Quando l’arte incontra la chirurgia


Tutti conoscono la chirurgia plastica per mero fatto estetico, ma a mio avviso ben pochi sanno della esistenza della chirurgia plastica ricostruttiva, o almeno coloro che ne hanno avuto bisogno. L’avvento di questa chirurgia nei suoi primordi, si deve alle gravi lesioni, in particolare al volto di quei sfortunati soldati, che uscendo con coraggio dalle trincee della prima guerra mondiale, ricevevano sul corpo ed in particolare sul volto schegge di bombe. Le ferite erano talmente vaste da compromettere in modo grave la fisiognomia di questi giovani. Bisognava assolutamente fare qualcosa per restituire alla vita questi soldati! Ed ecco che arte e chirurgia, convergono in un tutt’uno con l’inventiva artistica e la bravura chirurgica di tre uomini ed una donna:
– Harold Gillies, ritenuto il padre della chirurgia plastica;
– Henry Tonks, pittore ed ufficiale dell’esercito britannico
– Francis Derwent Wood, scultore ed ufficiale dell’esercito inglese;
– Anna Colemann Ladd, scultrice (NDR: nella foto a corredo dell’articolo).
L’unica possibilità era suturare nel migliore modo possibile, laddove era possibile, e successivamente poi coprire le parti del volto lese con una maschera di metallo. Ed ecco l’ingegno umano! Si realizzarono laboratori in cui confluivano l’arte e la medicina, onde poter creare dei manufatti che consentissero un parziale ritorno alla vita civile. In Inghilterra, Francis Derwent Wood scultore di chiara fama, creò un servizio specifico per i soldati mutilati al volto il cui scopo era la ricostruzione quanto più accurata possibile del volto sfigurato, cercando di ricostruire in modo meticoloso il volto e la fisionomia originale. Egli per questo si serviva di un attento studio fotografico delle lesioni. Henry Tonks realizzava invece, essendo pittore, acquerelli ritraenti i volti deturpati ed in base a questi realizzava le sue famose maschere. La scultrice Anna Colemann Ladd organizzò a Parigi un servizio simile. Famoso fu considerato il suo atelier ove realizzò ben 185 maschere per altrettanti soldati. Ma non solo artisti e maschere, anche la chirurgia dette il suo valido contributo. A questo si dedicò il chirurgo neozelandese dell’esercito britannico Harold Gillies che da molti considerato uno dei padri della chirurgia plastica . Egli fondò nell’ambito dell’Ospedale di Sidcup nel Kent un reparto nel quale, durante ed anche dopo la grande guerra, affluirono moltissimi soldati. Il primo grande afflusso vi fu dopo la battaglia della Somme con l’arrivo di oltre un migliaio di militari con il volto sfigurato da schegge e/o proiettili, ai quali era necessario ridare una fisionomia e un umano ritorno alla vita civile. Gillies innestava lembi di pelle a forma tubolare a partenza dalle parti sane del corpo della stessa persona, limitando in tal modo infezioni e di rigetto; le parti di cute e sottocute restavano attaccate al sito da cui venivano prelevate, per esempio la fronte o una spalla, fino all’attecchimento, per poi essere in un secondo momento distaccate e modellate sulle lesioni. L’importanza dell’opera di Gillies, Tonks Derwent Wood ed Anna Colemann Ladd, è da ritenersi fondamentale, poichè, a fronte di tecniche chirurgiche innovative, la visione volti devastati, sfigurati dall’insulto bellico, era talmente terribile dal punto di vista psicologico, da indurre alti tassi di depressione e suicidi superiori rispetto a quelli già alti degli altri combattenti della prima guerra mondiale.

NDR: Con questo primo articolo, diamo il benvenuto al dott. Gennaro Auzino, specialista in ortopedia, Dirigente medico ospedaliero, che si propone di illustrare coi suoi contributi, il mondo passato e attuale della medicina e della chirurgia.