Discorsi di un cattolico


Davanti alla crisi del nostro tempo, non è ozioso interrogarsi sulle ragioni profonde che l’hanno scatenata. Per farlo, senza rischiare di ottenere risposte non esaurienti, occorre andare alle radici del problema. Esse sono chiaramente di origine morale e spirituale. Posto che la ricerca ha un obiettivo, ovvero la verità delle cose, partendo dal presupposto dell’origine della crisi appena considerato, si può altresì considerare un aspetto specifico di essa: quello che si ripercuote nella società civile. E,considerata quest’ultima come la risultante di vari aspetti che la compongono, è impossibile non partire da quello principale: l’aspetto religioso.
Infatti la Religione è innegabilmente il fondamento delle società, anche di quelle che si dichiarano apertamente a-religiose (o antireligiose). Anche l’anti-religione è una religione: materialista, che sposta il centro della fede. Non è dunque inutile studiare il rapporto che la Religione ha con la Società Civile, dunque con la Giustizia; ovvero con la politica. E non è inutile interrogarsi su quale rapporto sia il migliore, ovvero ottenga realmente la “tendenza” alla Giustizia. Dico “tendenza”, poiché risulta evidente (soprattutto davanti alla sentenza della storia), che non è possibile, umanamente, ottenere la definitiva Giustizia tra gli uomini, attraverso una elaborazione filosofica (ogni tentativo in questo senso si è risolto con immani tragedie: si pensi al marxismo). Essa è impossibile, perché gli uomini non sono perfetti. Si può, però, tendere ad essa, nella società, attraverso un metodo che deve essere ricercato. E questa ricerca, per essere verace, deve considerare il suo punto di partenza e di arrivo, e se avrete la pazienza di continuare a leggere, capirete cosa c’entri la fede dei gerarchi fascisti con questa ricerca. Il male viene dall’Inghilterra
L’affannosa ricerca della felicità soggettiva, è stata la giustificazione all’avvento delle filosofie individualistiche in Europa. L’Inghilterra, però, non è stata la prima “madre” di tali teorie. Infatti iniziano in Italia (è l’Italia il centro della Civiltà Europea.), con il cosiddetto Rinascimento. L’Inghilterra ne ha applicato per prima le idee guida, dando vita ad una forma politica definita. Ciò che avviene in Francia (culminato nel 1789), è, solo un riflesso della “rivoluzione liberale inglese”. Non è un caso, inoltre, dove sia nata la massoneria: in Scozia. Non è, di nuovo, un caso quando sia nata: nel 1598. Insomma, la Gran Bretagna ha avuto una parte di primo piano, per non dire fondamentale, nell’assetto attuale dell’Europa.
Il secolo XVII è uno spartiacque. Infatti le istituzioni che conosciamo, con cui abbiamo a che fare oggi, ora, sono esattamente diretta emanazione di quella rivoluzione inglese (1688), che poi solo cronologicamente è diventata francese. Gli intellettuali Luministi (e non “illuministi”; il lemma è “Lumi”), in Francia si sono ispirati (se non vogliamo dire che hanno praticamente ricopiato) al liberalismo framassonico inglese. Il primo problema, secondo il mio parere, che è stato creato da questa “rivoluzione inglese” è forse il più grave per l’unità della civiltà europea: la frammentazione. Si dirà che prima della modernità, l’Europa era esattamente questo: frammentata. Un ginepraio di Principati, regni, perennemente in guerra fra loro. Ma c’era un elemento di coesione innegabile e assolutamente foriero di possibili svolte positive future: l’Unità Culturale (Cattolico-Romana) e l’idea Imperiale. I regni si facevano la guerra per perseguire un’idea di impero europeo, che voleva essere evolutrice della Romanità: eredità politica e culturale condivisa da tutti gli europei. Tutti, tranne gli anglo-sassoni.
