Mai minare la propria casa


Il principio della libertà di opinione e di stampa è insito nelle Costituzioni di molte nazioni.
Sicuramente di tutte quelle che reputiamo, al pari della nostra, laiche, libere e civili.
Di certo non troviamo tali principi in nazioni dove vige la Sharia, o dove ci sono gruppi di potere che fanno discrezionalmente il bello e il cattivo tempo. Vengono a mente paesi come il quelli a guida fondamentalista sunnita, o alcuni staterelli dell’Africa nera.
Tale libertà in Italia è assicurato dall’art.21 della carta costituzionale che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” … omissis…
Detta disposizione, quindi, pone come irrinunciabile baluardo la libertà di opinione e stampa e, a differenza di quanto avveniva nel precedente periodo fascista quando i controlli sulla comunicazione erano penetranti, il costituente vieta ogni forma di censura.
Accertato quindi che la Costituzione intende perseguire la tutela della democrazia dando a tutte le parti, anche quelle minoritarie, la possibilità di illustrare liberamente le proprie posizioni, ci si chiede come sia possibile che la Camera dei Deputati abbia miopemente votato, e con una certa maggioranza, 261 sì – 122 no e 15 astenuti, ossia con a favore i voti del Pd (NDR: Emanuele Fiano è il primo firmatario del provvedimento) e della sinistra, contrari Forza Italia, Fdi, Lega Nord e M5S, una proposta di legge eminentemente incostituzionale poiché limita la libera espressione delle idee e, finanche, punisce penalmente le posture del corpo.
La legge Fiano, dal nome del primo firmatario, difatti recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici”.
Qualcuno avrebbe argomentato che la cosa è diretta discendente dell’estate “nera” appena trascorsa ma, a guardare bene, sembra inverosimile giustificare tale proposta legislativa nel senso di arginare alcuni recenti patetici accadimenti fieristici che hanno fatto solo rumore mediatico (ad es. le trovate imprenditoriali del titolare del lido di punta Canna a Chioggia) ma, a settantanni dalla fine del fascismo e della seconda guerra mondiale, si dovrebbe ben avere la serenità di discernere una bravata commerciale di un imprenditore del nord est, da eventuali concreti e sostanziali tentativi di ricostituzione del disciolto partito fascista.
La verità inconfessata è che la sinistra, riscontrato il progressivo raffreddamento degli italiani al suo progetto dello ius soli (teso ad assicurarle un nuovo bacino di voti nonostante l’insostenibilità sociale di una immigrazione massiccia e incontrollata), ha compreso che la causa di tale risveglio popolare è passata anche attraverso le tante opinioni diffuse in rete dalle piccole realtà editoriali e sui social network. La perdita di consensi è tale che ora si rende necessaria una crociata per ritrovare una identità, ingigantendo una stantia e superata contrapposizione tra fascismo e comunismo. Tale parte politica vorrebbe giustificare l’iniziativa legislativa intraprese con la proposta del deputato Fiano a causa di un preteso pericolo di ricostituzione di un presunto partito fascista e, così argomentando, nell’intramontabile principio del divide et impera, tenta di scaldare gli animi e ricreare due fazioni, quelli con la mano tesa e quelli altri col pugno chiuso, nonostante sia roba di altri tempi oramai ampiamente superata dallo scorrere degli eventi storici.
E per essere proprio sicuri che il popolo non possa aprire più gli occhi col passaparola informatico mettendosi di traverso come per lo ius soli, vuole far passare una norma che mira proprio a censurare quanto più democratico vi può essere nel nostro Paese (in uno all’espressione referendaria), ossia la voce della rete.
A ben vedere, quindi, si tratta di una proposta legislativa che è ben lontana dall’avere come scopo la tutela della democrazia da ogni possibile deriva antidemocratica. Anzi, guardando oltre il proprio naso, va proprio nel senso opposto alla democrazia e alla Costituzione.
I Padri costituenti, infatti, illuminatamente avevano inteso assicurare alla nascente Repubblica un ampio respiro pluralistico.
Anche la legge Scelba, solo pochi anni dopo la promulgazione della Costituzione, non intese introdurre sostanziali restrizioni delle libertà fondamentali, ravvisando rilevanza penale solo per eventuali tentativi di ricostituzione del partito fascista che fossero davvero più che concreti. L’attenzione del legislatore, infatti, non era rivolta ai singoli nostalgici del saluto a mano tesa o verso chi ostentava in auto un gagliardetto con l’effige del Duce.
Eppure si era solo a metà del secolo scorso quando gli animi erano ancora caldi per gli orrori della guerra civile conseguente alla contrapposizione tra fascismo e comunismo. Anzi si era in piena guerra fredda e ci si poteva allora attendere un tale atteggiamento restrittivo.
Tale linea moderata e illuminata, è via via pervenuta sino ai nostri giorni tramite le molte sentenze delle Supremi corti di giustizia. Esse hanno sempre distinto gli atteggiamenti nostalgici solo formali da quelli realmente forieri di preoccupazione di eventuali nuove dittature e non hanno mai inteso condannare solo per un saluto romano o per il “PRESENTE” dato alla lettura dei nomi dei caduti per questo o quel motivo.
La legge ora in discussione al Parlamento, lungi da apportare una vera protezione alla nostra Repubblica, aprirebbe invece scenari giudiziari costosi quanto inutili anche a seguito di semplici atteggiamenti goliardici (sarebbe molto discrezionale stabilire si tratta di goliardia, nostalgia o reale pericolo di ricostituzione del partito fascista). A fronte di tali dubbi benefìci potrebbe, invece, fare esplodere tensioni sociali a causa del suo tono oscurantista, inquisitorio e parziario nonché costituire un pericoloso precedente.
In Italia, infatti, sarà limitato anche solo pensare ed esprimere civilmente le proprie idee e, nella buona sostanza, tutto passerà sotto un discrezionale vaglio dando l’avvio alla promulgazione di leggi antidemocratiche e dittatoriali.
Un primo germe di tale spinta centrifuga è proprio il tentativo di imbavagliare la rete coi suoi social network ma anche la stampa di opinione indipendente che, non ricevendo i cospicui sovvenzionamenti invece assicurati alla informazione di regime, non può che svolgersi on-line.
Non a caso, come ben rilevabile dal testo approvato dalla Camera, le aggravanti puniranno in misura maggiore proprio chi si avvale di strumenti telematici o informatici.
Se passerà questa legge anche al Senato nessuno potrà più esprimere una opinione fuori dal coro.
Un atteggiamento illiberale che davvero si riscontra solo nelle dittature e che dovrebbe impensierire tutti, anche quelli che al momento potrebbero ritenere di averne un apparente vantaggio dall’approvazione di questa legge.
Perché i rapporti di forza nel tempo si modificano e i ruoli di martello e incudine la storia insegna si alternano ciclicamente e non sarebbe saggio per nessuno minare le fondamenta delle garanzie costituzionali della casa che comunque si rimane costretti ad abitare.