Chitarra classica – intervista al M° Mauro Storti, un grande didatta contemporaneo, ma anche un concertista di razza, delle sei corde classiche


Pubblichiamo, con vivo piacere, l’intervista che il M° Giovanni Di Sero ha proposto al grande Mauro Storti, uno dei massimi esponenti contemporanei della didattica della chitarra classica.
Generazioni di musicisti delle sei corde classiche, infatti, hanno studiato e continuano a studiare sui suoi testi.
Ma Storti non è solo un grande didatta ma anche un valente concertista.

W.M. Maestro Mauro Storti grazie per il tempo dedicatoci. Lei intraprende all’età di 14 anni lo studio della chitarra da autodidatta, successivamente ci racconta cosa è accaduto?

M.S. È accaduto che la passione per la chitarra si è impossessata di me e da allora non ho più passato un giorno senza accarezzarne le corde per trarne un profondo diletto musicale. Era l’epoca dei cantanti-chitarristi: Roberto Murolo sopra tutti ma anche Rino Salviati, Armando Romeo, Alfredo De Pelo e tanti altri di grande notorietà che dalla radio ci dilettavano accompagnando le loro canzoni con gustosi “giri armonici”. Per me allora trapiantato da Modena, la mia città natale, ad un paesino pugliese di poche anime, non esistevano maestri né altra chitarra all’infuori di quella. A dare una svolta alla direzione del mio interesse musicale fu, a 16 anni, l’ascolto occasionale di un récital di chitarra classica irradiato da Parigi e captato dalle antenne radio di casa mia. Fu un colpo di fulmine che diede il via alla ricerca affannosa di qualche metodo per chitarra classica e alla scoperta della buona posizione del corpo, dell’uso corretto delle mani e dell’accattivante repertorio ottocentesco che grazie alla capacità di lettura acquisita nei cinque anni passati in collegio, ero in grado di eseguire da buon apprendista solitario. Ma fu anche l’inizio di un percorso tormentato da mille incertezze che malgrado un’indefessa pratica giornaliera sul Carulli e sull’Aguado-Sinopoli mi lasciavano sempre insoddisfatto. La prima e unica occasione di assistere dal vivo ad un concerto di chitarra mi si presentò solo cinque anni dopo nel ridotto del teatro Petruzzelli di Bari con l’allora quasi sconosciuto Maestro Alirio Diaz. L’evento fu per me oltremodo entusiasmante e ne conseguì un rinnovato stimolo per continuare a cercare una soluzione ai miei problemi, ma se l’osservazione attenta dei suoi gesti fu di indubbia utilità, rimaneva ovviamente celata alla mia vista, e pertanto del tutto indecifrabile, l’attività neuromuscolare che li comandava.

Giunti a compimento i miei studi con il diploma di perito industriale trovai un impiego in una importante impresa meccanica lombarda ma la mia pur interessante sistemazione economica non riuscì a farmi desistere da un tenace e giornaliero studio sul Pujol, anche se sempre con scarsi progressi. La grande città offriva molto di più che il piccolo paesello che avevo lasciato, ma non furono né le poche lezioni private con il M° Miguel Ablóniz né le lezioni di armonia con il M° Francesco Tissoni né quelle di storia della musica con il M° Riccardo Allorto a risolvere i perduranti e disperanti problemi che frenavano i progressi della mia tecnica. Di maggiore utilità si rivelarono alcune vaghe intuizioni generate in me da un favoloso concerto di Andrés Segovia cui ebbi la fortuna di assistere nel 1962 nel Teatro Nuovo, alla non più tenera età di 25 anni. Mosso da una rinata quanto incerta e rischiosa fiducia in me stesso decisi di voltare pagina ricominciando tutto da capo con nuovi brani, nuovi esercizi e nuove modalità di studio. A decretare il buon esito del processo di rinnovamento durato ben due anni, fu la mia ammissione quale allievo effettivo al corso di perfezionamento tenuto dal Maestro Segovia a Santiago de Compostela nel 1965 a cui presi parte alquanto intimidito non solo dalla figura del grande Maestro ma anche dalla presenza di colleghi di più lungo corso come Oscar Ghiglia, Mike Lorimer , Dante Brenna e Aldo Minella.

W.M. Quando inizia la sua attività concertistica?

