L’arte collettiva come educazione sentimentale sociatrica


Il processo artistico è l’ambito in cui avviene in modo più microscopico ed efficiente l’educazione sentimentale.
Perché?
Perché il processo artistico è in estremo dettaglio l’esperienza di produzione da parte dell’umano di segni, oggetti cioè di percezione da parte dei nostri sensi. L’artista produce in totale libertà questi segni, con lo scopo di produrre effetti in colui che li osserva e percepisce: questi effetti si chiamiamo catarsi. L’arte vera non ha altro scopo finale che produrre catarsi, e ciò è stato vero anche quando ad esempio la pittura aveva una specifica funzione, quella della memoria, non esistendo altro che la linea, la forma e il colore nel cubo della tela, con tutti i materiali del caso, mossi dalla mano umana, ad avere la possibilità di tramandare la memoria visiva di una persona, un ambiente domestico, un interno, oppure un esterno, un paesaggio. Allora la catarsi era emozione del bello e del brutto, che andava poco oltre la magistralità della corrispondenza a ciò che l’occhio vedeva e voleva affidare alla memoria (della “tela”). Con l’avvento della fotografia, l’ascendente di questa funzione è decaduto, per lasciare l’animo ad emozioni che, riguardo alla pittura, non provengono dal rispetto della similarità e così di una vicinanza fittizia nel tempo e nello spazio all’oggetto di tale desiderio. Ma la catarsi è rimasta la vera ricerca dell’artista, e il pittore così ha percorso altre strade. Ha capito che la catarsi è momento di sospensione, sorpresa, vacanza mentale, sollievo dalle tensioni correnti, spaesamento, instaurazione di un desiderio dell’opera che è effetto della sua percezione, cioè dei segni che, in pittura ad esempio, compaiono sul supporto, tipicamente la mitica tela oppure anche la tavola su cui opera prevalentemente oggi Anna Seccia. Perché allora non dare segni a ciò che non è visibile, o a ciò che lo è ma in modo metaforico, fino a sconfinare nella rinuncia al senso, perché chiunque vi possa proiettare il proprio, di fronte alla sorpresa? Ed ecco tutta l’arte del 900 profilarsi con la sua estrema varietà per produrre la catarsi, che è transfert, come direbbe lo psicanalista, verso l’opera ad esempio pittorica.
Tutti sanno quanto che Amore, Amicizia e Arte siano sentimenti positivi e benefici. Esiste un’educazione all’amicizia, un’educazione all’amore e un’educazione all’arte. E il risultato è valido per tutti e tre: chi sa apprezzare l’arte sarà più sensibile in amore e amicizia, e così reciprocamente.
Ecco perché l’arte ha un profondo valore pedagogico e umanitario, che non segue necessariamente l’età, ed elude le resistenze anche dei più grandi d’età. Il processo di produzione artistica percorre a ritroso il fenomeno della catarsi: il lavoro in pittura di produzione di segni sulla tela ha come progetto conscio o inconscio quello di ottenere catarsi sul fruitore. Il bravo artista (singolo o plurimo, cioè individuo da solo o individui associati nella produzione come accade nelle Stanze del colore) produce segni per ottenere catarsi. Il suo gesto microscopico di apposizione del pennello intriso di colore in modo leggero o meno sulla tela (esempio di una tecnica classica, cui si sono aggiunti ben altri supporti, materiali, strumenti e atti…) guidato dall’occhio, include oggi sempre una domanda, conscia o inconscia: che effetto otterrò su chi vede la mia opera? È già quindi un progetto di catarsi, e la mano si muove su quell’ipotesi, simulando spesso inconsciamente il risultato, in un soggetto nascosto dentro di noi che, mentre la mano si muove, gode dell’opera, cioè precisamente di quella catarsi allucinata che si produce mentre dipingo.
Oppure mentre scrivo. O mentre compongo musica. O mentre studio coreografie e sceneggiature o mentre danzo, una compagnia opera in teatro e un cast sopra un set cinematografico.
Le esperienze di arte relazionale delle Stanze del colore di Anna Seccia vanno in modo sostanziale in questa direzione e noi vedremo ora come avviene questo processo. Prima di tutto, occorre fare alcune considerazioni metodologiche e concretamente euristiche. Stiamo parlando di una caratteristica cognitiva umana attivata dagli elementi microscopici della percezione. I nostri sensi funzionano raccogliendo elementi dal mondo esterno: la vista umana rileva la luce e le sue composizioni in forme, linee e colori, l’udito umano rileva eventi fonici, suoni della realtà circostante,
L’ambiente societario dell’arte collettiva è un’area appropriata di test per quest’esperienza. La condizione di conformazione pittorica societaria di Anna Seccia rappresenta un importante ambito di educazione sentimentale: il risultato è una ginnastica microscopica del sentimento, collegata alla produzione di una composizione di micro-atti finalizzati alla produzione di segni che vanno a comporre un’opera.