La nefasta influenza inglese continua nel XVIII secolo, con le teorie sulla Ricchezza delle nazioni, diffuse da Smith. I desideri dell’Individuo, delimitati dalla Legge che si occupa di “far finire la libertà di uno quando inizia quella dell’altro”, sarebbero naturalmente buoni e degni di esser perseguiti. Ecco l’origine e il perdurare della crisi attuale: è questa filosofia. E non si tragga in inganno il lettore, pensando a una apparente “alternativa”: il Marxismo. In realtà il Marxismo è figlio del Razionalismo inglese, figlio di Hegel (anche se quest’ultimo non è inglese, ma è un cugino degli inglesi, in quanto tedesco). Marx plaude al positivismo di C. Darwin (che è diventato “darwinismo sociale” in economia), e alla sua teoria sull’Evoluzione della Specie, che a suo tempo rallegrò molto il padre del socialismo reale. Egli, semplicemente, cambia dio ai Liberali (che comunque giudica necessari per giungere alla democrazia proletaria: la famosa fase borghese): il suo “dio” è la classe proletaria. Mentre Adolf Hitler crea il dio-razza, in grande sintonia con la filosofia Inglese Razionalista e Positivista. E qui torniamo alla “questione religiosa”.Un dio-Stato? Già. Il “grande nemico”, in queste concezioni individualistiche è solo uno: Dio. E non un generico “dio filosofico”. No. E’ il Dio Cattolico Romano. E’ la Santissima Trinità. E’ questo Unico Dio, ad essere combattuto con ogni mezzo, da questi filosofi e intellettuali individualisti. E l’Inghilterra è l’archetipo di questa lotta, che semplicemente si diffonde in Francia: e da qui ovunque. Questa guerra è solo proseguita, nel tempo. Ha assunto varie forme, ma tutte coerenti e ossequianti il razionalismo materialista.
Il XVIII e il XIX secolo, in Europa, genera i cosiddetti “nazionalismi naturalistici”. Da questi nazionalismi si verificano i “risorgimenti”, tra cui quello nostrano. Il nostro “Risorgimento”, tutto fu tranne che l’avvento dell’Unità, basata sull’indipendenza della nazione italiana. Infatti, fu diretta emanazione della volontà inglese e francese, in funzione anti-austriaca e anti-cattolica. La leva dell’irredentismo italiano, culminato nella cosiddetta “Grande guerra” (chiamata così perché è stata vinta…), ha permesso a una casta di dubbie genti, quella dei Savoia, di allargare il proprio dominio a tutta la penisola italiana, che non fu affatto Unità, ma semplicemente una annessione al Piemonte savoiardo. Che poi, lavorarono culturalmente per affibbiarsi la paternità di un moto che semplicemente rimase ad appannaggio di alcune minoranze, forti culturalmente, facenti capo a letterati come Manzoni, politici come Gioberti o Mazzini.(Villari)
Minoranze che non videro affatto realizzati gli ideali Unitari originari. In Italia, comunque, le idee che fecero l’Unità, veicolate da Camillo Benso, conte di Cavour, furono quelle liberali framassoniche franco-inglesi. In Francia la Convenzione bandì il Dio Cattolico (lo ripeto: non un Dio qualunque, ma quello Cattolico), ed intronizzò la “dea Ragione”, che poi Robespierre fece sostituire con il suo astratto Ente divino razionale. Questa divinità non fu altro che la radicalizzazione del liberalismo inglese, e dunque l’erezione dello Stato Liberale a nuovo dio contro il Dio Cattolico.
In Italia, dopo, non avvenne nulla di diverso, ma la profonda cultura Cattolica italiana, maturata in quasi 20 secoli, non era molto facile da sradicare. E quindi si arrivò all’ibrido del motto cavouriano, “libera chiesa in libero stato”. Praticamente un ossimoro che aveva come scopo l’ assorbimento e la finale cancellazione della Chiesa Cattolica Romana nella società.
Dunque il nuovo dio è la Ragione dell’individuo, e a causa di questa il nuovo dio è anche la nuova Legge. Il legame della Legge con la Morale, e dunque con Dio (non un dio qualunque, ma quello Cattolico), è rotto dall’Inghilterra. La Legge ora dipende dall’individuo. Il parlamentarismo ne è diretta conseguenza, ed Hegel, a seconda dell’interpretazione della sua filosofia, di “destra o sinistra”, conservatrice o progressista , ma sempre Liberale, è il dio della democrazia. La quale, a volte, genera radicalismi che sfociano nei socialismi reali, o in quelli paternalistici, o magari razzisti (tipo il Nazionalsocialismo hitleriano). E siamo arrivati al punto. La domanda è legittima, direi obbligatoria. E’ stata sintetizzata una alternativa alla “civiltà massonica inglese”? Sì. Sapete qual è? Il Fascismo Mussoliniano. E qui viene giù il palazzo, con tutti quelli che sono all’interno. Già sembra di sentire il lettore che si domanda come potrebbe mai essere un’alternativa il mostro fascista mangiauomini.
