Comunismo e capitalismo sono figli della stessa mamma


Non si tratta della globalizzazione come fenomeno in sé e neppure del mondialismo come ideologia della globalizzazione. Si tratta, di sicuro, della dittatura dell’internazionale finanziaria.
Come ebbero a sottolineare negli anni trenta i trozkisti, tra internazionale comunista e internazionale finanziaria non vi è differenza, né ideologica, né programmatica, né operativa.
E la critica marxista al capitalismo non per niente riguarda gli aspetti sociali e produttivi ma non quelli monetari, che sono affrontati solo di sfuggita.
Gli scopi dei due soggetti internazionale finanziaria e internazionale comunista coincidono: abolizione degli Stati, delle nazioni, delle identità, delle culture, delle religioni, delle libertà individuali, delle classi medie e della proprietà privata; proletarizzazione di massa e gestione delle masse da parte di minoranze illuminate, organizzate per chiusure stagne e riproducentisi per cooptazione e per rigida selezione. Ciascuna delle categorie di uomini che compone l’umanità, elevata a criterio di classificazione, darebbe luogo a una suddivisione in gruppi umani molto più realistica e meno arbitraria che quella in lavoratori e datori di lavoro.
Chi accetta di mutilare gli uomini di ogni personalità, stipandoli nell’artificiosa gabbia della loro categoria economica, e addirittura di interpretare in detti termini tutti i loro problemi, le loro aspirazioni, la loro storia, confessa di essere soltanto un sottoprodotto mentale del capitalismo, e non ha la minima possibilità di liberare i “lavoratori” dalla loro degradante posizione di strumenti viventi, che deriva prima di tutto dal considerarsi “lavoratori” e non uomini interi.
Per questo, quando l’economista ebreo-tedesco Carlo Marx, a metà dello scorso secolo, suonò la diana della lotta di classe chiamando i lavoratori di tutto il mondo alla guerra contro le classi economiche privilegiate, non iniziò una rivoluzione ma soltanto il più marchiano e tragico equivoco di tutti i tempi, in base al quale furono versati fiumi di sangue e compiute le più atroci infamie solo per segare a metà altezza il tronco capitalista dalle radici malate e tentare di innestare sullo stesso moncone e con gli stessi valori la utopistica società nuova.
Che cosa, se non questo tentativo, è lo Stato Comunista? La dissoluzione del blocco sovietico ci ha fatto pensare che il comunismo come modello economico e sociale fosse scomparso, che l’unico modello “giusto” fosse il capitalismo e che lo si dovesse sviluppare a pieno eliminando qualsiasi limite o regolamentazione alle sue dinamiche “naturali” (la “deregulation” neoliberista americana), facendo un atto di cieca fiducia in quella che veniva chiamata la “capacità di autoregolamentazione del mercato”. L ‘unica auto-regola che in realtà il mercato ha dimostrato di avere è stata l’avidità. Da quel momento infatti sono cominciate una serie impressionanti di “bolle speculative” prima sui titoli internet alla fine degli anni novanta, poi sull’immobiliare nei primi anni zero del nuovo secolo, poi la crisi del credito sub prime nel 2008 e oggi la crisi dei debiti sovrani. E’ opinione comune che molti se non tutti i mali del capitalismo provengono dalla concentrazione eccessiva della proprietà e dei relativi profitti e dalle storture che l’eccessivo potere concentrato nelle mani di pochi causa al mercato e soprattutto alla concorrenza. Marx aveva capito che tutta la questione sta nella proprietà. Ma se il capitalismo è male perché concentra troppa proprietà nelle mani di troppo pochi individui, il comunismo è peggio perché concentra tutto nelle mani di fatto di un unica entità: lo stato, che secondo un’interpretazione rivelatasi del tutto sbagliata doveva corrispondere alla proprietà collettiva e che invece si è rivelata la proprietà di un partito politico, un’organizzazione esattamente funzionante come una enorme multinazionale capitalista. In quest’ottica allora si capisce perfettamente come sia stato possibile che la Russia e soprattutto la Cina si siano convertiti così rapidamente al capitalismo più sfrenato. E’ bastato sostituire allo stato proprietario di tutto una piccola oligarchia di mega proprietari. Ecco fatto, ecco creata una società supercapitalistica con enormi concentrazioni di potere e di ricchezza.
