Cacciare, non giustiziare


Credo che una delle cose più difficili per noi cacciatori sia spiegare le ragioni per cui andiamo a caccia. In realtà ce ne sono molte di ragioni, ma è importante rispondere con sincerità e con onestà a questa domanda.
Ho praticato la caccia, anche di selezione per molti anni, Ultimamente non mi ci dedico per ,molteplici scarsità: di tempo, di mezzi (i costi sono ormai qualsi proibitivi per tutti tranne che per i bracconieri) ma soprattutto di selvaggina, dato che tanti, troppi fattori hanno contribuito a impoverire le nostre montagne e le nostre pianure.
Senza contare che una politica cieca i dissennata ha permesso che le specie nocive invadessero o il territorio a completo discapito della fauna stanziale e migratoria. I cinghiali e le volpi hanno invaso le città, per non parlare dei gabbiani che ormai vivono in stormi giganteschi sulle discariche cibandosi di ratti e di rifiuti, spargendo così malattie per il Bel Paese. Le cornacchie, le gazze e le volpi stesse (specie considerate nocive) si possono cacciare solo a gennaio e febbraio ma solo se accompagnati da un guardiacaccia (perché?). Questi animali sono responsabili della scomparsa di tutte quelle specie che nidificano a terra e non sono in grado di difendere uova e piccoli: Starne (estinte in Italia), Pernici Rosse (sopravvivono solo in Sardegna e in poche altre regioni), Fagiani, Gallinelle d’acqua e altri rallidi. Eppure la politica continua a vedere il cacciatore come un pericolo; forse temono che una doppietta possa un giorno far giustizia dell’ignoranza e dell’inettitudine della categoria.
La caccia, al contrario, presuppone la consapevolezza del valore del selvatico e dello sforzo necessario per catturarlo. Ci insegna il cerchio della vita: per consumare carne un animale deve perdere la vita, ma è un concetto questo che un pacco di carne al supermercato o dal macellaio non trasmetterà mai.
Cacciare un animale è una sfida, il gioco del gatto col topo se volete, ma è ciò che l’uomo fa, ciò che l’uomo è, da sempre. E ogni animale riceverà l’attenzione e il rispetto e la gratitudine che merita: muore non per un capriccio o per una stupida gara, ma per chiudere quel cerchio, pertanto avrà i dovuti onori, tributati magari in ginocchio, alcune foto ricordo e tanti ricordi e momenti di riflessione negli anni a venire.
Io caccio ciò che mangio. E mangio ciò che caccio. Un esempio: un capriolo maschio può pesare 35-40 kg e ha una resa in carne superiore al 50%. E’ carne nobile, buonissima e gustosa.
Se ne ricavano piatti sani e nutrienti, come la natura ci insegna. Un cosciotto di quello stesso capriolo messo in forno senza nulla, solo alcune foglie di alloro e bacche di ginepro, produrrà un arrosto tenerissimo che concluderà al meglio la cena in una serata invernale.
Il trofeo troverà il suo posto nella parete dei ricordi, e anche sul fatto che taluno lo trovino di cattivo gusto ci sarebbe molto da ridire.
Adesso vi chiedo… cosa c’è di così crudele, sbagliato, inaccettabile in tutto questo?
Non ho mai assaggiato la carne dell’orso. Alcuni lo hanno fatto, soprattutto nei decenni passati in Austria, Slovenia e Croazia, e mi dicono che sia un op’ coriacea ma buona.
Personalmente non mi interessa, ma quand’anche mi piacesse non caccerei un animale in pericolo di estinzione, reintrodotto alcuni decenni fa sapendo che il suo habitat confina con quello montano fortemente antropizzato. Così si è introdotto l’orso senza avere la cultura dell’orso. Senza sapere come si convive con questi plantigradi, che sanno essere dolcissimi ma anche pericolosissimi a seconda delle circostanze.
In Austria e in Slovenia, dove questa cultura invece esiste. uomo e orso convivono da migliaia di anni, e bene anche! Anche nella Marsica c’è l’orso, ma qui sanno come ci si deve comportare e i problemi – se ci sono – sono davvero minimi.
Eppure un politico in una regione del nord Italia ha deciso che l’orso è pericoloso sempre e comunque, pertanto non appena un esemplare emette un ruggito lo si va ad abbattere. Era successo con l’orsa Amarena lo scorso anno (uno dei suoi piccoli pare che sia morto di fame, come volevasi dimostrare) e di nuovo pochi giorni fa con M90, un orso che non ha avuto nemmeno diritto a un nome, giustiziato senza diritto a una dignità per foderare (metaforicamente) la poltrona del Governatore.
Quel che segue viene dalla rete. Lo riporto perché trovo, da cacciatore, che spieghi lo stato d’animo mio e di molti assai meglio di come potrei fare io, e di questo ringrazio Emanuele Spud Grandi.

“Ero un orso, non conoscevo la differenza fra seguire e inseguire due fidanzati.
Maledetta ignoranza.
Ero un orso da tenere d’occhio perché mi avvicinavo troppo alle vostre case. Perché ci trovavo qualcosa da mangiare.
Perché non avete messo i cassonetti anti-orso?
Ero un orso, se solo vi avessi considerati una preda avrei mangiato uno di voi al giorno.
Ero un orso, vivevo nei boschi nei quali voi mi avevate inserito, nei quali pensavo di essere al sicuro, nei quali voi eravate gli ospiti.
Ero un orso che una cosa la sapeva: i boschi non sono vostri, o almeno non solo vostri. Ci sono anche gli animali che lì ci vivono, sapete?
Ero un orso, ero anche abbastanza veloce ma non tanto da scomparire davanti a voi nel caso ci potessimo incontrare. Nei boschi sono eventi che possono accadere, anche se è sempre bene stare lontano da voi. Come sa ogni animale del bosco.
Ero un orso e sono stato condannato a morte perché non sono rimasto nel profondo del bosco, perché ho trovato cibo troppo facilmente grazie a ciò che lasciate voi, perché in fin dei conti noi animali selvatici siamo sempre e solo un problema per voi.
Un problema da abbattere, subito.
Ero un orso”
M90