Il fatto è che il Fascismo non è un mostro, e nemmeno mangiauomini. I cattolici dovrebbero essere svezzati alle leggende nere, visto quella che proprio la civiltà massonica inglese ha creato contro la Chiesa per garantire vita all’anticlericalismo militante. Eppure lo scandalo la fa da padrone, davanti ad una affermazione del genere. Sì, il Fascismo è l’alternativa. Una montagna di studiosi, quasi sempre stranieri, a parte l’eccezione di De Felice (e i suoi allievi), lo hanno chiarito bene. Ovviamente, essendo in vigore il regime antifascista, nessuno studio può esimersi dal pagare pegno a questo “dio”. Dunque, fatta eccezione per la vulgata marxista, di defeliciana memoria, che definisce il fascismo come semplice “male assoluto”, gli studi più seri sono stati compiuti dai ricercatori liberali, i quali comunque condannano il Fascismo perché “totalitario”. Sì, era diverso dagli altri regimi; sì, aveva una dottrina politica complessa e chiara, diversa dagli “altri totalitarismi”; sì, non era un regime poliziesco; ma era “totalitario”, una “dittatura”, dunque inaccettabile per questo. Alla fine anche il Fascismo avrebbe creato un “dio-fascista”, dunque ecco servita l’ennesima “radicalizzazione del liberalismo inglese”. Invece le cose non stanno così. E non perché questo o quel fascista, se mai dopo la guerra fossero esistiti ancora, lo abbia detto (in realtà sparirono grazie alla nascita del MSI, diretta emanazione della guerra fredda in germe, e strumento di ausilio del regime “democratico”, che usava e usa i radicalisti di destra per alimentare l’immagine indegna e orribile del “fascista medio”). Le cose non stanno così poiché sono gli ideologi del fascismo a definirle diversamente. Dopo di loro, è la storia del Regime Fascista a parlare. Il problema, da parte Liberale, nasce dal fatto che il fascismo non è una dottrina politica nel senso che il liberalismo dà al termine. Infatti il fascismo non è catalogabile in modo assoluto né “a destra” né “a sinistra”. Vi sono degli elementi, nella sua applicazione storica, che lo potrebbero inserire sia nell’una, che nell’altra parte dell’ emiciclo parlamentare. Il fatto è che questa apparente contraddizione in essere, rimane tale solo se si tenta di risolverla con gli strumenti liberali. Così si avranno due interpretazioni: quella che definisce il Fascismo come fatto storico chiuso e come “regime autoritario e conservatore” (R. De Felice), dunque sarebbe “di destra”; poi c’è quella che definisce il Fascismo come un Regime proiettato al progressismo, che si fermò a metà a causa dei compromessi stipulati con la società preesistente, ma che avrebbe dovuto chiudere la sua parabola con qualcosa di simile a una “Socialdemocrazia”, prendendo ad esempio la legge sulla socializzazione delle imprese varata nel 1944, in piena guerra civile (A. J. Gregor, E. Gentile, L. La Rovere). Si arriva a queste conclusioni, errate, perché si nega al fascismo di poter essere altro rispetto al liberalismo anglo-francese framassonico. E perché si condanna, acconsentendo al pregiudizio liberale, come mostruoso e orribile, tutto ciò che non obbedisce a certi canoni costituiti. E’ accaduto anche con la Siria di Bashar al Assad. Basta che il governo di una nazione non sia nettamente “liberale”, per creare il mostro.