E allora il punto è distribuire la proprietà, o meglio ostacolarne l’eccessiva concertazione e favorirne la divisione in piccole proprietà, le medie piccole e micro imprese, perché questo garantisce che i profitti che si generano siano in partenza distribuiti nel maggior numero di persone possibili. Se invece id un’unica azienda di 100 persone i cui profitti vanno solo al capo, si avessero dieci aziende di dieci persone ciascuna come minimo i profitti si distribuirebbero a 10 persone invece che ad una sola(qualcuno a Verona 70 anni fa già penso a ridistribuire gli utili). Se poi ciascuna di queste dieci aziende fosse una piccola società dove le azioni fossero distribuite tra gli stessi dipendenti allora sarebbe il massimo. I profitti sarebbero divisi tra tutti, tutti vedrebbero aumentare le proprie condizioni e possibilità di acquisto e il sistema prospererebbe in modo continuo e senza intoppi. Forme cooperative, piccole realtà produttive a conduzione familiare, si possono assimilare a aziende ma che sono però organizzati come cluster di tante piccole unità indipendenti e autonome, sono realtà che già esistono e funzionano egregiamente nel nostro paese. Se solo avessimo una classe politica capace di capire quale grande ricchezza abbiamo in questa struttura produttiva e riuscisse a favorirla e ad incoraggiarla saremmo di gran lunga uno dei paesi più prosperi ed avanzati in assoluto. Resettare tutto facendo una rivoluzione, ma non nel senso Gattopardesco e Giacobino del “cambiare tutto per non cambiare nulla” ma nel senso latino di revolver, tornare indietro, tornare ad un modello di società basato sulla natura umana.Non sovvertendo ma facendo “evolvere” il sistema economico e fiscale verso una struttura più snella e che favorisca innanzitutto le medie piccole e micro aziende, cioè la ricchezza vera e la proprietà vicina al lavoro produttivo autentico, che promuova e faciliti la proprietà privata dei singoli, la proprietà della casa, e la cooperazione tra i lavoratori e tra i gruppi di lavoratori, che renda sconvenienti le aggregazioni e le concentrazioni di proprietà, che introduce nuovi reati come ad esempio il reato di “dumping” (la concorrenza sleale di chi vende sottocosto per distruggere un piccolo concorrente) e il reato di “vendita allo scoperto” (chi vende delle azioni senza averle), e ridimensionando in questo modo il ruolo della finanza e dei grandi poteri finanziari.(Magdi Cristiano Allam). Riporto inoltre uno stralcio tratto dal libro del 1959 della Dodd studiosa americana iscritta al partito comunista americano negli anni anni 30 , libro che subito fu ritirato dalle librerie, ” Dodd descrive il comunismo come “un culto strano segreto” il cui obiettivo è la distruzione della Western Civilization, cioè della civiltà cristiana. Milioni di idealisti ingenui (“innocenti”) sono ingannati dai discorsi sulla necessità di aiutare poveri e operai, ma la vera preoccupazione è per il potere. Ad esempio, Dodd constatò l’assenza della ricerca sociale presso la sede del partito: “Siamo un partito rivoluzionario, non un partito di riforma”, dissero i comunisti. “Il Partito Comunista opera infiltrando e sovvertendo istituzioni sociali quali le chiese, le scuole, i mass media e il governo. Il suo scopo era quello di creare un nuovo tipo di esseri umani che si conformino al modello di governo mondiale che fiduciosamente intendeva controllare“. Citando un esempio,Dodd rivelò che 1100 membri del CPUSA furono ordinati preti cattolici negli anni ’30. I comunisti sovvertirono anche il sistema educativo americano con l’assoggettamento dei sindacati degli insegnanti e delle associazioni culturali. Solo chi accettava “l’approccio materialistico e collettivista della lotta di classe internazionale” riusciva a mettersi in luce in tali strutture. Il comune sforzo bellico di U.S.A. e U.R.S.S. doveva porre le basi della crezione del Nuovo Ordine Mondiale. Il comunismo è essenzialmente un losco sistema di controllo da parte dell’élite internazionale. Si è riciclato piuttosto nella Nuova Sinistra, nella Controcultura, nel movimento dei Diritti Civili, in quelli di Liberazione delle Donne e avversi alla guerra.In seguito si mimetizzò nella pletora delle ONG (Organizzazioni Non Governative) sponsorizzate dall’élite, in fazioni dei partiti Repubblicano e Democratico, e nei gruppi Liberal, sionisti, sindacali e dei diritti dei Gay. Questi gruppi, sono a struttura piramidale, e in tal modo i loro membri sono ignari di essere usati. In conclusione, il comunismo fu/è una frode utopistica escogitata da personaggi enormemente facoltosi per boicottare i sogni della gente ordinaria e arrestare il progresso della coscienza umana. Si tratta della medesima congiura che ha innescato le guerre attualmente in corso. Anche l’elevazione dell’omosessualità a “stile di vita approvato” per gli eterosessuali fa parte della spudorata frode elitaria progettata per “creare nuovi tipi di esseri umani che si conformino”.
