Tornano i gilet gialli, più arrabbiati che mai


La stampa e la TV non ne parlano (chissà come mai?) ma i gilet gialli sono tornati in piazza dopo un lungo periodo di pausa causato dal lockdown. Si tratta di un movimento che da quando è emerso il 17 novembre del 2018, innescato dall’aumento delle tasse sul carburante, ha portato in piazza migliaia di persone ogni sabato per 70 settimane. Ora si è trasformato in un movimento di protesta permanente contro il governo di Macron, guidato da diverse fazioni politiche e che racchiude dentro di sé varie realtà mosse da un comune sentimento di lotta per una maggiore giustizia fiscale e sociale.
Un rilancio sottotono quello che ha caratterizzato il ritorno in piazza in settembre. A Parigi, come ormai da tradizione, la protesta più grande: i manifestanti si sono infatti dati appuntamento sugli Champs-Élysées (nonostante il divieto della prefettura), place de la Bourse, place Wagram (i luoghi autorizzati dalla polizia) e place Saint-Pierre, ai piedi della Basilica del Sacro Cuore a Montmartre. Non sono mancati gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine con oltre 200 fermati: Tra i gruppi di manifestanti, hanno sfilato anche i “No mask” e i proprietari delle discoteche, costretti a chiudere a causa delle regole sanitarie imposte dal governo guidato da Jean Castex.
La tensione era molto alta in tutto il Paese già prima dell’inizio dei cortei: Jerome Rodrigues, uno dei leader del movimento, aveva esortato prima dell’inizio a “una disobbedienza civile completa”, in particolare rifiutando di mostrare documenti di identità alla polizia. Una trentina di fermate della metropolitana e della rete di trasporto ferroviario sono state rese inaccessibili già dalla prima mattina, mentre molti negozi vicini ai luoghi dei raduni hanno sbarrato le finestre e le vetrine. Registrati scontri sporadici, specialmente nella zona intorno agli Champs-Élysées, dove i manifestanti hanno provato a radunarsi nonostante i divieti. La polizia ha risposto sparando gas lacrimogeni per disperdere la folla.
Tra i momenti di maggiore tensione vissuti in piazza c’è stato l’arrivo dell’umorista Jean-Marie Bigard, che aveva solidarizzato con il movimento, ma di recente ha preso le distanze da Jérôme Rodrigues, dopo che questi ha paragonato la polizia a “una banda di nazisti”. Il comico è stato accolto all’urlo di “Collabo!“, collaborazionista, ed è stato scortato via dalla polizia. Sul percorso, i dimostranti hanno incendiato cassoni dell’immondizia e almeno un’auto, come mostrano numerosi video diffusi online.
Per la stampa francese, quindi, si è trattato di un ritorno fiacco alle proteste. Les Echos, così come Le Parisien, parlano di “bassa mobilitazione“, affermando che ormai “il movimento è morto”. Diversa la visione, invece, di varie testate più vicine al movimento. Come per l’Humanité, quotidiano di sinistra, che in un reportage racconta che in piazza sono tornate migliaia di persone, al grido di “noi non possiamo scomparire”. A Tolosa, centro del movimento popolare durante tutto il 2019, ai manifestanti non è stato nemmeno permesso di scendere in piazza.
Ma davvero c’è ancora qualcuno che crede, che un piccolo aumento del prezzo del gasolio, sia il vero motivo che ha innescato una protesta capace di perdurare da quasi un anno?
Abbiamo raccolto il parere di Massimo Bozzelli, un imprenditore che da tempo vive in Francia. Ecco, secondo lui, i veri motivi della protesta.
“Vivo in Francia da circa 15 anni e vi dico che stampa e TV non vi raccontano come stanno esattamente le cose. Si vuol far passare questo movimento di protesta come persone che non vogliono un cambiamento sulle politiche dei carburanti. Le proteste non sono solo per l’amento del prezzo del diesel ma bensì sull’attacco portato avanti dal governo sul potere d’acquisto. Il diesel è aumentato finora del 27%, un nuovo aumento ci sarà a gennaio e poi ogni sei mesi fino al 2021 (fine del mandato di Macron). Tra l’altro dei 15 miliardi di introiti in più, solo 3 andranno alla transizione ecologica. Il passaggio di proprietà è aumentato del 13%, il controllo tecnico del 100% e le multe del 130%. A proposito delle multe voglio dirvi che il governo ha liberalizzato l’attività. Non ci sono solo i poliziotti e i gendarmi a fare le multe ma anche i privati ed ecco perchè un aumento (in euro) del 130%. Tra l’altro queste aziende cercano personale, ti danno un auto provvista di radar e tu devi circolare, seguendo un itinerario, per 8 ore rispettando i limiti di velocità. A fine giornata la società scarica i dati e invia le multe. Stipendio 1.600 Euro€ al mese netti. Ovviamente l’aumento dei carburanti genera un aumento dei trasporti e quindi dei prodotti. E’ stata poi introdotta la eco-tax che riguarda tutti i camion, non solo i TIR che circolano su autostrada ma tutti. Le tasse sulle pensioni sono aumentate mentre è stato abolito il contributo di solidarietà pagato dai più ricchi. Era stato promesso il taglio dell’imposta sulla casa che poi è stato ritirato. E’ aumentato il prezzo delle assicurazioni, energia, medicinali, ecc, ecc. E’ stato ridotto da 1000€ a soli 100€ il contributo per cambiare gli infissi nelle case più vecchie. Il contributo per i pannelli solari non esiste più e la chiusura delle centrali nucleari più vecchie posticipato al 2035. Per farla breve, Macron sta facendo in Francia quello che Monti ha fatto in Italia cioè attaccare il potere d’acquisto per creare disoccupazione e far scendere i salari. Altro che ecologia.”