Ma tuttavia il Fascismo, così come sintetizzato dai suoi ideologi, a cominciare dal suo fondatore, è una valida alternativa ai sistemi politici framassonici. Infatti, non è catalogabile “a destra o sinistra”, perché il fascismo non è un partito politico di un regime liberale, ma è un sistema politico definito. Non è affatto vero che il fascismo non abbia nessuna dottrina, ma sia stato un esclusivo mezzo di governo (come molti studiosi affermarono). La Dottrina del fascismo è stata sintetizzata, in una prima pubblicazione ufficiale, dal giurista Alfredo Rocco, incaricato da Mussolini. Poi, nel 1932, pubblicata in un libro dell’Enciclopedia Italiana (voce: Dottrina del Fascismo). Dopodiché stampata regolarmente fino alla caduta del regime.
Dunque il Fascismo ha una dottrina ben definita e coerente (è falso affermare che Mussolini era un trasformista che nel 1919 diceva una cosa, e nel 1943 la negava). Tale dottrina non verte su questo o quel programma di partito. Come la stessa dottrina afferma: “Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue finalità.” Nella Dottrina fascista si troverà, dunque, l’identità dello “Stato nuovo fascista”, che si chiama etico-corporativo. E’ questa forma di Stato, diversa dallo Stato Liberale, diversa dallo Stato Collettivista, diversa dallo Stato moderno che si troverà poi descritta nelle pubblicazioni ufficiali del Regime (condivise ed estese da tutti i Gerarchi ed esponenti culturali, benché provenissero da formazioni culturali differenti).
In questa concezione il “partito” non esiste. Non esiste proprio come concetto. Infatti, lo stesso Partito fascista, ha mantenuto questa definizione di se stesso in ossequio alla sua nascita, nel 1921, quando in un contesto liberale, che Mussolini riuscì a modificare dal di dentro, essere un partito aveva un senso. Ma nelle pubblicazioni del partito, ad esempio in una pubblicazione del 1938, si affermava apertamente che il Partito fascista non era più partito, ma istituzione dello Stato. A differenza delle altre ideologie politiche, lo Stato fascista non era identificato col partito, ma il Partito era uno strumento a servizio dello Stato fascista, e subordinato ad esso. Dunque: quale nuova forma di Stato era quella fascista? Che rapporto aveva con la cultura Italiana e con la religione dell’Europa, ovvero la Cattolica Romana? I Gerarchi formano i cittadini allo “Stato nuovo”: la Religione ne è fondamento
E’ chiaro che lo Stato Fascista non è uno “Stato democratico”. Non nel senso comune del termine, almeno. E’ più che democratico: è organicistico. La base di questo organicismo, è rappresentata dalla dottrina fascista, che è il contenuto dello Stato nuovo. Non è un caso che lo Stato fascista sia definito etico-corporativo.
Ma ora voglio lasciare la parola a un Gerarca fascista, Carlo Costamagna, incaricato di estendere una sintesi approfondita della Dottrina del Fascismo, che descrive in modo chiaro la soluzione definitiva ai problemi sia posti che provocati dalla “modernità” inglese, ragion per cui, facendo una cosa poco “giornalistica”, osiamo citare per intero l’interessante e vivida disquisizione di quell’intellettuale organico al regime, dopodiché molte cose vi saranno chiare:
… Si comprende perciò come la distinzione tra lo Stato e la Chiesa sia uno dèi baluardi della civiltà e come il problema della, “libertà religiosa” soltanto nei termini di siffatta esigenza acquisti un valore costruttivo. Ma si comprende nel medesimo tempo come la distinzione non significhi né separazione né negazione. I compiti della Chiesa e dello Stato sono interferenti in tutte le cosiddette “materie miste”; nelle quali i due problemi si mescolano e i due poteri vengono a stretto contatto. Ed occorre, soprattutto, una positiva consapevolezza della reciproca interferenza in cui versano i fenomeni della religione e quelli dello Stato, tenuto conto, come avvertiva Vico, che “la religione unicamente è efficace a farci virtuosamente operare, perché la filosofia, è piuttosto buona per ragionare”. Questo ultimo tratto segna il profondo divario che intercede tra la concezione fascista e le concezioni liberali e socialiste del problema. Per il liberalismo prevaleva un criterio di svalutazione della religione, anche per ciò che in essa si presenta come una forma di tradizione. Dalla propria concezione naturalistica della vita il liberalismo fu indotto a riconoscere una inferiorità