Un uomo da non dimenticare


Quando leggerete queste righe il fatto che voglio commentare sarà ormai accaduto da quasi una settimana. Non sarà quindi più una “news” in senso stretto, come promette la testata del nostro bellissimo settimanale. Tuttavia ritengo che sia opportuno – se non addirittura necessario – commentare questo episodio accaduto nella lontana Siria, dove in uno scontro a fuoco a Baghuz, ultima roccaforte dell’ISIS nell’estremo Nord-est del Paese è stato ucciso il trentatreenne toscano Lorenzo Orsetti, classe 1986, la cui immagine, disteso al suolo con le braccia in alto (come chi viene trascinato per i piedi sul terreno) e il volto impolverato, è stata diffusa dalle bestie sanguinarie del morente stato islamico (volutamente minuscolo). In un’altra foto si vedono la carta di credito e la tessera sanitaria del giovane italiano caduto mentre combatteva a fianco dei curdi e dei regolari Siriani contro i drappelli di disperati asserragliati da mesi in edifici diroccati dove si combatte ormai casa per casa.
Proprio i curdi, o meglio le Unità di protezione dei popoli (Ypg), forze curdo-siriane con cui si era arruolato come volontario in Siria Lorenzo Orsetti, ucciso dallo Stato Islamico, hanno diffuso sul web la lettera che Lorenzo ha lasciato a tutti noi, come un testamento da diffondere al mondo libero, a testimonianza di un ideale che non muore con l’uomo, ma deve essere portato in staffetta da chi lo segue per proseguirne il cammino. Eccone il testo:
“Ciao, se state leggendo questo messaggio è segno che non sono più a questo mondo. Beh, non rattristatevi più di tanto, mi sta bene così; non ho rimpianti, sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, eguaglianza e libertà. Quindi nonostante questa prematura dipartita, la mia vita resta comunque un successo, e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra. Non avrei potuto chiedere di meglio. Vi auguro tutto il bene possibile, e spero che anche voi un giorno (se non l’avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo. Solo sconfiggendo l’individualismo e l’egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza, mai! Neppure per un attimo. Anche quando tutto sembra perduto, e i mali che affliggono l’uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza, e di infonderla nei vostri compagni. E’ proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che “ogni tempesta comincia con una singola goccia”. Cercate di essere voi quella goccia. Vi amo tutti, spero farete tesoro di queste parole.”
Come potete rendervi conto da soli, non c’è molto da aggiungere a parole come queste, pesanti come pietre sulle coscienze di tutti noi, bravi a parole ma poi conigli nei fatti.
Ci nascondiamo dietro un paravento di odio verbale laddove, al contrario, non l’odio ma la furia dovrebbe spingerci a combattere – e ad annientare – coloro che in nome di un dio misericordioso uccidono, torturano, massacrano innocenti non per onorare il loro dio ma la loro stessa sete di sangue.
Sono bestie, anzi peggio: una bestia dev’essere perdonata perché fa semplicemente ciò che la Natura le concede di fare e tutt’al più può essere uccisa se ci mette in pericolo. Questi bastardi (scusatemi, non trovo un aggettivo migliore) invece ci provano gusto e agiscono essendo dotati di raziocinio. Sono sadici, anche contro le loro stesse famiglie. Ho visto filmati di mariti che sparavano in testa alla moglie perché aveva loro disubbidito, donne lapidate o bruciate vive per aver mostrato il viso in pubblico. Può un dio misericordioso ammettere queste cose? E se lo può, sarà veramente un dio? Additiamo come barbari i Maya che strappavano il cuore alle vittime di sacrifici umani dove venivano uccise centinaia di persone per volta in nome di un dio dalle sembianze di un animale. Condanniamo come bruti subumani i cannibali di Africa e Borneo. Ci scandalizziamo quando sentiamo di popoli che abbandonano o uccidono i bambini deboli, non in grado di stare al passo con i più forti. Da oltre 70 anni invochiamo la giustizia divina per i crimini nazisti (dimenticando gli altri grandi massacratori degli scorsi due secoli, da Leopoldo II del Belgio, a Stalin, Pol Pot e Mao Tze Tung) e poi qualcuno prova a giustificare questi cani rabbiosi? Una ex-presidente della Camera si copriva addirittura il capo col velo andando in visita nei paesi arabi, mentre se le donne mussulmane se lo tolgono vengono vilmente assassinate!
Uomini e donne impiccati alle gru, soldati prigionieri rinchiusi in gabbia come bestie, cosparsi di benzina e ridotti a torce viventi (e morenti), mentre i nostri buonisti si affrettano a dire che dobbiamo comprendere le altre culture! Ma quali culture? La cultura araba era superiore alla nostra mille anni fa, e di fronte ad essa dobbiamo ancora oggi genufletterci. Medici come Avicenna, filosofi come Averroè, matematici e astronomi come Ahmad ibn Yusuf, questi sono personaggi di fronte ai quali inchinarsi, non gli sciagurati che sanno solo uccidere uno studente che osa rifiutare il credo di un libro che sostiene che la terra sia piatta e le stelle siano gli strumenti per lapidare i diavoli!
Lorenzo Orsetti ha risposto “no” a queste follie e si è arruolato volontario, contro il parere dei familiari com’è ovvio, per combattere davvero la battaglia della civiltà contro l’oscurantismo medievale più lercio e ripugnante che oggi si conosca. Ha imbracciato un fucile a fianco di altri mussulmani, il cui stesso dio ha però un animo più gentile. Riesco a immaginarlo quando al mattino, levato il campo e pronto a riprendere la marcia anch’egli recitava coi suoi compagni la basmala: “Bismillah, al rohman, al rahim”.
Nessuna medaglia – ne siamo certi – questo Stato saprà elargire per onorarne la memoria, sebbene speriamo di essere smentiti su questo punto. Solo qualche parola di circostanza e poi l’oblio. Non conviene essere eroi: si rischia troppo. Non conviene avere ‘gli attributi’: è molto più comodo dialogare coi politicamente corretti nei salotti buoni del perbenismo strisciante e vigliacco. Una vecchia canzone recitava “… meglio un vigliacco che non ha bandiera, uno che non ha sangue nelle vene, ma certo porterà la pelle intera”. Niente medaglie, è vero, ma niente rischi e vita tranquilla. Se poi la nostra civiltà sarà spazzata via, che importa? Qualche folle che andrà a farsi ammazzare lo si trova sempre, basta sventolargli una medaglia davanti al naso.
Ebbene, facciamo davvero tesoro delle parole di Lorenzo: non abbandoniamo la speranza, non rassegniamoci e non cediamo alla disperazione. Cerchiamo di essere noi, ogni giorno, quella goccia che fa nascere la tempesta. Non lasciamo solo Lorenzo e non permettiamo che il suo atto di fede vada perduto come una foglia in una foresta. Noi tutti gli dobbiamo qualcosa, se non altro per quelle meravigliose parole che solo con la sua morte ci ha rivelato.
Presidente, un uomo come Lorenzo non la merita una medaglia?