Le scomode verità sul cambiamento climatico


Ieri pomeriggio, stufo di ascoltare le balle di pagliacci come Rubbia e Zichichi, stanco delle stupidaggini di quei giuggioloni di Franco Prodi e Francesco Battaglia, professori emeriti di Climatologia e altre baggianate similari, e nauseato dall’incompetenza di quel malmostoso chiamato John F. Clauser, Premio Nobel 2022 per la Fisica, e stimolato invece dalle convinzioni altamente riflessive e profonde del geometra Angelo Bonelli, e del super esperto Alessandro Gassmann (dotato di una indiscutibile licenza media inferiore conquistata gloriosamente per la gioia dei genitori), due eroi dei nostri giorni che si battono a viso aperto sulla responsabilità umana nei cambiamenti climatici, responsabilità che tutti sanno essere legata in modo criminale alla iperproduzione di anidride carbonica, ho preso i miei vecchi libri delle elementari (quelli che non tradiscono mai!) e ho fatto un po’ di conti, una delle tante pessime abitudini di noi ignorantoni indegnamente laureati in Chimica, quell’inutile materia che rientra chissà a quale diritto tra le Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali..
Ciò che ho potuto capire, dopo aver riempito fogli di appunti e avvirgole, fatto e rifatto schemi, diagrammi e simulazioni, è riassunto qui di seguito.
Alcuni nozioni di base (su cui tutti stranamente concordano) ci dicono che l’atmosfera terrestre è suddivisa in cinque strati, chiamati sfere, che partendo dalla superficie terrestre sono nell’ordine: la troposfera, la stratosfera, la mesosfera, la termosfera e infine l’esosfera.
La composizione chimica dell’atmosfera terrestre cambia in base allo strato: al suolo l’aria è composta prevalentemente da azoto (78%), ossigeno (21%), anidride carbonica (0,04%) e tracce di altri gas come il metano, l’idrogeno, l’ozono, il neon.
Di questo 0,04% di CO2, secondo conti pubblicati e consolidati dopo attente verifiche, e disponibili in letteratura, le attività antropiche ne producono il 3,5% della massa equivalente. Combinando questi due dati, si ottiene facilmente che l’uomo sarebbe responsabile di una produzione del fottutissimo gas serra CO2 per una percentuale gassosa attiva pari a poco più dello 0,001% della massa totale dell’atmosfera presente al livello del suolo. In parole povere i cambiamenti climatici generati dalla cosiddetta iperproduzione di anidride carbonica collegata ad attività umane pesano sull’atmosfera per una parte ogni centomila parti (1/100.000) della sua composizione.
In questo panorama apocalittico, i 28 paesi dell’Unione Europea sono responsabili, su scala mondiale, di una produzione di CO2 intorno al 9%, contribuendo a un presunto inquinamento da CO2, per lo 0,31% sulla produzione totale, mentre il rimanente 99,69% riguarderebbe il resto dei Paesi del mondo, cosa che evidentemente ai politici o non interessa o viene ritenuta irrilevante, dato lo scalmanato accanirsi contro automobilisti, zone B e C, direttive su auto elettriche, case energicamente efficienti e via dicendo. Come è infatti noto, nella follia recentemente ribadita del programma green approvato dai nostri amatissimi rappresentanti in Europa, dovranno essere spesi migliaia di miliardi di euro, da qui al 2030, per ridurre le emissioni europee del 55%, portando l’incidenza europea a uno strabiliante 4,95%, sempre sul 3,5% prodotto dalle attività umane, cioè verranno sacrificati il futuro e il benessere economico di intere generazioni di popoli innocenti e inermi per garantire all’umanità una diminuzione dello 0,14% sulla produzione dell’anidride carbonica legata alle attività antropiche, lasciando questa volta il 99,83% rimanente sempre al Resto del Mondo. Se poi, nel mentre, Cina, Stati Uniti, Russia e India, tralasciando tutti gli altri, avranno triplicato l’uso del carbone nei processi di trasformazione dell’energia, questo non conta. Ciò che importa è avere portato a casa un risultato così eclatante come la distruzione della già traballante economia europea e l’annichilimento del ceto medio, rozzo e poco informato, sempre ingrato e poco attento alle problematiche ambientali. Il tutto, chiaramente, in cambio di niente.
E tutto questo per dare retta a una cretinetta con le trecce bionde che bigia la scuola per portare cartelli di falsità in giro per il mondo, osannata e accolta da capi di stato, papi e dalailami, rettori e finanzieri, carolerakete varie e altri capitani di lungo sorso che la portano ad esempio ad un mondo che a dir loro è bell’e pronto per l’olocausto.
E pensare che la maggior parte di costoro non è nemmeno vegetariana. Mangiano bistecche e arrosti tutti i giorni senza curarsi di un dato che, invece, dovrebbe fargli capire molte cose, se solo provassero ad azionare la materia grigia quasi del tutto intorpidita. Il metano è un potente gas serra secondo solo all’anidride carbonica in termini di contributo al riscaldamento globale, hanno spiegato gli scienziati dell’ONU esperti di clima (Ipcc, 2021), ricorda l’Ispra nella pubblicazione “Il metano nell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra. L’Italia e il Global Methane Pledge” (vedasi il link di isprambiente.gov.it nelle fonti).
