La previdenza italiana secondo Tito Boeri


L’INPS, il massimo Istituto previdenziale italiano che è divenuto in effetti l’unico dopo l’accorpamento in esso – disposto dal governo Renzi – degli altri Enti, è in queste settimane all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica non tanto per il grande impegno che dovrà affrontare per le pensioni anticipate su base “quota 100” e sul reddito di cittadinanza da erogare, ma piuttosto per la sostituzione del suo presidente e unico amministratore, Tito Boeri, scaduto il 16 febbraio scorso. Il governo Conte ha già disposto in un decreto la sostituzione dell’amministratore unico, in vigore in via eccezionale dai tempi del sottosegretario Gianni Letta ma poi sempre proseguito, con un consiglio di amministrazione. Nel frattempo però Boeri deve essere sostituito e in questi giorni si sta decidendo chi nominare. Sembrerebbe un’operazione di ordinaria amministrazione, sia pure “alta” considerando l’imponenza finanziaria e burocratica dell’INPS: invece, la stampa è piena di polemiche rivolte soprattutto a favore del Boeri, il quale a sua volta rilascia interviste, scrive comunicati, invia lettere aperte. Si tratta dell’irritazione di un personaggio allontanato (per scadenza dei termini, però) dalla carica che aveva oppure c’è dell’altro sotto? C’è, ed è molto grosso. Intanto, vediamo chi difende Boeri e si fa portavoce amplificata delle sue dichiarazioni: sono “La Repubblica”, “Corriere della Sera”, “Stampa”. Cosa rappresentano questi giornali? “La Repubblica“ rappresenta De Benedetti, e Boeri è il dirigente dell’omonima Fondazione; il vicedirettore del “Corriere della Sera” Federico Fubini è membro della sezione italiana della Fondazione del ben noto finanziere Soros; “La Stampa” è divenuta anch’essa proprietà del Gruppo Editoriale de ”La Repubblica” che ha come presidente Marco De Benedetti. Insomma, tutti personaggi o istituzioni molto legate agli ambienti finanziari internazionali. Questo spiega il loro desiderio al mantenimento di Boeri alla guida monocratica e quasi dittatoriale dell’INPS, e le pressioni per mettere al suo posto almeno una persona a lui vicina e affine. Ricordiamo intanto chi è Boeri e quali poteri rappresenta. Egli appartiene ad una famiglia della ricca borghesia milanese e insieme al fratello Stefano, architetto di fama e già assessore al Comune di Milano gestione Pisapia, è stato membro attivo (nel senso di attivistico e aggressivo verso gli oppositori) del Movimento Studentesco di Mario Capanna. Poi, accantonata la giovanile esperienza “rivoluzionaria” (come un tempo si faceva con il servizio militare di leva) è ritornato nell’alveo delle buone tradizioni della sua rinomata famiglia. Dopo tante esperienze, è divenuto direttore scientifico della Fondazione Debenedetti, allacciando buoni rapporti con analoghe Fondazioni e istituzioni mondialiste, a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale. E proprio questo organismo, poche settimane prima della nomina di Boeri avvenuta alla vigilia di Natale del 2014, aveva inviato un suo emissario a Roma, tale Kenneth Kang, il quale aveva fatto un rapporto secondo cui “la spesa pensionistica italiana è troppo alta e un taglio della spesa pubblica deve passare per un taglio della spesa previdenziale”. Cosa che è puntualmente avvenuta in molti modi, dalla legge Fornero per rinviare il pagamento delle pensioni al blocco delle indicizzazioni delle pensioni in essere. Ma non solo. È sempre Boeri a sostenere che il ruolo dell’INPS sia mutato e a proporre addirittura di cambiare il nome sostituendo la parola “previdenza” con “assistenza”. Lo scopo è chiaro: mentre la previdenza, pagata dai contributi di datori di lavoro e lavoratori, è un risparmio forzoso che deve dare diritto ad una pensione calcolata sulla maturazione dei versamenti, l’assistenza è un’erogazione da parte dello Stato che decide cosa dare, a chi dare, quando dare. E, insomma, un pauperismo stile sovietico. Lo scopo recondito del progetto di questa trasformazione dell’INPS da parte di Boeri e degli ambienti che lo sostengono è quello di limitare al massimo la pensione erogata dallo Stato con successivi tagli ed esclusioni, sostituendola con varie forme di “assistenza”.In tal modo i lavoratori dipendenti e autonomi (perché anche questi rientrano nel sistema previdenziale), visto che non hanno più la certezza di avere una pensione calcolata sui loro contributi, sono indotti ad aderire a polizze assicurative per garantirsi una rendita pensionistica, sia individuali sia nell’ambito dei numerosissimi Fondi istituiti negli ultimi anni dalle Compagnie di assicurazioni e da altri Enti finanziari. L’esempio cui ispirarsi sono gli Stati Uniti, dove appunto il sistema funziona così: pensione pagata privatamente, e gli anziani nullatenenti possono chiedere un’indennità di “social security”. D’altra parte, ciò sta già avvenendo con la sanità dove, a causa delle inefficienze del servizio pubblico, stanno diffondendosi a macchia d’olio fondi sanitari integrativi aziendali o individuali, con tutti i limiti e le eccezioni alle prestazioni che, com’è ben noto, le assicurazioni sono bravissime a porre. L’allontanamento di Boeri, soprattutto da parte di un governo che non è allineato sulle istruzioni del Fondo Monetario Internazionale e delle “Fondazioni” che ne seguono i principi, ha bloccato questo processo. Adesso però il governo Conte non si deve fermare dinanzi alle proposte dissimili delle nomine da parte dei due partiti membri del governo: poiché si deve costituire un consiglio di amministrazione, tutti i nominativi proposti possono farvi parte, a condizione che si persegua, anche in questo campo, un reale “cambiamento” rispetto alla situazione preesistente e si mantenga il ruolo fondamentale e storico dell’INPS quale fondamento dello “Stato sociale”.