Chitarra classica – Intervista a Marco Caiazza


Marco Caiazza, il poeta della chitarra come lo definisce la rivista “Seicorde” per la sua capacità espressiva, è un artista poliedrico della chitarra classica (e non solo).
E’, infatti, strumentista, compositore, didatta e, più recentemente, editore discografico con la sua PVR Label.
Amante delle chitarre con top in cedro, non disdegna l’abete.
Oggi è intervistato, in esclusiva per WeeklyMagazine, dal M° Giovanni Di Sero.

WM: Buon giorno Marco, grazie per averci dedicato questo spazio.
Iniziamo subito chiedendoti qual è stata la molla che ti ha indotto a dedicarti alla chitarra classica.

M.C.: Grazie a voi per l’interesse verso la mia attività. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia che amava l’arte. Mio padre aveva un forte spirito artistico che riversava nella pittura, nella fotografia e nella musica. Tutti i suoi fratelli suonavano da amatori uno strumento musicale ed è stato lui il mio primo insegnante di chitarra. In realtà volevo suonare il pianoforte, ma non avevamo la possibilità di comprarne uno. In seguito ho “rimediato” e ho anche inciso un Ep con mie composizioni pianistiche: ho appagato quel mio sogno d’infanzia!

WM.: Oggi che sei un concertista affermato, come vedi il futuro della chitarra in Italia ed in Europa?

M.C..: Oggi più di ieri sono numerosi i Festival e le stagioni concertistiche che in Europa offrono tante opportunità soprattutto ai giovani talenti che stanno emergendo. Si investe, però, ancora troppo poco nella cultura e soprattutto nella musica.

WM: Facciamo ora un salto in avanti. Negli ultimi anni oltre alla chitarra, ti sei dedicato anche alla composizione realizzando un bellissimo CD musicale di tuoi brani per chitarra. Credi che sia stata una parentesi o pensi di proseguire per questa strada?

M.C.: Ho sempre pensato alla musica dal punto di vista compositivo: fin dai primi anni di studio realizzavo arrangiamenti per i più svariati strumenti. Direi che la composizione non è assolutamente una parentesi, anzi, è l’ingranaggio che muove ogni mio progetto, anche quelli che mi vedono in veste di esecutore.

WM.: Attualmente la tua attività artistica si è notevolmente arricchita. Sei diventato un artista a 360 gradi. Ti stai dedicando anche ad altri compiti manageriali. Ci rendi partecipi di ciò?

M.C.: Sono una persona che è sempre stata curiosa e desiderosa di apprendere, mi piace mettermi in gioco ed affrontare nuove sfide. Negli ultimi anni ho perfezionato sempre di più le mie capacità e tecniche di registrazione e ho approfondito lo studio di un altro aspetto che mi appassiona, la grafica. Gli ultimi miei dischi sono stati interamente registrati e prodotti da me. In seguito, molti altri artisti, e non solo chitarristi, si sono affidati a me chiedendomi di seguirli in ogni fase della creazione dei loro progetti musicali: recording, editing, mastering, grafica, partiture, copyright, etc… È nata così la PVR label, una realtà in continua crescita che nei prossimi mesi darà alla luce tanti progetti. È stato appena pubblicato un Ep con la Bachianas Brasileiras No.4 di Heitor Villa-Lobos eseguita dalla pianista Raffaella Albino; fra poco uscirà un disco con musiche di Debussy e Castelnuovo-Tedesco della pianista Marianna Casola e presto altre interessanti novità.

WM.: Ritorniamo adesso al docente, conosciamo la tua professionalità e gli ottimi risultati derivanti dalla tua attività didattica. Numerosi sono i tuoi allievi che hanno ottenuto consensi positivi di critica nei vari concorsi nazionali ed internazionali. Cosa è cambiato rispetto al passato nell’insegnamento della chitarra?ns.

M.C.: Credo che un musicista completo attraversi tre fasi: strumentista, compositore e didatta. Ho avuto la fortuna di vivere in pieno tutte queste realtà e, in particolare, mi appassiona tantissimo l’insegnamento. Molti dei miei allievi, che hanno iniziato con me da giovanissimi, hanno raggiunto traguardi incredibili, vincendo alcuni tra i più importanti concorsi internazionali. Ma sono fiero anche di quelli che, sconfortati da esperienze negative e ormai “grandicelli”, hanno in pochi anni ripreso completamente l’entusiasmo per la musica e, in generale, riacquistato fiducia in se stessi e raggiunto obiettivi personali incredibili. Soprattutto, ed è la cosa più importante, saranno degli ottimi Maestri.

WM: L’ offerta formativa proposta con i nuovi programmi ministeriali, credi che vada incontro alla formazione del chitarrista del domani? Come vedi lo scenario in altri paesi dell’Europa?