della religione di fronte alla scienza e a prevedere la progressiva scomparsa del sentimento religioso. Per il liberalismo la religione non poteva essere un argomento di ordine pubblico, ma un semplice particolare nel solito sistema negativo delle “libertà”, valutate rispetto all’individuo (“libertà di coscienza”, “libertà di culto”). I liberali potevano appena arrivare ad ammettere che la famiglia monogamica costituisse un interesse generale; non già che lo costituisse la religione. In corrispondenza essi propendevano per la “morale laica”, iniziata dalla rivoluzione protestante. La quale era, del resto, profondamente illogica, come quella che pretendeva di “umanizzare” la religione pur affermando di voler rispettare la rivelazione. “Se la Riforma, come rivoluzione religiosa, non ha ucciso il diritto divino nella lettera, l’ha ucciso però nello spirito”. Nella social democrazia i motivi areligiosi del liberalismo furono svolti dalla filosofia delle società segrete affermante una fiducia assoluta nel “progresso della scienza”. Essi vennero spinti fino all’irreligiosità programmatica ed ebbe corso ufficiale l’“anticlericalismo”. Il quale diventò il minimo comune denominatore di tutte le manifestazioni distruttive e antiumane… Invece in modo specifico il Fascismo riconosce il valore della religione col restaurare il senso dei valori inerenti all’elemento della tradizione. Mentre il bolscevismo aggrava fino all’estremo il dissidio tra il passato e l’avvenire, rincalzando sulla negazione originaria della filosofia cartesiana, le rivoluzioni nazionali e popolari si alimentano dalla coscienza della continuità della stirpe e professano che nella religione va riconosciuta la più profonda esperienza storica di un popolo… Altresì valore decisivo ha il riconoscimento di un rapporto positivo tra religione e politica; tra Chiesa e Stato. Questo è correlativo al rapporto che si deve riconoscere tra religione e morale. Al qual riguardo MUSSOLINI ha detto della religione che essa “è la rivelazione di quelle verità eterne senza di che la lotta dell’uomo contro l’uomo, di tutti contro tutti, finirebbe nel caos selvaggio e nel tramonto di ogni civiltà”. E già Vico aveva affermato che: “Senza la religione di una qualsiasi divinità giammai gli uomini convennero in nazione”; precisando: “perché la pietà era dalla Provvidenza ordinata a fondare le nazioni, delle quali la pietà volgarmente è la madre di tutte le morali; economiche e civili virtù e la religione unicamente è efficace a farci virtuosamente operare, perché la filosofia è piuttosto buona per ragionare” …
Noi vedremo fra poco come la concezione popolare dello Stato conferisca allo Stato medesimo un contenuto e una dignità morale e vedremo altresì come nello svolgimento dello Stato fino all’idea dell’Impero si esprima il tentativo di una sintesi tra la morale e la religione. Ma, anche sotto il profilo più ristretto del problema della potenza in rapporto al fatto del governo, e al principio dell’autorità, giammai i poteri costituiti hanno potuto prescindere, senza proprio pregiudizio, dal suffragio della religione. Indiscutibile è che la coscienza mediterranea della civiltà europea ha per lungo tempo mantenuto ferma la convinzione di un rapporto necessario fra la missione imperiale di Roma e la missione cattolica della Chiesa. La definizione ufficiale di Chiesa Cattolica Apostolica Romana conferma siffatto riconoscimento; il quale fa parte ormai del contenuto storico della stessa confessione cattolica…
I termini del problema mutarono con l’avvento delle rivoluzioni individualiste. La soluzione negativa che prevalse durante il secolo XIX col “separatismo”, secondo la formula “libera Chiesa in libero Stato”, implicò l’atteggiamento dell’indifferenza, autorizzato, come si è detto poc’anzi, dalla svalutazione razionalista dell’esperienza religiosa. Significato ostile ebbe invece il metodo del “giurisdizionalismo anticonfessionale”, adottato alla fine del secolo scorso [XIX secolo. Ndr] da alcuni regimi socialdemocratici (Francia, Portogallo) e diretto contro le manifestazioni di qualunque organizzazione confessionale della religione, coi risultati di anarchia che sono a tutti noti. Vero è che il problema dell’ordine è un problema essenzialmente morale e che esso non può venir risolto se non si utilizzano anche le risorse che provengono da quella forza dello spirito che si manifesta nella