M.S. Con ogni evidenza, non prima del 1965 poiché, visti i miei scarsi mezzi, non sarei di certo stato in grado di effettuare un concerto solistico anche di poca rilevanza tuttavia, confortato dalla positiva esperienza di Santiago, mi sentivo ormai in grado di partecipare con la necessaria sicurezza ai concerti in formazioni cameristiche come il Duo con il soprano Iolanda Torriani e il Trio con il Nuovo Trio di Milano: flauto, corno inglese e chitarra (è del 1966 la composizione delle Ecloghe op.206 da me allora richiesta a Mario Castelnuovo-Tedesco per questa formazione). Negli anni che seguirono furono numerose le mie esibizioni solistiche effettuate con successo lusinghiero tanto in Italia che all’estero fino al 1981 quando, subissato dagli impegni presso il Conservatorio di Piacenza e le scuole civiche di Sesto San Giovanni e Corsico nonché da numerose richieste di lezioni private, decisi di dedicarmi unicamente all’insegnamento. Ecco alcune critiche della stampa:

W.M. Ci racconta un po’ il periodo storico che viveva la chitarra in quegli anni? Può dirci qualcosa in merito?

M.S. Come ho già accennato, negli anni ’70 la chitarra classica ormai inserita stabilmente nei Conservatori suscitava un grande fascino soprattutto fra i giovani che andavano scoprendola non solo grazie ai corsi istituiti nelle scuole medie ad indirizzo musicale ma anche per un’insolita maggiore frequenza di concerti tenuti da grandi interpreti come Alirio Diaz, Julian Bream, Narciso Yepes, Andrés Segovia, Manuel Barrueco, Pepe Romero, Oscar Ghiglia, David Russell e altre nuove più o meno giovani celebrità. In considerazione delle numerose richieste di lezioni private che a Milano rimanevano inattese per la scarsità di insegnanti, ritenni utile ad un certo punto creare nel 1978, con l’appoggio della Gioventù Musicale d’Italia, un “Ateneo della chitarra” nel quale venivano effettuate lezioni collettive di tipo orchestrale con un repertorio didattico appositamente da me creato in funzione dei vari livelli di studio dei ragazzi e pubblicato in seguito con il titolo di Estudiantina. Non sono pochi gli allievi provenienti dall’Ateneo che, giunti ad un livello di 5° corso, entrarono in Conservatorio proseguendo gli studi fino al diploma.

W.M. La sua attività didattica è andata di pari passo all’attività concertistica. Ho la sensazione che poi, successivamente, la Sua attenzione si sia concentrata sulla realizzazione di una vera e sistematica scuola della chitarra. Da studioso e ricercatore, ha realizzato una metodologia innovativa. Un’opera di assoluto spessore e importanza che ha contribuito alla crescita tecnica e musicale del nostro strumento.

M.S. Durante il mio lungo e tormentato percorso di studio non ho mai smesso di curiosare con accanito interesse nei più vari metodi e trattati strumentali senza mai trovare la soluzione ai miei più pressanti problemi ma ricevendone tuttavia importanti stimoli. Dopo un esito deludente del primo anno di insegnamento presso la Scuola Musicale di Milano nel 1964, svolto con i due testi che andavano per la maggiore: Carulli e Sagreras, giunsi alla conclusione che avrei dovuto dismettere la fede cieca volta fino ad allora a tutti quei cosiddetti metodi che non proponevano altro che brani privi di qualsiasi approfondita nota esplicativa sui criteri tecnici da adottare per la loro esecuzione. Decisi pertanto di cominciare a pensare con la mia testa, forte di una buona formazione scientifica e di un innato spirito analitico. Fernando Sor aveva bene colto nel segno quando nel suo Metodo tardivo scriveva:” Non ho mai potuto capire come si possa fare un Metodo con molti più esempi che testo […]. Gli esempi in musica mi dicono cosa posso fare, ma il testo mi deve spiegare come devo procedere, e istruirmi su tutti i modi di impiegare i mezzi di cui dispongo”.
Sempre teso ad evitare che gli allievi incorressero negli stessi miei errori giovanili iniziai a comporre nel 1966 un succinto testo propedeutico di tecnica elementare costituito da 20 Lezioni da far praticare accuratamente ai principianti prima di attingere al vero e proprio repertorio musicale. Sotto lo sguardo e il controllo attento dell’insegnante lo studente poteva acquisire in poco tempo una discreta e solida familiarità con i vari tipi di tocco, l’ubicazione delle note in prima posizione, la successione ordinata del gioco digitale nelle melodie e negli arpeggi nonché la pratica degli accordi più ricorrenti in modo da accostarsi ai primi brani con un concreto e sufficiente bagaglio tecnico.
Con un analogo modo di procedere ad ogni nuovo passo del percorso di apprendistato venne a delinearsi nel corso degli anni un vero e proprio mosaico metodologico composto da sette “tessere” in ognuna delle quali erano messe a fuoco le caratteristiche strutturali tipiche delle composizioni chitarristiche e le specifiche modalità operative per la loro realizzazione. Così, ad esempio, nel testo L’Arte della mano destra vengono trattati con esercizi appropriati, didascalie e illustrazioni temi come la diversa qualità dei tocchi; i procedimenti per fare emergere singole voci negli accordi e negli arpeggi o per acquisire una buona tecnica del tremolo e del Jeu perlé, mentre nel testo Il Dominio delle corde, destinato alla mano sinistra, vengono proposti esercizi assolutamente innovativi di tecnica melodica e polifonica concepiti in modo tale che non possano venire eseguiti senza una disposizione corretta e funzionale della mano.

