L’Italia delle continue emergenze


Il mese scorso Il ponte di Genova.
Nei giorni scorsi il maltempo in Calabria.
Oggi il terremoto a Catania.
Una Italia senza pace passa da una emergenza all’altra, oramai senza soluzione di continuità al punto che la gestione delle emergenze, che dovrebbe avere carattere eminentemente straordinario, é percepita quasi come roba da ordinaria amministrazione.
Addirittura, piuttosto che sforzarci a intensificare le fasi prevenzione dei grandi rischi, che comprenderebbero tutte quelle attività di studio e monitoraggio nonché le eventuali opere infrastrutturali di manutenzione e adeguamento, siamo soliti rivolgere le nostre attenzioni solo ai settori legati alla gestione delle emergenze e delle fasi immediatamente a valle i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile.
Per carità, si tratta di eccellenze italiane che molte nazioni ci invidiano ma, per loro natura, intervengono quasi esclusivamente a disastri già avvenuti mentre, invece, ci si dovrebbe sforzare a non arrivare alla fase emergenziale.
Non sarebbe meglio, insomma, prevenire che curare?
Non sarebbe preferibile, cioè, prevenire che curare investendo nella ricerca, in programmi manutentivi e di miglioramento, ossia spendere soldi in tutte quelle attività che mirano ad evitare morte e sofferenza?
E allora che si ispezionino e manutengano ponti e viadotti, che si puliscano canali e fiumi, che si draghino i porti, si stabilizzino i pendii, si contrasti il disboscamento feroce, si protegga l’ambiente dai gas serra e dai rifiuti, insomma si faccia ordinariamente più prevenzione piuttosto che rassegnarsi s una straordinarietà quotidiana fatta di morti, crolli, disastri ambientali.