religione. Contro, dunque, il “giurisdizionalismo anticonfessionale”, concetto programmatico della socialdemocrazia e contro la determinata persecuzione del fenomeno religioso da parte del sistema sovietico, il Fascismo ha voluto addivenire ad una sistemazione e definizione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, nonché ad un regolamento in genere dell’esercizio cultuale, che segna un indirizzo radicalmente nuovo nella serie dei sistemi della politica religiosa. “Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il Fascismo, oltre ad essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero” … In effetti, il Fascismo è riuscito alla “conciliazione”, alla quale era fallito il liberalismo. E ciò per virtù della rivalutazione positiva che esso ha saputo fare dei motivi spirituali. Sicché quello che per lo Stato liberale sarebbe risultato un atto di debolezza, poiché andava contro al suo principio costituzionale, fu ed è per lo Stato fascista un’affermazione di potenza. Mediante la legge 24 giugno 1929, n. 1159 sui culti ammessi nello Stato, finalmente, si è regolata la posizione dei culti acattolici considerati nelle loro specifiche associazioni, alle quali è stato fatto un trattamento analogo a quello della Chiesa. Soltanto è dubbio che a tali culti sia consentito il proselitismo. In tal modo, pur senza disconoscere il principio della libertà di coscienza, il Fascismo ha ammesso che la Chiesa, “communitas fidelium”, ha fini autonomi da quelli dello Stato, “communitas populi”. Ed ha dichiarato in modo inequivocabile l’interessamento del potere pubblico al sentimento religioso, considerando la tutela di questo un fine di pubblico interesse… Sin dal 1924 MUSSOLINI aveva dichiarato: «Un popolo non può divenire grande e potente, conscio dei suoi destini, se non si accosta alla religione e non la considera un elemento essenziale della sua vita pubblica e privata». Nel medesimo tempo, senza adottare per lo Stato un culto determinato, il Fascismo ha riconosciuto che la religione cattolica è quella che esprime il preponderante sentimento religioso della popolazione italiana e che è legata allo svolgimento storico del popolo italiano. In tal modo lo Stato fascista non è più né uno Stato separatista, né uno Stato confessionale. Esso può definirsi uno “Stato religioso”, come quello che ammette la utilità del sentimento religioso; non peraltro la esclusività di interessi dogmatici e rituali, nel qual caso sarebbe ricaduto nel giurisdizionalismo confessionale. «L’esteriore somiglianza del Fascismo con lo stile organizzativo della Chiesa Cattolica e il fatto di avere attribuito allo Stato e alla Nazione le forze psichiche della religione, dovrebbe in teoria condurre a un antagonismo fra le due potestà; ma la pratica rivela che esse si trovano fondamentalmente d’accordo perché fondate sui medesimi principi» . Infatti, la religiosità dello Stato fascista non è generica; essa tiene conto preciso di ciò che l’istituzione della Chiesa rappresenta per il popolo italiano. «L’unità religiosa» ebbe a scrivere MUSSOLINI, «è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla o anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione» . Inteso a riaffermare nella coscienza del popolo italiano i motivi del dovere, del disinteresse e della disciplina il Fascismo doveva ritenere, e ritenne, il fattore religioso indispensabile, quale scaturigine dei motivi più alti della trascendenza, al risultato di una etica civile per cui si costituisce lo Stato in quell’“unità morale” che è dichiarata dal § 1 della Carta del lavoro. In specie doveva ritenere, e ritenne, meritevole di una particolare considerazione, quella interpretazione cattolica della religione cristiana che ha sanzionato il dovere verso la patria fino al sacrificio della vita; che ha sostenuto con mezzi spirituali la collaborazione dei popoli dell’Europa nei tempi più aspri; che ha ispirato le più audaci imprese della stirpe nel cozzo con le altre civiltà. Per ciò MUSSOLINI ha definito la Chiesa «un altro dei pilastri della società nazionale». Le due anime dell’eterna Roma hanno trovato la loro identificazione nel concordato. Anche il movimento nazionale spagnolo ha voluto dar risalto ai valori religiosi. L’art. 25 dello statuto della Falange dichiara: «Il nostro movimento incorpora il sentimento cattolico della gloriosa tradizione predominante in Spagna, nella ricostruzione nazionale».