L’evoluzione della tutela paesaggistica


La tutela paesaggistica è un tema che, in Italia, dovrebbe rivestire un ruolo di primaria importanza per il patrimonio a nostra disposizione (e ovviamente non mi riferisco solo ai beni di carattere storico e culturale).
Il paesaggio ha subito un radicale cambiamento nel tempo soprattutto a livello normativo.
Innanzitutto occorre definire cosa si intende, attualmente, per paesaggio.
Il paesaggio è la percezione sensoriale che non è data solamente dalla percezione visiva ma dall’insieme di sensi (odore, colore ecc.), pertanto (perdonate le dovute ripetizioni) il paesaggio toscano sarà ben distinguibile dal paesaggio pugliese.
C’è da fare un’ulteriore distinzione tra percezione oggettiva (che tutti possiamo rilevare) e una percezione soggettiva del paesaggio che è data dalla realtà culturale in cui il paesaggio stesso è collocato e che gli conferisce sia valori personali (ad esempio una piazza che mi ricorda l’infanzia) sia sociali, quindi, insite nella identità culturale (ad esempio il Vesuvio a Napoli).
Dunque qualcosa di diverso rispetto all’ambiente, il quale è un grande contenitore in cui i beni paesaggistici ne sono parte; se ad esempio pensassimo a un bosco questo avrebbe valore sia come bene ambientale che come bene paesaggistico.
Nel tempo anche la concezione di paesaggio si è modificata passando da un concetto puramente estetico del bel paesaggio al complesso percettivo che ho prima descritto.
Anche dal punto di vista legislativo la strada percorsa è stata la medesima.
Le sue radici normative affondano nel 1939 con la legge n.1497 dove si parlava di “protezione di bellezze naturali”, quindi, rispecchiando la concezione dell’epoca del bel paesaggio si sottoponevano a protezione singoli beni o singoli complessi di beni che presentassero caratteri di
bellezza naturale sulla base di un giudizio discrezionale dell’autorità amministrativa.
Per tutelare i beni così qualificati, la legge indicava gli strumenti del vincolo paesaggistico e del piano paesistico.
Questi però erano metodi di protezione statico-conservativo consistenti nel divieto di distruzione del bene e nell’obbligo di chiedere l’autorizzazione all’autorità amministrativa competente per ogni intervento che avesse modificato, in maniera pregiudizievole, l’aspetto esteriore del bene soggetto a vincolo.
Ricapitolando: ai sensi della L.n. 1497/1939 l’autorità competente compiva un accertamento per verificare che il bene sottoposto al proprio esame presentasse i requisiti di bellezza naturale,
dall’esito positivo sarebbero scaturite, come mezzi a tutela del bene, il vincolo e il piano paesistico.
Emblematica del cambiamento di prospettiva è l’interpretazione che la giurisprudenza darà all’art.9 comma 2 della Costituzione: si passerà dal concetto di paesaggio inteso come bellezza naturale (e quindi in linea con la normativa del 1939) alla concezione territoriale dello stesso.
Con la Legge Galasso del 1985 si arriva a parlare di tutela delle zone di particolare interesse ambientale, dunque i primi passi verso la sensibilizzazione a salvaguardare l’ambiente.
Oggetto di tutela di questa legge erano categorie di aree elencate all’art.1 e caratterizzate dal rilevante interesse ambientale, ciò legittimava la loro immediata soggezione ai mezzi di tutela che erano gli stessi della legge del 1939 (vincolo e piano) ma non più in chiave meramente conservativa.
Il vincolo era ancora una metodologia protettiva del relativo valore ambientale, in più vi era compresa la possibilità di sfruttare  economicamente il bene secondo il principio dello sviluppo sostenibile (si pensi ad alcune ville storiche visitabili previo il pagamento di un biglietto d’ingresso).
Relativamente allo strumento piano, la legge Galasso, introduceva come novità la funzione di individuare, all’interno del territorio regionale, i beni e le aree che rientravano nella previsione dell’art.1, sottoponendoli a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale del territorio.
Successivamente, a inizio nuovo secolo, sotto la spinta del concetto legato all’ambiente, il paesaggio era concepito come un bene culturale e quindi testimonianza avente valore di civiltà.
La Convenzione Europea del Paesaggio sottoscritta a Firenze il 19 luglio del 2000 e ratificata in Italia non prima del 2006 (quindi con quasi sei anni di ritardo) ha fornito, all’art.1 una definizione di paesaggio stabilendo che tale termine indica “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.
