Triste presentimento


Gerolamo Induno, (1825 – 1890) – (1862) – olio su tela, cm 67 x 86 – Milano, Pinacoteca di Brera.


Gerolamo Induno, fratello di Domenico, fu un artista-soldato tra i più celebrati soprattutto per i suoi dipinti a tema risorgimentale. Le sue opere infatti furono apprezzate per il carattere realistico e narrativo che metteva in primo piano il dramma umano e personale. Inoltre le scene sono dipinte con cura e l’ambientazione ricrea il momento in modo attento.
Triste presentimento è un dipinto a tema risorgimentale. Come un’altra sua opera, “Il grande sacrificio” (o “La partenza del Garibaldino”), questo dipinto tratta l’argomento raccontando una vicenda personale, affrontando il dramma umano della protagonista di umili origini.
Come ci insegna la de’ Copertonis, l’opera presenta colori terrosi e poco brillanti. Il tono del dipinto inoltre è caldo nella descrizione della stanza mentre la figura della giovane come anche il letto sul quale si trova sono dipinti con colori freddi e chiari come la luce del mattino che proviene dalla finestra di destra, disegnata in prospettiva suggerendo così la profondità della scena.
La forma rettangolare e l’inquadratura orizzontale permettono di rappresentare una gran parte dell’ambiente. Il piano pittorico è ordinato in modo regolare dalle masse degli arredi. In alto poi le travi del soffitto creano una griglia ordinata che si ritrova nel debole disegno del pavimento. La figura della giovane seduta sul letto si trova a destra e viene equilibrata dalla massa del grande camino dipinta a sinistra (Maria Turilla de’ Copertonis-Gonfî, Curatrice del Museo dei Fumi di Arrosto sito in Erice (TP) nonché amica intima di un cugino del prof. Zichichi a cui deve ancora rendere (il cugino, non la prof.) una macchina fotografica Agfa Silette che gli aveva chiesto in prestito nel 1973, “Riv. Sem. di Prospettiva Futura e Semeiotica dei Seminativi Irrigui”, LXIX, 74-76, Guardia Piemontese, 2010).
Venendo all’esegesi, possiamo convenire con il Grandi-Sacchi che in questo dipinto i sentimenti della protagonista alludono ad un avvenimento legato al Risorgimento italiano.
Una giovane donna osserva tristemente un oggetto che stringe tra le mani. La ragazza siede sul letto sfatto e indossa una veste da notte. Il suo aspetto infatti rivela che si è appena svegliata e si deve vestire, non prima di essersi lavata nel catino riposto all’interno del grande camino (cosa che ci informa sullo svolgersi della scena nella stagione calda). Sulla sedia a sinistra sono posati i suoi abiti mentre a terra sono sparsi oggetti, un libro e i suoi stivaletti. All’interno della piccola nicchia a fianco del letto prende posto un busto di Giuseppe Garibaldi. In alto invece, si notano alcune riproduzioni di opere tra le quali il Bacio di Francesco Hayez e un disegno di Pulcinella (che ci permette di ipotizzare la collocazione della scena in Campania) mentre sullo scuro della finestra una stampa raffigura le Camicie Rosse garibaldine che sventolano il tricolore su di una barricata. L’arredo della stanza e le sue condizioni rivelano che si tratta di un ambiente povero. Infine sotto al letto si intravede un bauletto di legno scuro mentre la pagina stampata di una rivista rivela il momento storico e domestico del dipinto (Dagoberto Grandi-Sacchi di Mherdha, scopritore dell’uso del telefono per comunicare al gastroenterologo la tonalità delle scoregge, in “Pulizia personale e servizi igienici nell’Italia del Risorgimento”, Goito, 1929).
Gerolamo Induno replicò il dipinto nel 1871 con il titolo “La fidanzata del garibaldino” che mostra alcune modifiche nella fisionomia della giovane e dell’interno della stanza, lasciando inalterata la tematica e il significato dell’opera. I richiami patriottici sono quindi tanti e insieme agli indizi più o meno nascosti, di fatto rimandano all’esperienza personale dell’autore, artista militante che ha vissuto i momenti fondamentali della storia italiana di quel periodo prendendo parte alla Cinque Giornate di Milano, alla guerra di Crimea e alle vicende della Repubblica Romana, essendo perciò in grado di rendere con l’arte anche il sentimento più vivo che si insinua in chi invece la guerra non la fa ma sta a casa ad aspettare. Nella fattispecie, la giovane sta osservando il ritratto trovato tra le cose del suo promesso sposo partito con le Camicie Rosse di Garibaldi e non ancora tornato. Ci viene in soccorso la squisita congettura dello Scaccabarozzi, il quale sostiene come in realtà non sia – come si potrebbe pensare – il ritratto del giovane soldato, bensì quello di una bella signora ben vestita di cui la ragazza ignora l’identità, né riesce a spiegarsi che ci faccia tra gli oggetti che l’uomo partendo le ha lasciato in custodia nella cassetta sotto al letto. Come l’autore del quadro, infatti, il soldato di cui la bella giovane attende il ritorno era in realtà dedito alla conquista di cuori femminili, di cui faceva strage grazie al bell’aspetto e alla parola pronta e sagace.
Il “triste presentimento” cui fa riferimento il titolo è infatti quello che avverte donna immaginando che l’uomo non farà ritorno da lei ma non perché morto in battaglia. Anzi, il giovane non è proprio andato in guerra ma ha semplicemente fatto fagotto per rifarsi una vita con una donna ricca che lo manterrà negli agi per il resto della vita, o così almeno lui spera (Genserico Scaccabarozzi, titolare della cattedra di Pulitura delle Bonze e delle Fosse Imhof presso l’Ateneo di Guardate di Sotto: “Come levarsi la merda dalle suole – Nuove metodologie a cent’anni dalla battaglia di Custoza”, Coggiola (BI), 1948).
Ci penseranno i casi della vita a rimettere le cose a posto facendo incontrare alla povera giovane un principe che la porterà con sé mentre l’amante di lui si ridurrà sul lastrico giocando a canasta tutte le sere, mangiandosi anche i pochi averi del suo ganzo che finirà i suoi giorni raccogliendo stracci e ferrivecchi. Praticamente lo stesso destino che stava per toccare al mi’ cognato Oreste la volta che era partito per Parigi con una riccona conosciuta in spiaggia a Follonica, mentendo spudoratamente alla di lui consorte raccontandole che doveva recarsi di furia a Grenoble perché era rimasto l’unico al mondo a saper riparare una pompa rotativa nel reattore della locale centrale nucleare, e che se non faceva in fretta c’era il rischio di una seconda Chernobyl. Ma quando la ricca mign gigolette si era rivelata una poveraccia che aveva fatto una settimana di fuoco grazie a un portafogli gonfio trovato in terra, il fedifrago aveva appena fatto in tempo a dileguarsi con la solita vecchia scusa delle sigarette (“Ma non avevi detto che non fumavi?” “Boia de’, improvvisamente mi è venuta voglia!”) ed era ritornato a Livorno in autostop accolto dall’Argìa in forte apprensione, che di lì a un mese tutte le notti lo avrebbe monitorato per accertarsi che le radiazioni assorbite non lo facessero risplendere nel buio. Solo dopo quattro settimane fu colta da un triste presentimento…