Il pozzo di Eratostene


Eratostene fu un astronomo e matematico greco vissuto tra il 280 e il 195 a.C. Nel 240 a.C. grazie a un esperimento dovuto a un eccezionale intuito egli formulò un metodo per calcolare le dimensioni della terra: un’intuizione basata unicamente sulla sua straordinaria (soprattutto per l’epoca) conoscenza della matematica. Prima di allora i greci ritenevano che la terra fosse piatta e sorretta dal gigante Atlante e circondata da un mare che si estendeva senza limiti.
Pitagora fu il primo a osservare che la Terra era tonda, ipotesi confermata nel IV secolo a.C. da Aristotele, sebbene senza prove scientifiche, almeno come le intendiamo da Galileo in avanti. Pitagora confermò la sua ipotesi con un metodo empirico, facendo notare che quando compare una nave all’orizzonte prima si vede l’albero e solo quando è più vicina si possono osservare il resto dello scafo.
Ma fu solo con Eratostene che si ebbe la dimostrazione geometrica della sfericità della Terra. Ma procediamo per gradi.
Recatosi a Syene (l’odierna Assuan, o Asswan), Eratostene osservò che il giorno del solstizio d’estate a mezzogiorno il sole si trovava allo zenit, per cui non si formavano ombre sulla terra. Perfino il fondo di un pozzo risultava illuminato. Questo accadeva perché la città si trova esattamente sul tropico del cancro. In quel giorno un bastone piantato verticalmente su un terreno pianeggiante non avrebbe proiettato nessuna ombra. Eratostene si chiese perché nello stesso giorno ad Alessandria le ombre invece si formavano e cominciò a formulare ipotesi partendo dal presupposto che la terra fosse sferica e il sole fisso ad una distanza sufficiente da considerare i raggi paralleli alla Terra. Durante il solstizio d’estate calcolò l’angolo di elevazione del sole ad Alessandria misurando l’ombra da un bastone piantato per terra. Quest’ombra era di 7° e 12’ ovvero un cinquantesimo di circonferenza terrestre. Sapendo che la distanza tra le due città egizie era stimata a 5.000 stadi, circa 785 km, egli calcolò una circonferenza terrestre di poco meno di 40.000 km. La misura estrapolati da Eratostene è vicinissima ai valori della circonferenza terrestre ottenuti con i metodi moderni basati su satelliti e radar, pari a 40.075 km.
Ma vediamo più in dettaglio come procedette Eratostene nei suoi calcoli. Egli si servì di uno strumento chiamato scafe, una semisfera cava e graduata al suo interno, al cui centro un’asta (gnomone) che colpito dai raggi solari proiettava un cono d’ombra. Osservando l’ombra proiettata ad Alessandria il giorno del solstizio alla stessa ora, non i raggi solari non perpendicolari ma inclinati di 7°12’, dedusse che la terra non era piatta ma sferica.
Quando si fu convinto di ciò, per calcolare la sua circonferenza ragionò in questo modo: l’angolo sotteso alla distanza tra Syene e Alessandria corrispondeva a circa 1/50 dell’angolo giro (360°), pertanto la distanza tra Syene e Alessandria doveva corrispondere a 1/50 della lunghezza della circonferenza terrestre. Quindi si doveva moltiplicare questa distanza per 50:
785 km x 50 = 39250 km
Il risultato sorprende perché è vicinissimo a quello reale di 40.075 km. La piccola differenza non deve essere imputata a Eratostene, ma ai geometri egizi che con gli scarsi mezzi di allora avevano effettuato la misurazione della distanza con una imprecisione sufficiente a far deviare dal risultato esatto i calcoli del grande matematico.
Da menzionare è il fatto che il metodo elaborato da Eratostene era basato su assunti inesatti come la terra sferica e il medesimo meridiano per le due città egizie. Ma, nonostante ciò, oltre al risultato straordinario è giusto decantare la sua impresa rimanendo impressionati dalla sua intuizione.
