Buchi neri: Stephen Hawking aveva ragione


L’area di un buco nero non può diminuire: la prova giunge da una nuova analisi delle onde gravitazionali prodotte dai buchi neri 1,3 miliardi di anni fa e scoperte nel 2015. La superficie di azione dei buchi neri non diminuisce. Ma c’è un’altra contraddizione da approfondire…

Ancora una volta il compianto fisico Stephen Hawking ci ha visto giusto: la superficie d’azione di un buco nero, dentro la quale tutto (sia la materia sia la radiazione) viene risucchiato e non può uscire, non può diminuire nel tempo. Oggi uno studio condotto da fisici del MIT conferma la teoria di Hawking grazie allo studio delle onde gravitazionali prodotte 1,3 miliardi di anni fa da due giganteschi buchi neri che si muovono seguendo una forma a spirale uno intorno all’altro. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Physical Review D e ora gli scienziati stanno lavorando per trovare la spiegazione a un paradosso e conciliare un’altra teoria, la quale prevede invece che nel lungo termine un buco nero debba ridursi fino a evaporare.
I ricercatori del MIT hanno analizzato le prime onde gravitazionali, che ci hanno tenuto a lungo col fiato sospeso, scoperte nel 2015 dal rivelatore Ligo e poi studiate anche dall’altro array gigante di antenne, Virgo. I ricercatori hanno elaborato i dati relativi alle onde gravitazionali e hanno calcolato la massa e lo spin dei due buchi neri prima e dopo la fusione dei buchi neri e rielaborando i dati hanno calcolato la superficie d’azione prima e dopo la collisione. La superficie del nuovo buco nero, creato da questo scontro fra i due, era maggiore: in pratica la superficie risultante risulta maggiore di quella iniziale. Questo aumento conferma – a livello teorico, ovviamente, e non sperimentale – la legge di Hawking con un livello di confidenza che gli scienziati indicano pari al 95%. Insomma, abbiamo una prova di questa caratteristica dei buchi neri.
I buchi neri (termine inventato dallo stesso Stephen Hawking) sono oggetti a volte paradossali, ma sempre incredibili e misteriosi che non smettono di stupirci. All’inizio degli anni ’70 Hawking illustrò una proprietà basilare di questi affascinanti oggetti, che riguarda l’area dell’orizzonte degli eventi, una superficie immaginaria – immaginiamola come un guscio trasparente che avvolge il buco nero come una bolla – dalla quale non può uscire nulla, nemmeno la luce. Se un oggetto o anche solo una radiazione supera questo limite, infatti, è destinato a cadere nel buco nero e anche la luce subisce questo destino, da cui si capisce il nome che il celebre fisico scomparso nel marzo 2018 ha dato a questi oggetti. Ma dove si colloca l’orizzonte degli eventi? La sua posizione, o meglio la distanza dal buco nero stesso, è determinata con una formula matematica e prende il nome di raggio di Schwarzschild. La formula è piuttosto semplice: r = 2GM / c², dove r è il raggio di Schwarzschild, G è la costante di gravitazione universale, pari a circa 6,67×10−11 N m²/ kg²; M è la massa del buco nero e c è la velocità della luce (299 792 458 m/s).
L’orizzonte degli eventi può anche essere visualizzato come un cono che si sviluppa lungo l’asse del tempo nello spaziotempo quadridimensionale: mano a mano che ci si allontana temporalmente (nel passato o nel futuro) da un evento nel presente l’area che lo rende invisibile diventa sempre più ampia.
Hawking sviluppò svariate leggi sui buchi neri, di cui una afferma che quest’area non può mai restringersi. Detta con maggiore proprietà, il raggio di Schwarzschild non può mai diminuire. L’idea che questa superficie non possa diminuire somiglia alla seconda legge della termodinamica, al fatto che l’entropia di un sistema isolato non può diminuire.
I problemi nascono ora (come al solito) nel cercare di combinare in qualche modo la relatività – che ci fornisce la legge precedente – con la meccanica quantistica. Infatti, secondo un’altra proprietà sempre formulata da Hawking e legata ad effetti quantistici, nel lungo termine i buchi neri (e l’area dell’orizzonte degli eventi) possono invece ridursi. In particolare questo sarebbe dovuto alla famosa radiazione di Hawking: i buchi neri emetterebbero cioè una radiazione termica e nel tempo perderebbero massa. La teoria prevede che per un tempo molto maggiore della durata dell’universo dal big bang a oggi (circa 13,5 miliardi di anni) questi oggetti dovrebbero addirittura evaporare. Nel breve termine non ci sarebbe alcuna contraddizione – le due leggi coesisterebbero senza disturbarsi – ma nel lungo periodo, al contrario, la legge secondo cui il raggio di Schwarzschild non può diminuire verrebbe messa in crisi. Ma allora come conciliare queste due visioni? Da tempo gli scienziati stanno provando a cercare una chiave per combinarle, ma al momento non ci sono segnali che lascino pensare a una soluzione prossima a venire. Sarebbe l’inizio della cosiddetta “nuova fisica”, che dovrebbe spiegare molte altre cose, tra cui la materia oscura, ma che per il momento rimane un mistero.