La diplomazia non è una burletta


Nella crisi Ucraina, come in ogni altra crisi di questo tipo, la diplomazia gioca un ruolo fondamentale. Il suo compito è quello di disinnescare le situazioni esplosive, smorzare i toni, limare le parole, eliminare gli attriti, insomma trovare la soluzione pacifica invece di quella bellica. Naturalmente tutto ciò richiede gente preparata, personale che per anni abbia affinato questa sottile arte in ruoli dapprima secondari e poi – quasi per selezione naturale – via via sempre più di primo piano. Purtroppo oggi vediamo in questi panni burattini ben vestiti che ignorano i fondamentali della diplomazia. La segretaria inglese agli esteri Liz Truss si è fatta beccare in castagna dall’omologo Lavrov che le ha chiesto se la Gran Bretagna sarebbe disposta a riconoscere la sovranità russa sulle province di Rostov e Voronezh. Allo sprezzante diniego della sua interlocutrice ha dovuto spiegarle che quei territori da secoli sono parte del territorio russo, dopodichè l’ha piantata da sola alla conferenza stampa dichiarando che li colloquio era stato un dialogo tra un muto e un sordo.
In un’altra occasione, sempre pochi giorni fa, il ministro degli esteri russo Lavrov ha ritenuto strana la dichiarazione del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, secondo il quale non potranno esserci contatti con la leadership russa fino a quando non ci saranno segnali di una diminuzione della tensione intorno all’Ucraina. “Una strana idea di diplomazia”, hanno commentato dal dicastero di Mosca. Il ministero degli Esteri russo ha osservato che la diplomazia “è stata inventata solo per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi ad assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala”. Ed ha aggiunto: “I partner occidentali devono imparare a usare la diplomazia come professione”.
Ciascuno tragga le dovute conseguenze.