Io e un vecchio socialista


Piove, piove e piove. Tempo fa si sarebbe detto governo ladro, ma negli ultimi tempi la comunità è impegnata a sopravvivere che occuparsi di chi ci sta derubando del futuro, sono stanco gli occhi stanno cedendo al dio sonno, non vi è nessuno con cui scambiare due parole nel tentativo di far scorrere il tempo più velocemente, ma ad un tratto intravedo un ometto dagli occhi che roteano incredibilmente nelle orbite con i suoi sguardi incute timore noto che sotto al braccio ha dei numeri dell’Avanti e del Popolo d’Italia. Mi incuriosisce questo personaggio dall’aria autoritaria ma dallo sguardo paterno, mi avvicino e chiedo di poter scorrere quei giornali che rappresentano una testimonianza di quei tempi turbolenti. Senza batter ciglio l’ometto con voce autoritaria mi fa “Sono giornali di quando militavo nel partito socialista prima e poi di quando ho fondato un movimento tutto mio d’ispirazione socialista”. La mia curiosità cresce sempre di più e poiché anche io ho tendenze socialiste mi interessa sapere che cosa è stato il socialismo per un socialista, senza troppi fronzoli giro la domanda al mio interlocutore: che cosa ha significato per lei il socialismo? Al centro del pensiero di tutte le mie azioni politiche vi era il nuovo ordine sociale dell’Italia. Io sono entrato come socialista nella vita politica e come tale l’ho lasciata. Nel corso della mia esperienza politica ho maturato il convincimento che un socialismo attuato secondo i concetti di Marx non avrebbe mai consentito di liberare effettivamente gli operai dalla loro schiavitù sociale. Malgrado ciò, dedicandovi molti degli anni più belli della mia vita, ho tentato con le parole, con gli scritti e con l’azione di pervenire alla migliore realizzazione dell’idea socialista. Soggiornando in Svizzera, quale rifugiato politico , frequentai per un certo tempo l’ambiente di Lenin e la mi sono convinto che per poter mettere in pratica il vero socialismo, si dovevano gettare solide fondamenta nella coscienza degli uomini. Io stesso sentivo maturare in me, di anno in anno, la certezza che proprio l’idea della lotta di classe fosse sbagliata, ossia quel vecchiume di metodi frusti e di idee sballate. Noi abbiamo visto nell’ex Unione Sovietica l’esperimento più grandioso e significativo della messa in pratica del marxismo puro. Signore mi scusi ma quali sono gli effetti pratici di questa esperienza comunista secondo lei? Non un progresso sociale della classe alla quale il marxismo avrebbe dovuto recare forza, decoro e prosperità, ma la decadenza totale delle masse, una decadenza morale e materiale della peggior specie. Oggi possiamo constatare con orrore la miseria delle masse, quindi dobbiamo dedurre che questa forma di socialismo, malgrado tutte le promesse, non potrà mai portare a quel successo che noi veri socialisti auspicavamo. Se il socialismo deve essere realizzato, esso presuppone che i suoi attuatori non lo abbiano concepito soltanto come idea, ma è necessario che essi siano passati attraverso una dura scuola, capace di innalzare gli uomini, anziché abbassarli è sbagliato sostenere che il socialismo, come generalmente si afferma, voglia arrivare a una stupida uguaglianza di valori, di capacità, di meriti. Il socialismo può essere tradotto in pratica soltanto quando gli uomini migliori e di carattere più forte di un popolo, anziché venire allontanati o soppressi, come è stato fatto in Russia ma anche in quelle che voi giovane mio chiamate democrazie, siano educati al servizio delle nuove idee affinché possano adoperare tutte le loro forze e la loro intelligenza non solo a proprio vantaggio, ma al servizio della comunità. Primo nostro dovere è dunque quello di trovare il mezzo di formare un nucleo-base di uomini superiori che sappiano con puro disinteresse mettersi al servizio della comunità, e soltanto allora potremo incominciare ad assolvere il compito di dare al mondo un nuovo ordine sociale. Se si dà uno sguardo profondo agli avvenimenti che hanno causato il lento processo di inquinamento e di decadimento, si vedrà che la colpa non è delle dittature giovanotto come i libri di storia vi fanno credere, ma del così detto ordine democratico. Perciò abbiamo tentato di far rinascere nel nostro movimento le antiche virtù del popolo romano e cioè: la dedizione alla comunità, la fedeltà, il coraggio, lo spirito di sacrificio, sperando di poter ricostruire su di esse il nuovo impero. Non ho perseguito queste idee e queste mete per cupidigia di potere o per sete di conquista, né tanto meno per farmi un nome nella storia; lo scopo delle conquiste da noi ottenute era soltanto quello di raggiungere una prima meta, da cui poter trarre i mezzi per la creazione di un nuovo ordine sociale. Non è forse vero che le forze lavoratrici nei parlamenti democratici non sono in grado di cambiare questo stato di cose che anche nei paesi più ricchi e progrediti l’operaio deve ancora pregare ed implorare, senza avere il diritto di partecipare agli utili prodotti dal suo lavoro? Tutto ciò deve e può essere cambiato con altri ordinamenti.