La civiltà occidentale è come una nave che sta affondando in un mare di malvagità, eppure i passeggeri sono troppo frastornati e distratti per accorgersene. Il comunismo, è un precursore del Nuovo Ordine Mondiale, propugna i valori della fratellanza, della pace e dell’eguaglianza al solo scopo di ingannarci. Ha preso il sopravvento sugli occhi, le orecchie, la mente e lo spirito della società.Molto di ciò che viene spacciato come verità nei media e nelle scuole fa parte di questo mostruoso imbroglio. L’espressione “politicamente corretto”, ormai universalmente adottata, non è altro che un vecchio concetto del Partito Comunista, un segno di distinzione e di appartenenza all ’ ortodossia ideologica di quel partito. Il 2011 cambiò anche il corso del nostro Paese; il complotto ordito dai centri di potere tecnocratico contro il governo Berlusconi e realizzato da Napolitano, dalla sinistra e dal Deep State italico (quella palude contaminata di magistratura, poteri finanziari, media e grande industria) ha di fatto commissariato la nostra democrazia sospendendo la sovranità popolare ed alternando governi tecnocratici e del Pd imposti da giochi di potere e ricatti incrociati. Ed è in questa fase che la sinistra italiana ha cambiato per l’ennesima volta la sua pelle e, con la capacità camaleontica che la caratterizza, ha archiviato definitivamente l’internazionalismo proletario per quello globalista. Perché parliamoci chiaro, alla sinistra degli immigrati non frega nulla tranne quando dieci di loro vanno a disturbare l’estetica delle ville radical-chic di Capalbio; e a quel punto è facile vedere intellettuali, imprenditori liberal, boiardi di Stato, femministe al caviale e vecchi notabili di partito ribellarsi alla contaminazione multiculturale. L’immigrazione nn controllata dei comunisti ,si comunisti non democratici di sinistra perchè di democratico questi mascalzoni riciclati nn hanno niente, serve solo ad arricchire i poteri forti ed avere una manodopera sottopagata. I Latini dicevano“contra factun non valet argumentum”,e cioè che quando qualcosa è palese nei fatti, non serve girarci intorno, i comunisti e post comunisti sono la vera arma bianca del capitalismo. La sensazione è che l’Italia sia diventata un test di laboratorio, la sperimentazione di come dissolvere uno Stato nazionale ed imporre modelli sociali e politici più funzionale alla globalizzazione apolide.E la sinistra sta scientificamente operando per questo, scardinando l’assetto demografico, sociale e culturale dell’Italia; accettando passivamente l’immigrazione incontrollata come fosse un disegno del destino e non uno “schema indotto” dal potere globalista. L’immigrazionismo è la nuova ideologia della sinistra italiana. Il nuovo approdo di una cultura debole che si arrende alla forza del potere tecnocratico. Ecco perché occorre smascherare l’ipocrisia umanitarista dei nuovi schiavisti.