Un’artista affermata, bravissima e generosa come Anna Seccia è avveduta ma sempre emozionata di ciò che accade nell’esperienze di arte collettiva: però, malgrado la sua bella sincerità, quando un’esperienza si moltiplica per decine e decine di volte nell’arco di quasi 30 anni in un ambiente straordinario dal punto di vista dell’ispirazione ma una trappola per topi dal punto di vista pratico come è purtroppo ancora l’Italia, il sociologo dice che c’è del gran buono. Vediamo questa poiesi come avviene nella tecnica attuata dalla Seccia con le sue “Stanze del colore”. In ordine, possiamo dire che:
1. Occorre un carisma artistico per avviare l’esperienza, e quindi la presenza di artisti riconosciuti, a testimonianza della realtà della catarsi che proviene dall’arte e anche come guida del gruppo, che deve arrivare a configurare un’opera cui verrà effettuato il completamento da parte del tutor (l’artista)
2. Occorrono materiali (colori, tela e pennelli) e un ambiente idoneo a gruppi di circa 10 persone
3. Occorrono alcuni strumenti idonei (ad esempio la Seccia utilizza, tra l’altro, le campane tibetane) a favorire un estraniamento dai problemi quotidiani nei partecipanti, in modo da favorire la condizione di meditazione (in yoga si chiamerebbe, come detto, percorso verso il samadhi, cioè mente sgombra da tutto) che è già una prefigurazione anticipata della catarsi che si produce con l’arte
4. L’uso della pittura non è a soggetto e pertanto non richiede la conoscenza delle materie di accademia, mentre, come accade dalla fine del XIX secolo, essa è strumento di presentazione di qualcosa di intimo e profondo, in particolare oggi, collegato al senso della vista, com’è proprio delle arti visive
5. La realizzazione poi di porzioni di opera sulla tela con l’ausilio principalmente dei colori, ed è abbastanza emblematico come l’esperienza a consuntivo arrivi alla realizzazione di opere che tendono all’espressionismo più che ad altre correnti pittoriche
6. Passato il tempo previsto, l’opera viene terminata dall’artista, che applica le sue caratteristiche estetiche al suo completamento. Per Anna Seccia questa fase avviene molto spesso con apporti del suo colore identitario (ovviamente non esclusivo), che va dal blu oltremare alla varietà degli azzurri.
Tra i fattori importanti di questo tipo di esperienza vi è la educazione sentimentale tramite l’arte. Con l’arte si ripercorre l’intero percorso formativo ai sentimenti, che non sono solo appresi come qualche famoso filosofo sostiene, ma la biologia e le neuroscienze ormai considerano la condizione sentimentale come principalmente innata e poi secondariamente come riappresa in modo riveduto e corretto. Ma lo stato catartico dell’artista nella produzione dell’opera è l’abc, verso la primigenia presenza dei sentimenti, una rialfabetizzazione sentimentale. Come l’amicizia e l’amore, dunque, l’arte è un sentimento, ed estremamente vario, mentre gli altri due sono sentimenti molto complessi che si creano con ipotesi di stabilità tra persone con scopi ed architetture diverse. La catarsi artistica è invece come l’acqua, che pervade tutto e dev’essere limpida e cristallina, e produce vero benessere tra coloro che hanno avuto un’esperienza abbastanza estesa e prolungata da intenderne con precisione i benefici.
L’amicizia è la costruzione di un bilancio comune tra 2 persone, che si estende per una sorta di proprietà transitiva. La proprietà transitiva si applica anche all’amore, in modo anche più forte e naturale, ma non riguarda l’intera architettura del rapporto sentimentale come è nel caso dell’amicizia. I numerosi spesso rapporti che s’instaurano al seguito di una relazione amorosa sono una miscela di quell’amore e di amicizia, ed identificano il concetto di parentela.
Le dimensioni ibride tra Amicizia, Amore e Arte sono molto interessanti sul piano scientifico e caratterizzano, con le loro soluzioni, le diverse società umane. Le regole specifiche che assumono le aggregazioni per l’arte collettiva sono molto utili all’identità societaria e dunque risulta particolarmente brillante su questo piano l’esperienza delle Stanze del colore, che costituisce una vera palestra di quella che, nei secoli, si è presentata come la vera e profonda nobiltà umana.
Ecco allora il colore blu e il “sangue blu” di Anna Seccia: non titolo ereditato ma nobiltà conquistata sul campo, quello di una nuova arte, di tipo collettivo e relazionale, profondamente utile alla cura delle società umane. Un’arte sociatrica.