M.C.: Sul nuovo ordinamento dei Conservatori si è parlato tantissimo. Ci sono ovviamente aspetti positivi e negativi. Di negativo c’è il fatto che spesso l’allievo non ha più materialmente il tempo di studiare lo strumento perché ha tantissimi corsi da seguire a volte troppo dispersivi. Il lato positivo, legato però ovviamente alla qualità dei Maestri e ai programmi dei singoli conservatori, è che in alcune realtà vi è un’offerta formativa di grande qualità: un allievo può avere la possibilità di confrontarsi con tanti insegnanti e approfondire lo studio a 360 gradi. Come dico sempre, l’allievo intelligente saprà scegliere quale conservatorio gli offrirà l’insegnamento migliore.

WM.: Raccontiamo ai nostri lettori come si svolge una tua lezione e quali sono le caratteristiche che un alunno deve avere per affrontare lo studio della chitarra.

M.C.: Non esiste la lezione “tipo”. Ovviamente, se si ha la necessità di lavorare sull’analisi o l’interpretazione, si andrà in quella direzione; se, invece, si devono affrontare e risolvere problematiche tecniche, si troveranno le soluzioni giuste. Suono sempre a lezione: dopo aver magari analizzato nei minimi dettagli una composizione l’esempio pratico è fondamentale!

WM.: Nel percorso degli studi accademici, non è prevista la prassi dell’improvvisazione. Cosa pensi al riguardo?

M.C.: A volte mi è capitato, durante delle masterclass, di fare lezione a ragazzi che, seppur bravissimi, al primo vuoto di memoria si bloccavano senza riuscire ad andare avanti; non conoscevano le note, l’armonia, nemmeno gli accordi…! Ecco, più che l’improvvisazione, sarebbe auspicabile una conoscenza profonda dell’armonia e della struttura frasica e metrica di un brano. Poi ben venga l’improvvisazione, ma solo se c’è poesia e arte, altrimenti è uno “scimmiottare” artisti stra-ascoltati.

WM.: Parliamo adesso un po’ del futuro e se hai già in essere qualche novità di cui possiamo parlare ai nostri lettori, o accarezzi l’idea di qualche nuova avventura …

M.C.: La novità più imminente è la pubblicazione di tutte le mie trascrizioni delle opere di Bach che ho inciso nel mio ultimo disco. Sono state recentemente pubblicate per la Volontè & Co. la seconda Partita BWV 1004 e la Fuga BWV 1001. A breve spero di ultimare l’opera con la Suite BWV 996. Ho anche diversi progetti di incisione che vorrei portare a termine: un duo chitarra e clarinetto con Luca Iovine, un duo di chitarre con il mio grandissimo amico Ronnie Petrucciano e un disco con musiche del ‘900.

WM.: Di recente hai inciso un bellissimo CD di musiche di Bach. Si discute molto, tra i chitarristi, se Bach vada suonato in modo sobrio, senza troppe dinamiche, oppure fraseggiando come si fa in generale. Qual è il tuo punto di vista?

M.C.: Ad oggi non si ha nessuna testimonianza diretta di Bach che, dalla sua tomba, ci dica come suonare la sua musica. Scherzi a parte, conoscere in maniera profonda l’opera di Bach, analizzando anche tutti i simbolismi, le citazioni, le innumerevoli relazioni matematiche, ascoltando le grandi interpretazioni sugli strumenti originali, è l’unico modo per poter affrontare questo incredibile repertorio. Con rispetto sì, ma anche non lasciandosi incatenare da preconcetti. Infatti, c’è anche un altro aspetto da considerare: i grandi autori del passato hanno dato vita ad opere pensate sugli strumenti a loro disposizione, in alcuni casi portandoli anche all’estremo delle loro possibilità o sperimentando cose impensabili per l’epoca. Bach è stato uno dei grandi innovatori capace di trascendere, con le sue composizioni, tutte le certezze strumentali dell’epoca ma, proprio per questo, chi ci dice che, con i mezzi a disposizione oggi e le possibilità espressive degli strumenti attuali, non avrebbe concepito un’esecuzione della sua musica diversa dai canoni tipici della sua epoca?

WM.: A chi ti sei ispirato nello sviluppo della tua personale sonorità?

M.C.: L’imprinting iniziale l’ho ricevuto da mio padre che, come ho detto prima, era un musicista autodidatta con una passione per tutte le arti in genere. Il suo suono era spettacolare! Da lui ho imparato anche a ricercare sempre il bello e a trarre il massimo da ogni cosa o situazione… È stato un grande insegnamento che cerco di porre in essere in ogni aspetto della mia vita. Poi direi che Mark Knopfler dei Dire Straits è sicuramente stato fondamentale!

WM.: Un’ultima domanda: che chitarra utilizzi, sappiamo che prediligi il cedro…perché?

M.C.: Utilizzo una splendida chitarra in cedro del liutaio Alessandro Marseglia, con la quale ho inciso gli ultimi miei dischi e che suono in ogni mio concerto… è ormai la mia compagna inseparabile! Ho anche una bellissima chitarra di Roberto De Miranda con la quale ho inciso i miei primi due dischi con le opere di Agustín Barrios. Adoro anche l’abete, ma ho un feeling particolare con il cedro.

WM.: Bene Marco, non posso che ringraziarti, a nome dei nostri lettori per il tempo che ci hai dedicato. Grazie a voi per la bellissima opportunità!