Il significato principale della Convenzione di Firenze risiedeva nel riconoscimento dell’autonomia culturale, prima che giuridica, del paesaggio come valore meritevole di un sua dimensione giuridica.
La Convenzione si caratterizzava per aver assegnato al paesaggio la qualità specifica di concetto giuridico autonomo.
L’art.5 lett. A della Convenzione impegnava le parti contraenti a «riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione delle diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità».
Obiettivo della Convenzione era quello di ampliare la sua operatività all’intero territorio europeo inteso come insieme di elementi naturali, artificiali e culturali e del loro modo di relazionarsi.
Si precisava, inoltre, che l’applicazione di tale politica paesaggistica non doveva essere caratterizzata dall’adozione di medesime disposizioni ma, ogni singolo Paese membro, avrebbe accolto misure adeguate al proprio contesto, attraverso interventi locali diversificati quali la conservazione, la salvaguardia, gestione e pianificazione.
Il tutto nella prospettiva dello sviluppo socio-economico.
La Convenzione ha introdotto nuovi strumenti di tutela alla ormai consolidata conservazione, consinstenti in misure specifiche di salvaguardia (azioni di conservazione e mantenimento degli
aspetti significativi e caretteristici di un paesaggio), di gestione (azioni rivolte ad armonizzare gli aspetti naturali del paesaggio con l’intervento umano) e di pianificazione (azioni previdenti e volte a valorizzare, ripristinare o creare paesaggi).
L’evoluzione introdotta con questo nuovo asset predisposto dalla Convenzione risiedeva nel passaggio da la conservazione quasi mummificatoria precedente, all’accettazione del cambiamento preservando e arricchendo la varietà e la qualità dei paesaggi tradizionali.
Nel frattempo, nel nostro quadro legislativo, si è assistito ad una graduale emancipazione della tutela paesaggistica da quella concettuale.
Nel 1999 con il d. Lgs .490, denominato Testo Unico, si condensavano le varie precedenti discipline del 1939 e 1985 ma non vi era ancora una specificazione normativa del paesaggio.
La vera svolta è avvenuta con il d.Lgs n.42 del 2004 denominato Codice Urbani dove, oltre a una demarcazione giuridica, veniva individuata anche una tutela ad hoc.
Tale codice, suddiviso in cinque parti, dedicava la terza parte alla disciplina dei beni paesaggistici; tuttavia nel corso dei successivi quattro anni sarà oggetto di varie rivisitazioni e nel 2008 assisteremo, per la prima volta nello scenario legislativo italiano, alla definizione di paesaggio.
All’art.131 del Codice Urbani per paesaggio s’intende “il territorio espressivo d’identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” con ciò in piena linea alle disposizioni europee. Al secondo comma, lo stesso articolo indica. quali strumenti di tutela e valorizzazione del paesaggio, la difesa dei suoi elementi e caratteri che costituiscono l’immagine materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.
La terza parte del Codice Urbani è interamente dedicata ai beni paesaggistici in cui rientra una nuova categoria: oltre a quelle già espresse nei precedenti interventi normativi, ovvero gli immobili e le aree presenti sul territorio regionale, tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici, vi sono beni che, alla luce del piano, meritano di essere soggetti a specifiche misure di salvaguardia e uso per le loro particolarissime caratteristiche.
Abbiamo ancora, come strumenti di tutela, il vincolo e il piano stavolta intrisi di un nuovo significato.
A questi strumenti, il Codice Urbani, dedica una serie di disposizioni molto complesse e articolate e non sempre è semplice individuare l’autorità territorialmente competente a cui rivolgere le proprie richieste.
Fortunatamente la giurisprudenza della Corte Costituzionale, unitamente a quella della Corte di Cassazione, è intervenuta spesso a chiarire vari aspetti contraddittori ma molto c’è ancora da fare per migliorare e superare le criticità che non di rado si presentano a riguardo.Abbiamo assistito ad un notevole mutamento del concetto di paesaggio ma ciò non significa che sia
concluso.
Quotidianamente siamo sottoposti a sviluppi e a nuovi modi di percepire l’ambiente che ci circonda pertanto a ciò dovrà, necessariamente, corrispondere un’intensa attività di novellazione.
Il tema, ovviamente, non si è esaurito con questa brevissima trattazione, tuttavia è prioritario che il legislatore si prodighi a colmare le lacune ancora presenti nell’attuale quadro normativo.