Pedofilia e paideia. I sentimenti verso i bambini


Non è infrequente che giuristi/avvocati seminino zizzania su argomenti di cui sono sociatricamente digiuni. Ciò è purtroppo causa del loro mestiere, che vede il mondo attraverso conflitti, litigi, opportunismi… Ma qualcosa di buono e forse necessario in questo approccio da patologi dell’umano consorzio ovviamente c’è: basta non estremizzarlo e farne una filosofia, a dimostrare che l’uomo è cattivo.
Ogni conflitto tra persone fisiche o giuridiche (formali o di fatto) è sociologico, e dovrebbe entrare nei tribunali e nel dibattito giurisprudenziale solo quando si presenta particolarmente importante in relazione a danni che si sono ingenerati dalla sua mancata definizione (e conseguente tentata composizione). Dunque, occorre una buona legge sulla mediazione civile (non quella che abbiamo in Italia, massacrata “da piccola” in Parlamento, da parte delle lobby degli avvocati): soltanto dopo dovrebbe entrare la competenza giuridica, meglio se alimentata dalla scienza sociatrica, che stabilisce i giusti equilibri sistemici (sempre un poco aperti, quindi interpretabili) delle questioni e la conseguente, migliore alimentazione anche dei processi giudiziari, non quindi semplice forza e astuzia.

In particolare, il dibattito sulle cause, motivi e forme della grave malattia sociale e psichiatrica denominata “pedofilia”, trova un recente approfondimento riguardo al tema della “capacità sessuale” dei bambini.
In primis va detto che è doveroso distinguere:
1. tra normale uso edonistico del corpo e uso sessuale dell’edonismo, anche nel bambino
2. tra sentimenti di affetto non sessuale e sessuale.

I bambini hanno certo una loro fisicità e conseguente sensibilità fisica che è innata e cioè biologica, basata sul corpo e i sensi, il tatto molto importante, ma anche l’olfatto, e poi il gusto, l’udito e importantissima la vista.
L’esercizio dei sensi viene progressivamente governato e memorizzato, spesso consapevolmente, dal cervello e si completa col crescere della maturazione fisica fino alla pressoché finale regolazione della dopamina intorno ai 20 anni. La regolazione della dopamina è l’ultima, in ordine di tempo, conformazione di aspetti biologici programmati dal nostro DNA, con una differenza tra soggetti biologici con cromosoma Y (maschi) e senza cromosoma Y (femmine) e ciò è proprio di modi ma non di fatti. La dopamina è il trait-d’union tra l’aspetto sensoriale e quello semiologico: i segni percepiti vengono o meno “caricati” di dopamina progressivamente, con l’esperienza, e così la loro percezione viene o meno gravata di ansia (che significa anche dolore): se il segno percepito è privo di carico dopaminico indurrà ansia (e dolore), se invece ne è intriso sarà percepito come piacevole o neutro.
Questo processo si stabilizza con il collegamento tra maturazione della biologia neuronale ed esperienza interattiva col mondo, da cui l’essere umano trae il suo senso di realtà e dunque il suo raccordo con esso, sia in senso esterno (i suoi atti) che interno (le sue sensazioni, percezioni, desideri e conseguenti combinazioni).
Così, con un lungo percorso che inizia larvatamente nella fase pre-parto e fino dal concepimento, almeno sul piano logico e bio-logico, è con la fase educativa, che si sovrappone alla maturazione biologica, che si regola l’esperienza esterna del soggetto in formazione e si completa una visione del mondo e un adattamento di sistema aperto tra soggetto umano maturo biologicamente e “mondo”.
Occorre quindi cercare di non ostacolare il naturale processo di conformazione del raccordo tra dopamina e mondo esterno, e ciò significa soprattutto due cose fondamentali dell’educazione:
1. Non esporre il soggetto in conformazione a esperienze (troppo forti, pena i danni, ma nemmeno troppo ridotte in tipologia, pena la riduzione delle potenzialità) che ne disturbino la opportuna e biologicamente prevista presa di contatto con la realtà;
2. Alterare la produzione di dopamina endemica con la sostituzione con altro prodotto chimico esterno (caso delle droghe e di certune in particolare).

Sempre a livello educativo è di certo non facile, nel periodo anche più precoce della maturazione del piccolo umano, comprendere che questa maturazione è fatta da fattori fisici e mentali, con una delicata fisiologia psico-bio-empirica e sociale.
Il piccolo d’uomo cerca quasi sempre il contatto esterno, con livelli di motivazione sempre presenti, salvo patologie spesso genetiche o a volte acquisite traumaticamente, di solito classificate come variamente “autistiche”. I livelli di motivazione e di apertura al mondo sono abbastanza diversi e caratteristici da caso a caso: dipendono certo da fattori genetico-biologici, ma anche molto da fattori educativi.

Dunque, si può a buon titolo affermare che il bambino è dotato naturalmente di un assetto sensoriale edonistico utile e funzionale al suo progredire nella conoscenza della realtà al fine della propria conformazione. Tali elementi sensoriali non sono da confondersi con quelli erotico sessuali: è l’adulto malato che confonde le manifestazioni sensoriali infantili con segni sessuali. Essi sono spesso di analoga tipologia, ma, anche in quei casi, non possono venire estratti dal contesto conformativo in cui si generano, pena l’avvento del trauma e il danneggiamento del processo di conformazione soggettuale, psichico (fino al raggiungimento dell’equilibrio tra segni e sentimenti), e fisico (fino alla stabilizzazione della dopamina).

Questo processo è responsabilità degli adulti, sia in positivo, con la creazione di condizioni per il miglior germogliare del DNA e relative qualità nel soggetto umano in crescita, che in negativo, col danneggiare, per interessi inopportuni alle diverse fasi della conformazione soggettuale.
Chiamare sessuale ogni esperienza percettiva coesiva e gesto interattivo è fondamentalmente errato: che essi siano nel bambino investiti da “energia libidica” (giusto per intendersi, con parole di origine psicanalitica) cioè da condizioni di piacere è forse corretto; che esistano piani comunicanti tra il piacere generico e quello poi definibile “sessuale” è forse anche corretto; ma la gestione del processo deve essere supervisionato dalla consapevolezza e da un senso di realtà “esperto” (adulto) e disinteressato a sufficienza.

La sessualizzazione erotica di ogni comportamento coesivo è una malattia sociale gravissima, non soltanto nell’orrenda pedofilia: essa va affrontata e riportata alle sue corrette dimensioni, pena la distruzione di fattori coesivi e benefici come il sentimento dell’Amicizia e dell’ “amor filiale” base della sana pedagogia e della Paideia, contro la pedofilia. Occorre ripensare il rapporto fisico al giorno d’oggi e ristabilire i confini tra le sue caratteristiche sessuali e quelle formative e di affettuosa cura e contatto sentimentale disinteressato.
Ovviamente è soltanto un primo livello di riflessione, oltre il quale si possono effettuare approfondimenti di tipo biologico, attentamente psicologico e fondamentalmente sempre sociatrico.