La pietà in fondo al mare


Tra i 5 dispersi al largo dell’isola Terranova, morti per vedere da vicino il relitto del Titanic, oltre al pilota e proprietario del batiscafo sperimentale Titan, di proprietà della Ocean Gate Expedition, c’erano miliardari e uomini d’affari che certo non avevano problemi di denaro, potendosi permettere di sborsare mezzo miliardo delle vecchie lire per un viaggio assurdo. Uno di loro, che già aveva pagato una cifra esorbitante per andare in orbita (scusate il paradosso) con un viaggio privato nello spazio, era il 58enne miliardario britannico Hamish Harding, a capo della Action Aviation, società legata all’aviazione con sede negli Emirati Arabi. Lo stesso Harding, appassionato di spazio e avventure, era anche stato tra i primi a scendere nel punto più profondo della Fossa delle Marianne, il Challenger Deep, nell’Oceano Pacifico.
Il problema di quest’uomo era, evidentemente, quello di realizzare tutte le esperienze umanamente e tecnicamente possibili, per dare un senso al possesso delle sue enormi ricchezze.
Insieme a lui sono morti anche Paul-Henri Nargeolet, 76 anni, forse uno dei maggiori esperti al mondo di Titanic, l’ingegnere aerospaziale Stockton Rush, CEO della Ocean Gate Expedition, e un miliardario pakistano, Shahzada Dawood, uno dei manager più ricchi del paese, con il figlio diciannovenne Suleman che era terrorizzato dall’impresa ed era sceso nel Titan solo per compiacere il padre.
Ex membro della marina francese per 25 anni, Nargeolet era colui che guidò il Nautilus, il piccolo sottomarino che nel 1987 dopo le prime scoperte confermò la presenza della nave e permise dopo 34 diverse immersioni di recuperare più di 1.800 oggetti del Titanic. Dal 2010 l’inizio del suo sogno: lui che voleva andare nello spazio ma non poteva per problemi alla vista, virò su altro e aprì le porte del turismo di profondità per permettere a persone facoltose di essere “uno dei pochi a vedere con i tuoi occhi il Titanic”.
Complice il fascino e il successo del film di James Cameron, Rush aveva puntato tutto sul Titanic, aumentando la capacità dei sottomarini da due a cinque persone e dotandoli di vetri lisci per poter osservare i segreti di quella nave che per molti, lui compreso, era una grandissima passione.


La rivista Forbes ha identificato 2.668 miliardari in tutto il mondo nella nuova classifica dei miliardari nel 2022 per un patrimonio complessivo pari a 12.700 miliardi di dollari.
Una ricchezza immensa in mano a poco più di 2 mila persone su 7 Miliardi di esseri umani. Risorse di tale grandezza che, se utilizzate anche solo per metà (cioè 6000 miliardi di dollari) a fini sociali, non riducendo certo a clochard i detentori della rimanente parte, sarebbero in grado di combattere efficacemente tante emergenze sociali del mondo, migliorando la vita a miliardi di persone.
Ovviamente è un sogno utopico: è evidente che nel mondo capitalistico questa semplice constatazione non crea alcun ripensamento o riflessione sulla profonda ingiustizia ed irrazionalità di tutto ciò, ma viene considerato semplicemente normale, al contrario di cento anni fa.
Da anni abbiamo gli occhi pieni delle immagini dei disperati nel Mediterraneo, nei lager libici o nei campi profughi in Africa ed Asia, dei profughi ucraini fuggiti a milioni dalla loro patria per colpa di un tiranno forsennato. Per non parlare delle tante guerre dimenticate (avete notizie del Sud Sudan? Io no…) e delle ingiustizie subite poveri per motivi religiosi, come le mutilazioni genitali sulle bambine e chi più ne ha più ne metta.
I notiziari che hanno dato risalto al disastro di Cutro e alla strage di Pylos stanno in questi giorni dando lo stesso spazio, se non maggiore, alla tragica fine dei cinque poveracci (si fa per dire) implosi con la loro scatoletta di tonno mal (o mai?) collaudata.
La vita umana è uguale tra i poveri e tra i potenti della Terra, pertanto non condivido i buoniste della solita sinistra becera che si affannano a inondarci di piagnistei riguardo allo scandaloso dispiego di forze per salvare cinque ricchi mentre non si è fatto nulla per evitare i naufragi nel Mediterraneo.
Mentono spudoratamente, e come al solito cercano di distorcere a loro piacimento e vantaggio la realtà. L’Italia in primis e l’Europa con l’Italia salvano ogni giorno centinaia di disperati che rischiano la pelle per sfuggire alla guerra o alla miseria. E’ falso che non si faccia fatto nulla per salvare la vita di esseri umani innocenti su una bagnarola stracolma di disperazione che affonda nel calmo mare Mediterraneo per colpa di schiavisti senza scrupoli. Purtroppo l’imponderabile accade, e se qualcuno ci aggiunge il dolo è ancor più facile che ci scappi il morto.
Posso affermare che il destino di questi privilegiati non mi coinvolge in nessun modo, però non mi metto a fare pianti greci sulla grande operazione internazionale di salvataggio con dispiegamento di navi, aerei, mezzi speciali di immersione a grandi profondità per salvare i cinque del Titan.
Non vi è disparità tra i trattamenti riservati a questi cinque esseri umani e le migliaia che ogni giorno attraversano il mare. Il dispiegamento di tutti i mezzi possibili per salvare anche una sola vita non è né mostruoso né infame e non serve a descrivere, come vorrebbero farci intendere, la condizione iniqua del mondo contemporaneo.
Esiste, naturalmente, un sentimento di pietà nei confronti di questi cinque disgraziati, morti comunque senza dolore, ridotti a focacce in un nanosecondo. Però accanto alla pietà coesiste una semplice, lapidaria e apodittica constatazione: 250.000 dollari per vedere il Titanic da un oblò, cioè esattamente come lo si vede in televisione; morire a -3800 metri per profonda stupidità. Se fossero rimasti a tirare la lima alla GM o alla Tata non gli sarebbe successo.