Sono dell’idea che non abbia senso praticare, come generalmente accade, lo studio su singoli temi scollegati fra loro come scale, arpeggi, legati, suoni armonici, tremolo ecc. ma che un vero metodo vada pensato nel suo insieme funzionale poiché tutte le singole tecniche particolari sono tutte collegate e interattive come risulta nel 1° volume della guida generale “Scuola della chitarra”. Occorre sottolineare che il progetto didattico deve mirare fin dall’inizio al punto di arrivo più alto verificando ad ogni nuovo passo se questo è tale da garantire la forza, la precisione, la velocità e il colore richiesti dalle pagine più impegnative del vecchio e del nuovo repertorio, che sia una Suite di Bach o un concerto con orchestra. Per prevenire errori, carenze tecniche e ripensamenti è necessario immaginare un filo rosso che colleghi senza soluzione di continuità le varie tappe del percorso di apprendimento a partire dai primi passi fino ai livelli di tecnica più avanzati. Alla continuità di questo filo rosso mi sono sempre attenuto per evitare di cadere in situazioni tecnicamente contraddittorie.

W.M. Lei è autore di moltissime pubblicazioni, molte sono conosciute anche all’estero. Sono indirizzate sia a chi inizia sia a chi ha già raggiunto una preparazione avanzata. Personalmente ho tra i suoi lavori più noti, Il dominio delle corde, l’arte della mano destra, e, per i bambini, Tuffarello e Funambolina.

M:S: Va da sé che il metodo non sarebbe completo se ogni nuova acquisizione tecnica non trovasse un’opportuna ed immediata applicazione nelle pagine scelte di un repertorio didattico di livello adeguato e nel quale la gradualità e la qualità musicale vadano sempre di pari passo.

W.M. Come sa, in questo spazio dedicato alla chitarra ed alla liuteria, è consuetudine fare qualche domanda inerente le chitarre. Può dirci in merito?

M.S. Una volta giunto in possesso di un’ottima chitarra del grande Armando Giulietti vivamente consigliatami in quel di Siena dal M° Alirio Diaz nel 1964, non ho più avuto un particolare interesse per la liuteria. Il numero di eccellenti liutai è oggi di gran lunga superiore a quello degli anni del mio apprendistato ma sembra talvolta che l’offerta di sempre nuovi modelli non basti a molti chitarristi che spesso, incapaci di trarre il massimo rendimento dal proprio strumento, non si ritengono mai soddisfatti. Mi sono invece interessato per la chitarra ad uso dei bambini studiando delle modifiche atte a favorire la buona tenuta dello strumento e la corretta disposizione della mano sinistra. Con la preziosa collaborazione del mio caro ex allievo Gioachino Giussani ho potuto realizzare il mio speciale progetto di una piccola chitarra “Regondi” dal ridotto spessore della cassa e con il manico profilato in modo da impedire l’istintivo aggancio del pollice al bordo superiore. I maestri che l’hanno provata hanno potuto apprezzarne l’ottima funzionalità ma non si è ancora trovato chi sia disposto a produrla in serie.

W.M. Maestro la ringrazio del tempo dedicatoci e delle testimonianze così preziose che ci ha trasmesso.

M.S. Ringrazio voi per avermi dato l’opportunità di esporre le mie idee innovative sulla didattica chitarristica e di rievocare un passato non privo di tormenti ma anche ricco di tante soddisfazioni.