Mi scusi ma allora ci vorrebbe uno Stato inteso in modo diverso? Lo Stato non ha il compito di adoperare la sua forza per mantenere il privilegio del capitale privato o del capitale dello Stato. Alla socializzazione sono adatte soltanto quelle aziende e quegli impianti che servono a tutti i cittadini e che debbono essere in ugual misura a disposizione di tutti. Fanno parte di queste le ferrovie, le poste, la radio e tv mezzi digitali, le società di navigazione, le linee aeree ed altre aziende industriali che possono svilupparsi soltanto nel libero gioco delle energie cooperanti e nell’ordine naturale di forti richieste; dovranno invece continuare col sistema attuale buona parte delle piccole e medie aziende. Sono scomparso insieme a tanti , dalla scena prima che le mie idee socialiste abbiano trovato piena attuazione ma sono, caro amico, convinto che, sia pure dopo altri errori, il nuovo ordine del mondo sarà creato nel senso da noi indicato tempo fa. Si dica quel che si vuole, le ns idee sono le sole che hanno tenuto e tengono conto degli interessi e delle necessità delle grandi masse lavoratrici e perciò esse saranno vittoriose, malgrado tutti gli ostacoli. Allora, e solo allora, il mondo cambierà aspetto. I media mondiali ci hanno propinato da decenni la visione di un movimento violento al soldo dei grandi gruppi, ma omettono di dire se quasi 100 anni fa i nuovi socialisti come me sono scesi in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano. Il perché caro mio di quella guerra lo scrive uno storico Rutilio Sormonti (L’Italia del XX Secolo): Le democrazie plutocratiche volevano un generale conflitto europeo, quale unica risorsa per liberarsi della Germania, formidabile concorrente economico e, soprattutto, dell’Italia perché in essa era stato piantato il vero seme della rivoluzione sociale. Se della Germania avevano paura della sua forza militare, dell’Italia avevano paura perché la nostra idea è stata, è, e sarà la più audace la più originale la più mediterranea di tutte le idee. Questo è necessario comprendere se si aspira ad evidenziare la realtà storica: soprattutto dell’Italia. Come movimento intellettuale è la riaffermazione dei valori spirituali e per tanto della volontà la Wille zur Machte di Nietzsche come forza di trasformazione sociale e del sentimento, di fronte all’intellettualismo esclusivo e cerebrale del secolo XIX. Ma mentre il mio movimento è in antagonismo col sistema filosofico del positivismo è, invece completamente per il metodo positivo (G. Gentile), che io chiamo Galileiano. Per questa ragione siamo contrari al parlamentarismo, che è divenuto, più o meno in tutti i Paesi, un organo di abulia governativa e di paralisi politica e sociale. Ma è difficile non ammettere che il Parlamento, mirabile strumento di progresso ai suoi inizi, è ora colpito da una degenerazione… verbosa ed elettorale, per la quale i problemi tecnici di legislazione che sono i più decisivi nella vita moderna non interessano i deputati. E tutta l’opera parlamentare si esaurisce, quasi interamente, nei bei discorsi, nelle interruzioni strambe o violente, nelle preoccupazioni elettorali, nei favoritismi per raccomandazioni più o meno disinteressate e nelle cospirazioni di corridoio.