Il metano, spiega l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, ha un impatto di alterazione del clima 85 volte quello della CO2 su un arco di 20 anni, anche se l’anidride carbonica ha un tempo di permanenza in atmosfera per migliaia di anni, mentre il metano scompare in circa 10-15 anni. Il rapido decadimento del metano e il suo elevato impatto sulla temperatura atmosferica lo rendono un obiettivo primario per intervenire in maniera tempestiva ed efficace sui cambiamenti climatici, si legge nel rapporto. Il settore agricolo rappresenta la sorgente principale di emissioni di metano.
Dagli ultimi dati disponibili a livello globale gli allevamenti (non solo di mucche) contribuiscono alle emissioni totali di metano per circa il 32%, una percentuale che in Italia sale al 40%.
La sorgente di gran lunga più rilevante è rappresentata dalla fermentazione enterica, ovvero ai processi digestivi degli animali da allevamento. Tale sorgente rappresenta nel 2020 a livello globale il 70,2% delle emissioni di metano dal settore agricoltura. Una mucca adulta può produrre fino a 500 litri di metano al giorno. Nel mondo ci sono oltre un miliardo e mezzo di bovini e, secondo i dati dell’Ipcc, la loro eruttazione nel 2015 e’ stata responsabile per circa il 3,7% di tutte le emissioni di gas serra del pianeta.
C’è poi la gestione delle deiezioni ovvero la decomposizione del letame con il 21,5%.
I bovini rappresentano la principale sorgente delle emissioni di metano da fermentazione enterica (79,6% delle emissioni di metano nel 2020 in Italia), seguiti dagli ovini (9,3%) e dai bufalini (5,8%) spiega l’Ispra.
I bovini rappresentano la principale sorgente delle emissioni di metano anche in relazione alla gestione delle deiezioni, rappresentando nel 2020 quasi il 50% delle emissioni, seguiti dai suini, che contribuiscono con una percentuale superiore al 40%.
In sostanza, le emissioni di metano nel 2021 rappresentano l’11,3% del totale dei gas serra, pari a circa 1,7 migliaia di tonnellate di CO2 equivalente.
Secondo scenari analizzati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), le emissioni globali di metano devono essere ridotte tra il 40 e il 45% entro il 2030 in modo da limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi in questo secolo.
Da questi dati è possibile confermare che le emissioni di metano da allevamento concorrono ad aumentare significativamente il riscaldamento globale. Che è un po’ come dire (per la gioia dei vegetariani): mangiate meno fiorentine così avremo meno mucche, meno flatulenze e di conseguenza meno metano. Se poi anche Biden scoreggiasse di meno, certo aiuterebbe un po’…
A corollario di quanto scritto, ricordiamo ai soloni difensori del clima e alle cretinette ambientaliste che se si prendessero la briga di andare a ricostruire, dai dati presenti in letteratura, l’andamento delle temperature e della concentrazione di anidride carbonica nelle passate ere geologiche, si accorgerebbero che il periodo attuale è caratterizzato da una concentrazione di CO2 assai bassa. Per fare solo un esempio, nel Cambriano – 540 milioni di anni fa – la CO2 atmosferica era di 7000 ppm (parti per milione), cioè lo 0,7%, mentre i valori odierni sono di 400 ppm (0,04%) ovvero circa 18 volte più bassi!
La vita sulla Terra è basata sul carbonio. Tutti i composti strutturali degli esseri viventi: le proteine, i grassi, l’amido, la cellulosa e così via, sono formati da carbonio. Non solo: le piante vivono proprio grazie alla CO2: senza di essa il regno vegetale si estinguerebbe in un amen. Ne consegue che se per una ragione qualsiasi la sua concentrazione diventasse troppo bassa, la vita sulla Terra, come noi la conosciamo, finirebbe, perché il mondo vegetale smetterebbe di esistere.
I consumatori primari e secondari, ossia gli erbivori e i carnivori, in nessun modo potrebbero sopravvivere. Con buona pace dei verdi, dei rossoverdi, delle auto elettriche, del sindaco Sala, di Gretina e dei politici ignoranti.
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Fonti:
https://www.ansa.it/ansa_verified/verifica_dei_fatti/scienza/2023/05/31/e-vero-che-anche-mucche-e-maiali-contribuiscono-al-riscaldamento-globale_6c9dbdbb-591b-497f-94fb-17f49e3edc25.html
https://www.isprambiente.gov.it/files2022/pubblicazioni/rapporti/r374-2022-1.pdf
Prentice I.C., Harrison P., Bartlein P.J., 2011, “Global vegetation and terrestrial carbon cycle changes after the last ice age”, New Phytologist, 189: 988–998.
http://www.co2science.org/articles/V14/N34/EDIT.php
Simmon R., 2012, “Global garden, NASA Earth Observatory, based on data from Montana University – Numerical Simulations Terradynamic Group – NTSG
http://earthobservatory.nasa.gov/Features/GlobalGarden/
Sitch S. et al., 2015, “Recent trends and drivers of regional sources and sinks of carbon dioxide”, Biogeosciences, 12, 653–679.
Zeng et al., 2014, “Agricultural Green Revolution as a driver of increasing atmospheric CO2 seasonal amplitude”, Nature, vol . 5015, 20 nov.