Che fine ha fatto l’ISIS


Se ne parla indiscutibilmente di meno. Anzi, da alcune settimane proprio non si parla in TV o sui giornali di ISIS e di terrorismo.
Siamo forse alla tanto auspicata condizione di ritenere di aver debellato questa forma di terrorismo? Chiaramente no.
Ma anche i terroristi islamici devono fare i conti con la spietata logica del mercato delle notizie e le loro vicende, di cui abbiamo fatto indigestione negli ultimi anni (NDR: sin dal famoso attacco alle Twin Towers avvenuto l’11 settembre 2001 da parte di Al-Qaeda, movimento terroristico dalle cui ceneri é nato l’ISIS), sono diventate dal punto di vista dell’audience sempre mmeno interessanti per le redazioni dei media. Ma, attenzione, non per questo il fenomeno é scomparso.
Nella sola Siria, secondo l’Unicef, l’anno scorso sono stati uccisi almeno 652 bambini e altri 850 sono stati impiegati nei combattimenti. In Afghanistan, secondo le Nazioni Unite, ogni settimana 53 bambini vengono uccisi o feriti.
Lo Stato islamico, inoltre, ha rivendicato 268 attentati avvenuti durante il Ramadan nel 137° numero di Al-Naba diffuso sulla rete solo pochi giorni fa.
Insomma, la guerra di Daesh, altro nome col quale si appella il sedicente “Stato Islamico”, é ben lungi dall’essere conclusa e incessante continua il lavorio per l’arruolamento e l’indottrinamento delle nuove leve, anche tramite strumenti informatici o mediatici come Al-Naba che, con sostanziale regolarità, viene prodotto non solo come prodotto cartaceo (NDR: vedi foto a corredo di questo articolo) che ha come target le forze sul campo e ne proprio per questa ragione consta sempre di poche pagine scritte con linguaggio semplice di modo da risultare di facile accesso alla manovalanza islamica, ma che viene diffuso tramite internet anche in formato elettronico pdf col preciso scopo di dare visibilità all’ISIS anche lontano dei campi di battaglia rivendicando ogni attentato nel globo e dando credito, tramite il mezzo digitale, alle operazioni che ottengono sempre meno rilevanza sui media occidentali.
In definitiva chi semplicisticamente ritiene che la decapitatazione di alcune note linee gerarchiche dello “Stato Islamico” e la perdita di terreno fisico sia la premessa di una definitiva scomparsa di Daesh sbaglia di grosso in quanto la strategia dell’ISIS continua sul piano psicologico e ideologico, forse perdendo al momento quella ufficialità e quella connotazione di “Stato” vero e proprio che voleva assumente (non é una coincidenza che Daesh ha interrotto la pubblicazione di pubblicazioni dal carattere più patinato e bilingue, arabo e inglese, come Dābiq, rivista dai contenuti più politici e meno violentemente operativi rispetto ad Al-Naba o anche, successivamente, di Rumiyah) ma, semplicemente, adottando una connotazione meno statuale e maggiormente operativa.
D’altra parte questo cambiamento era già stato notato da tempo e solo nel novembre scorso Charlie Winter, ricercatore presso il Centro internazionale per la radicalizzazione e la violenza politica, aveva previsto l’adozione di una nuova strategia mediatica, in linea con la trasformazione dello “Stato Islamico”, sempre piú privo di base territoriale e privato di alcune sue menti editoriali in quanto eliminate da mirate operazioni alleate, per divenire un’organizzazione insurrezionale più propriamente clandestina.