I figli in vetrina


Alzi la mano chi non è caduto nella tentazione di pubblicare, postare o condividere almeno una foto del proprio figlio sul profilo wats-up, su facebook o su twitter, per regalare (magari a perfetti sconosciuti) attimi privati legati ad occasioni importanti, un compleanno, una pagella, l’ultimo giorno di scuola o una gita al mare. Che i genitori lo facciano in buona fede, per mostrarsi orgogliosi dei propri figli, sempre belli, sorridenti, ben vestiti, è fuori discussione. Eppure, scorrendo le immagini dei profili wats-up si ritrovano le stesse espressioni felici e spensierate, con le medesimi frasi fatte, rubate qua e là, come se la vita reale fosse avulsa dai problemi che l’attanagliano. I bambini soprattutto, vengono mostrati come se fossero un trofeo, un modo inconsapevole di rappresentare il proprio io. Eppure il presidente dell’Autorità garante della privacy, in occasione della sua relazione annuale in Parlamento, ha invitato i genitori a non pubblicare le foto dei minori sui social network, per non alimentare la pedo-pornografia. Secondo il Garante, gli stessi genitori sarebbero responsabili di alimentare la pedo-pornografia in rete, aumentata vertiginosamente negli ultimi anni. In effetti, la necessità di divulgare foto personali attraverso i social sembra dettata da un contorto esibizionismo dei genitori piuttosto che da una esigenze reale. Eppure le istituzioni, spesso additate come responsabili delle conseguenze della rete, come ad esempio nel caso del cyberbullismo, tutelano i minori con specifiche normative. A livello comunitario, la prima convenzione sul cyber crime venne adottata dal Consiglio d’Europa nel 2001, cui fece seguito nel 2007 la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali. In Italia i minori trovano tutela, dal punto di vista penale, con la legge 269/1998, poi rafforzata dal reato di pornografia virtuale con l’introduzione art. 600 quater 1 e dalla istituzione del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia presso il Servizio di polizia postale e delle telecomunicazioni. Cosi’, malgrado il Libro Verde sulla tutela dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e di informazione – dove viene considerata anche la Rete in riferimento alla questione dell’educazione attraverso i media – e Raccomandazioni varie in materia di tutela dei minori e della dignità umana, i genitori continuano a postare e divulgare, trascorrendo più tempo a collegarsi alla Rete, piuttosto che a disattivare la connessione per leggere una fiaba ai propri figli, per giocare con loro, per trascorrere con loro momenti irripetibili, che andrebbero impressi nella memoria e non intrappolati nella Rete. Perché tutelare i propri figli non è solo un dovere, ma anche una questione di buon senso.