Vi è però ancora qualcosa da dire in merito a questa vicenda. Gli storici di tutte le epoche hanno sempre parlato del pozzo di Syene nel raccontare l’esperimento di Eratostene.


La città egizia di Assuan, l’antica Syene, è diventata famosa nel secolo scorso grazie alla costruzione della omonima grande diga a ridosso della città, che verso la metà del XX secolo mise in moto una enorme corsa per salvare i templi della Nubia che rischiavano di essere sommersi dalle acque del nascente lago artificiale Nasser. In quegli anni, e per la stessa ragione, fu compiuta ad opera di un consorzio italo-svizzero la titanica impresa di smontare il meraviglioso tempio di Abu Simbel e ricostruirlo un centinaio di metri più in alto per salvarlo dall’oblio idraulico in cui rischiava di cadere per sempre.
La diga di Assuan provocò anche un altro risultato: mise fine per sempre alle piene stagionali del Nilo, che per migliaia di anni avevano portato il fertile limo sulle sponde del fiume consentendo l’esercizio dell’agricoltura in quella terra altrimenti così arida.
Proprio per misurare le piene del Nilo gli antichi egizi idearono un semplice strumento: il nilometro. Ne costruirono parecchi, di cui i più famosi a Syene e sull’isola di Roda (presso il Cairo), quest’ultimo davvero un’opera d’arte abbellito anche successivamente in epoca islamica. In realtà si trattava di semplici pozzi, profondi quanto il letto del fiume, collegati ad esso e alti sufficientemente per contenere il livello raggiunto dal fiume al massimo della piena. Se questa era troppo scarsa o eccessiva, la politica doveva attivare i commerci con i popoli vicini per evitare le carestie e la decimazione della popolazione.
A Syene vi erano due nilometri, uno sull’isola Elefantina e uno a circa 40 chilometri a nord, presso il tempio di Kom Ombo.
Eratostene partendo da Alessandria per recarsi ad Assuan, città posta a 24° nord di latitudine, ha fatto sicuramente sosta a Kom Ombo dove si trovano un pozzo e un tempio antichissimi, ristrutturati dai Romani. Ufficialmente il pozzo di Kom Ombo è un Nilometro. Premesso che, come detto, ve n’è uno a pochi km, sull’isola di Elefantina, diciamo che un pozzo messo a 24°28’ in corrispondenza della massima inclinazione della Terra è sospetto. È inoltre posto su di una collina per avere una maggiore profondità. Detto in parole povere quel pozzo è anche un perfetto osservatorio astronomico, che all’interno contiene un calendario egizio. Nessuno intende negare che fosse un nilometro, ma non svolgeva certo solo quella funzione.
Vorrei quindi porre l’accento sul fatto che Eratostene, facendoci una sosta, deve aver avuto parecchie informazioni dai sacerdoti del tempio. Fra queste, anche quella che nel giorno del solstizio d’estate il Sole a mezzogiorno dritto in verticale sul nilometro e questa con molta probabilità fu la molla che gli fece scattare l’idea dell’esperimento che lo ha reso eternamente famoso.
Cosa si può conclusione dunque? Semplicemente che il pozzo di Eratostene era in realtà un nilometro e non un semplice pozzo per l’acqua, che avrebbe poco senso in una terra così arida dove l’acqua era comunque a pochi passi, fornita da un Nilo le cui acque erano certamente pulite e prive di ogni inquinamento. Ad Alessandria, invece, città affacciata al Mediterraneo, i pozzi dovevano per forza esistere, sia per l’acqua da bere che per l’irrigazione.
I greci, inoltre, non avevano una parola per descrivere il nilometro, strumento unicamente in essere nella terra dei Faraoni, quindi il fatto che citassero un generico pozzo è più che normale.
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Fonti:
amicidellascienza.net
wikipedia.it