In attesa delle elezioni: e con Putin che si fa?


Sono contrario a ogni visione retrograda e oscurantista. E così è quella di Vladimir Putin.
Putin ha fatto la guerra NON per salvare le vite dei russi di Ucraina, ma per rallentare l’obsolescenza di risorse strategiche dell’economia russa oligarchica come gas e petrolio, e per ritardare il processo di consolidamento eurasiatico che lo avrebbe visto riportato alla sua realtà: il gestore di un Paese di media dimensione sistemica, arretrato tecnologicamente e istituzionalmente, aggressivo, che avrebbe dovuto rinunciare a grandeur secolare per lasciare il campo al nuovo globale virtuoso.
La politica putiniana è incapace di concepire, per motivi d’interesse personale e del piccolo gruppo di oligarchi minerari che vengono a vivere (fare i viveur) in Occidente, che il futuro del popolo russo, come dell’intera umanità, è nell’olismo. Un passaggio fondamentale dell’olismo è proprio il consolidamento eurasiatico, che Putin non vuole, perché metterebbe a nudo gli enormi danni causati al popolo russo dalla sua gestione e degli ultimi 30 anni, tenuta nascosta da un meccanismo economico interno bugiardissimo, di matrice pseudo-islamica.
Un pò di sofferenza ci sarà e c’è, in Occidente e in Italia, ma il breve termine confligge con il medio-lungo. La strategia anti-Putin è corretta e va sostenuta con tenacia. L’Eurasia deve fondersi e queste barriere opportunistiche di guerre e prezzi delle materie prime devono cessare per lasciare lo spazio al mercato, dei beni e dei raw materials e a infrastrutture di collegamento tra Europa e Asia.
Non sarà come scrivono certi aspiranti fuggiaschi egoisti, ed è certo che il percorso olistico che l’umanità ha intrapreso non si fermerà al confine delle Canarie, del centro America o a cavallo degli Urali, dove questi furbetti intendono trasferirsi.
Il GLOCAL è destino e i suoi confini sono, come per le attività patrimoniali fruttifere, i rendimenti marginali decrescenti, non la cattiveria umana. E così il LOBAL, che non è disperata difesa di rendite da posizioni superate (Putin e la “sua” Russia, che non è né Tolstoj né Šostakovič), ma concreta strategia economica e civile. Gli anacronismi verranno certamente superati, ma non dall’Aquila americana, bensì da ciò che inconsapevolmente forse difende, cioè la regola dei rendimenti marginali decrescenti e dalla organizzazione, naturale come il GLOCAL, del suo inverso, il LOBAL.
Ciò detto, ringrazio da sociologo per i consigli che questi aruspici del crollo della civiltà occidentale somministrano con sincerità e dovizia, ma che considero errati, alla luce di 50 (cinquanta) anni nel corpo vivo dell’economia italiana e mondiale, ben riflettuti per ipotesi e consuntivo.
E, mentre i catastrofisti vendono immobili a Modena e Treviso, causando turbolenze dovute alle loro paure, io mi tengo la mia collezione d’arre e di antiquariato (anche se il valore si è già ridotto a un decimo, ma immutato è il suo valore morale per me), la mia cittadinanza e il mio Paese, e non me ne vado, ben consapevole di non essermici mai peraltro identificato romanticamente oltre misura.
Draghi se ne andò (auspico per tornare) lasciando un Parlamento osceno a rinnovarsi come un lupo mannaro sotto non la classica luna piena ma la canicola estiva. Per quello era contento, e rideva: aveva somministrato d’accordo con la volpe Mattarella una sonora punizione al Parlamento, ai ridicoli leader della Repubblica delle Banane, e alle cicale numerose nel popolo italiano. Una sonora punizione. Vedere muoversi e sudare questi politici da strapazzo sotto il sole ferragostano è molto divertente anche per me.
Mollare questo organo lobotomizzato dall’asportazione di metà almeno, cioè l’assenza di partiti degni di questo nome, sarebbe stato molto divertente anche per me, come lo è stato per Mario Draghi, che ho conosciuto nel 1985 e che stimo davvero come persona.
Mi farà comunque piacere, cari astuti fuggiaschi del lusso, sapere che siete sereni per qualche semestre di più altrove. Rimane che i catastrofisti non li capisco, proprio scientificamente… Prevedere una catastrofe è impossibile e il gioco del bridge mi ha insegnato il calcolo delle probabilità. Al lupo al lupo lo si sente da 30 anni, e il vero lupo l’abbiamo avuto 60 anni fa.
Comunque buon viaggio a loro e, se vorranno far sapere dove sono in fuga lo comunicassero, che sarà la volta che ci faccio una scappata in vacanza.
Ovviamente se qui in Italia, Europa e Occidente sopravvivrò… Ma per favore!