Le comiche finali


Siamo finalmente giunti alle ultime battute, anzi – dati i personaggi coinvolti – alle comiche finali.
La lotta interna al movimento dei pentapitechi vede approssimarsi la fase parossistica, quella che in termini vulcanologici prelude a un’esplosione piroclastica simile a quella che nel 79 d.C. sommerse Pompei di cenere e lapilli ed Ercolano e Stabbia di fango rovente.
Nel nostro caso la colata sui grillini non sarà di fango, ma di materia fecale molliccia e maleodorante comunemente chiamata merda, di cui i profluvi si spandono già da Genova fino alla Capitale.
La lotta intestina tra Giuseppi Conte e il padre fondatore Beppe Grillo è ormai senza esclusione di colpi, una vera e propria escalation di violenza verbale che non trova eguali nel mondo della politica, a meno di voler cercare modelli in alcune repubbliche centrafricane dove l’agone elettorale è normalmente una piscina colma del sangue dei contendenti.
Noi siamo più civili, certo, infatti (e per fortuna!) la schermaglia è limitata al solo aspetto verbale, ma questo ha ormai assunto toni talmente accesi che ci si aspetta da un momento all’altro l’evaporazione del Movimento 5 Stelle o per lo meno il suo sgretolamento in una galassia di schegge impazzite di cui è impossibile prevedere direzione e velocità di impatto.
La rissa verbale tra Conte e Grillo ha mostrato impietosamente il volto reale del movimento. Coloro che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, che giuravano di non superare i due mandati e di ripulire l’Italia dal malgoverno, si trovano adesso con le mutande in mano e ci mostrano l’unica cosa che davvero gli importa: il potere.
Si potrebbe capire se una lotta intestina investisse una forza politica (è già successo molte volte) a causa di discussioni di merito su riforme, progresso sociale, benessere del Paese, insomma per problemi reali. Ma qui il leitmotiv è puramente e banalmente “comando io o comandi tu”!
Dopo un primo momento in cui sembrava accondiscendere a quello che la maggioranza del movimento chiedeva, ossia la leadership di Conte, Grillo ha in seguito pubblicamente sfanculato l’avvocaticchio pugliese dichiarando all’urbe e all’orbo che non è adeguato, non ha i numeri per, non è in grado di, insomma, gli manca il phisique du role per ricevere la benedizione del “papà” del movimento, come si è bonariamente autodefinito.
Devo dire in tutta verità che sono d’accordo con il comico genovese. Il suo ultimo messaggio teletrasmesso in cui cerca di pacificare gli animi e smorzare i toni è pacato e coerente con quanto sempre asserito da lui. L’intento iniziale di Grillo ai tempi del Vaffa Day non era malvagio, anzi: in molti si sono accodati perché percepivano una buona idea dietro le parole trascinanti dell’istrionico comico donatosi alla politica. Purtroppo fu commesso un peccato di ingenuità: in primo luogo da parte della base che si stava formando, cui mancava la criticità necessaria per fare la tara a un discorso troppo idealista e di conseguenza utopico. Ma in seguito, cosa assai più grave, da parte dello stesso fondatore, che si lasciò trascinare dall’idea e sottovalutò le miserie umane che si celano dietro a ciascun supporter che si andava via via ad aggiungere alla folta comitiva. La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: gente incapace messa in lista ed eletta grazie a poche decine di consensi su una piattaforma gestita da uno dei più grandi manipolatori dell’era informatica: quel Gianroberto Casaleggio che ai tempi oltre al nascente movimento vendeva le sue consulenze a un altro partito (indovinate quale). Il voto di protesta massiccio causato dalle malefatte degli incapaci precedenti fece il resto. Così ci troviamo da tre anni con un Parlamento ingessato, una Capitale e un’altra metropoli governate da due sindache che come bertucce parlano, parlano e non concludono nulla. Torino si è persa i giochi olimpici per la paura di decidere della Appendino, Roma è in mano a gabbiani, ratti e cinghiali (questi ultimi anche a due zampe).
