariali e di diritti dei lavoratori si erano unite alla contestazione giovanile del Sessantotto, dando vita a un movimento di massa che ha scosso le fondamenta della società italiana.

Oggi, a distanza di oltre 50 anni, sembra che lo spirito dell’autunno caldo sia ineluttabilmente finito. Uno sciopero generale dei trasporti indetto dalla CGIL e dall’Uil è stato di fatto depotenziato dal decreto di precettazione da parte del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. E l’unità sindacale si è andata a far benedire.

Il sindacato imborghesito:
Il sindacato è sempre stato una forza importante nella società italiana, ma negli ultimi anni è cambiato molto. I sindacati confederali, in particolare la CGIL, sono diventati sempre più grandi e burocratici, e i loro dirigenti hanno acquisito un potere e un tenore di vita che li hanno allontanati dalle classi lavoratrici che dovrebbero rappresentare.

Questa trasformazione ha reso il sindacato più vulnerabile alle pressioni politiche e imprenditoriali. Nel caso dello sciopero dei trasporti, è evidente che soprattutto la CGIL ha ceduto alle pressioni di Salvini, che ha minacciato di bloccare i finanziamenti pubblici ai sindacati se non avessero rimodulato lo sciopero.

I padroni politici:
Il riferimento del titolo ai “padroni politici” è azzeccato. La maggior parte del settore dei trasporti in Italia è in mano allo stato o ad aziende a partecipazione pubblica, dunque in mano alla politica. Questo rende i sindacati dipendenti dalla volontà dei governi, che possono usare il loro potere per condizionare le loro azioni.

Nel caso dello sciopero dei trasporti, è evidente che Salvini ha usato la sua posizione di ministro per imporre la sua volontà ai sindacati. Questo è un chiaro esempio di come la politica possa interferire nella vita dei lavoratori e dei sindacati.

Un’occasione sprecata:
Lo sciopero dei trasporti avrebbe potuto essere un’occasione per i sindacati di riaffermare la loro forza e la loro capacità di rappresentare i lavoratori. Invece, è stata un’occasione sprecata, che ha confermato la debolezza, la disunione e la ricattabilità dei sindacati e la loro dipendenza dalla politica. Pare soltanto a volte un gioco fra le parti quello di politica e sindacato.

Una strumentalizzazione:
La questione dei reali motivi dello sciopero è stata spesso volutamente confusa e strumentalizzata da entrambi gli schieramenti politici. La CGIL ha accusato Salvini di voler colpire i lavoratori, mentre la Lega ha accusato i sindacati di voler fare solo propaganda.

In realtà, i motivi dello sciopero erano complessi e non si riducevano a una semplice contrapposizione tra lavoratori e governo. Erano in gioco anche questioni come la riforma delle pensioni e il salario minimo, su cui c’era un forte disaccordo tra le parti.

Una conclusione grottesca:
Questa vicenda è un esempio grottesco di come la politica possa trasformare una seria questione sociale in uno spettacolo di propaganda. Viene a taluni da pensare ai sindacati come a delle “teste calde” che vogliono soltanto “fare casino” e di essere guidati da “giocatori sfiatati”. Questa situazione, che pare inaudita, pone una serie di interrogativi.

Innanzitutto, ci si deve chiedere se il diritto allo sciopero, per le categorie che si occupano di servizi pubblici essenziali, non debba essere regolamentato in maniera ancora più severa per non procurare eccessivi disagi alla popolazione.

In secondo luogo, è evidente che nel tempo il sindacato ha perso in parte la sua credibilità. Se i lavoratori non credono più nelle capacità dei sindacati di difendere i loro interessi, è difficile immaginare che questi ultimi possano continuare a svolgere un ruolo importante nella società.

Infine, è necessario chiedersi se il sindacato non si sia imborghesito troppo, perdendo di vista i bisogni reali dei lavoratori. La competizione con Salvini e la Lega sulle stesse materie predilette, previdenza e stipendi, sembra evidenziare una certa mancanza di originalità e di visione da parte dei sindacati.

Queste possibili accuse devono essere oggetto di una attenta riflessione. I sindacati sono un’istituzione democratica che rappresenta i lavoratori, e hanno il diritto di protestare per difendere i loro diritti.

Lo sciopero dei trasporti è stato comunque in buona misura un fallimento per i sindacati, ma non è un segno definitivo di debolezza. È un segno che i sindacati devono cambiare, per essere più rappresentativi dei lavoratori e più indipendenti dalla politica.