Nonostante ciò la lite furibonda in seno alla maggiore forza politica del nostro Parlamento verte su una mera volontà delle due anime pentapiteche di scornarsi all’ultimo sangue per stabilire chi reggerà il bastone del comando. Il potere per il potere. E senza nemmeno vergognarsi di ammetterlo!
Via la società dei Casaleggio (che già vide in Conte un pericolo per la stabilità del movimento, cercando di ostacolarne l’ascesa in tutti i modi), Grillo ha adesso bisogno di un altro modo di comunicare con la base, che da Crimi in giù non sembra più volerlo ascoltare.
I consigli del “grande vecchio” sono snobbati, per lo meno da quando egli stesso si produsse in un video vomitevole in difesa del figlio, il quale di tutto avrebbe avuto bisogno tranne che di quella difesa. I deputati 5 stelle della prima ora (escludiamo Di Battista cui rendiamo l’onore della coerenza) sono tutti in scadenza del secondo mandato e temono di doversi cercare un altro lavoro di qui a due anni. Naturalmente lavorare non è una cosa piacevole, soprattutto se confrontata a uno stipendio da nababbi e alla fatica di premere un pulsante in qualche votazione di quando in quando, pertanto i futuri disoccupati si sono schierati in buona misura sotto l’ala di Vito Crimi e minacciano addirittura di voler sfiduciare il fondatore del movimento. Aggiungo per la cronaca che il fatto che Grillo avesse a suo tempo previsto questa possibilità nello statuto segna un punto a favore della sua onestà intellettuale, anche considerando semplicemente l’ipotesi che avesse previsto la possibilità di ammararsi di Alzheimer.
Di tutt’altra moralità invece si dimostrano coloro che gli stanno voltando le spalle, dimostrando il solo e unico attaccamento a Mida e allo scranno cui si sono avvinghiati come le metastasi a un fegato. Noi vedevamo un ritratto, loro ci hanno mostrato il vero volto, quali novelli Dorian Gray, e come il personaggio di Wilde saranno – sono – già condannati.
E dire che sarebbe interessante, se non addirittura divertente, vederli in coda a uno sportello per chiedere il reddito di cittadinanza.
Cosa accadrà? Non è facile dirlo: nella storia della politica occidentale dell’ultimo secolo non ci sono precedenti. Certamente lo scontro provocherà una frammentazione e il blocco più grande potrebbe dare vita a una nuova formazione che, come una stella che esplode originandone altre, porterà al formarsi per lo meno di pianeti e satelliti, che presumibilmente orbiteranno in area PD.
E con ciò il gioco di Conte sarebbe ultimato, lui che solo tre anni fa si faceva fotografare ai convegni politici dei Dem in compagnia di Zingaretti e dell’altra nomenklatura. Ha sempre agito nell’ottica di ingrandire il dominio del PD e finalmente pensa di raggiungere il suo scopo, sebbene i risultati non saranno quelli sperati. Infatti il ricongiungimento tra due forze che solo due anni fa si odiavano (ricordate Di Majo contro il partito di Bibbiano e Zingaretti a fargli il verso spergiurando che mai si sarebbe alleato con loro?) non sfuggirà a un popolo di elettori che già non ne può più di tasse, di malgoverno e di epidemie amplificate e semieterne. E il popolo si ricorderà di loro quando avrà in mano l’arma più potente: la matita copiativa.
In definitiva, a parte i fuochi d’artificio che sicuramente vedremo, non ci sarà molto da divertirsi, soprattutto per Grillo ed (ex) compagni, i quali si sono ormai cacciati in un vicolo cieco dal quale sarà un’impresa uscire senza rompersi le ossa.
È ben noto infatti che per uscire da un cul-de-sac ci vuole un sac de cul, ma in questo momento non ci pare che questa sia una delle loro doti principali.