Mestieri riscoperti: intervista al liutaio Alessandro Marseglia


La liuteria è un’arte antica che sta vivendo un nuovo rinascimento e molti nomi si sono affacciati ed imposti nel nuovo millennio. Merito, certamente, di un rinnovato interesse per alcune arti e mestieri che, una volta diffusi, si stavano perdendo nel nome di una pretesa modernità.
Tra i nomi oramai ampiamente affermati nel panorama della liuteria internazionale degli artigiani costruttori di chitarre classiche, sicuramente spicca quello di Alessandro Marseglia che ha concesso un’intervista alla nostra rivista per guidarci alla scoperta di un lavoro che coniuga arte, scienza e manualità.
Lo abbiamo incontrato, con l’aiuto del M° Giovanni Di Sero ( che prossimamente firmerà alcuni pezzi per WeeklyMagazine), nel suo laboratorio atelier al n.2 di via Pisacane in Pozzuoli (NA).

WM: Buon giorno Alessandro (ci diamo il “tu” per semplificare).
Iniziamo subito chiedendoti qual è stata la molla che ti ha indotto a dedicarti alla liuteria. Sappiamo che nasci chitarrista.

A.M.: Ho cominciato da ragazzo a “mettere le mani” sulla mia chitarra elettrica e quelle degli amici. A 19 anni, quasi per gioco, decisi di tentare la costruzione di una chitarra elettrica, dopo pochi mesi fu pronta e la portai al negozio di strumenti di cui ero cliente a Napoli. Lì fu esposta e venduta dopo una settimana. Praticamente quello che sarebbe stato il mio lavoro, era già cominciato.
Successivamente, approfondendo lo studio della chitarra classica, mi sono appassionato anche alla costruzione dello strumento, sempre da autodidatta, “divorando” tutta la letteratura sull’argomento. Già mentre ero studente, ho venduto le mie prime chitarre classiche ma è dopo il diploma in Conservatorio che ho aperto ufficialmente la mia attività. In definitiva, non si è trattata di una scelta ragionata ma di un percorso totalmente spontaneo, dettato dalla passione per quest’arte.

W.M.: Com’era il panorama liuteristico partenopeo di quegli anni? Ci descrivi un po’ l’ambiente?

A.M.:Quando io ho cominciato ad affacciarmi a questo mondo, a Napoli era già famoso il nome di Ottavio Caiazzo, io lo ammiravo per quello che avevo sentito dire su di lui, anche senza conoscerlo. Quando decisi di cimentarmi seriamente con la costruzione della chitarra classica, pensai di contattarlo per commissionargli una chitarra per me, con la richiesta di poter assistere a qualche fase della sua costruzione. Sfortunatamente, non feci in tempo a conoscerlo, poiché la mia iniziativa cadde proprio nei giorni della sua scomparsa. 18 anni dopo però, il destino mi ha portato ad ultimare 2 strumenti che Ottavio aveva lasciati incompiuti, ma questa è un’altra storia.
Per il resto, a Napoli, non c’erano altri liutai di chitarra classica di particolare valore. Ormai erano al tramonto le scuole di Calace e di Jornini, che comunque, più che alla chitarra classica come la intendiamo oggi, si erano dedicati alla costruzione di chitarre “popolari”, concepite più per la canzone napoletana che per la musica classica. A questo proposito, resta un mio “pallino” quello di riprendere, un giorno, quel filone ormai abbandonato.

W.M.: Le tue prime chitarre, si ispiravano a qualche grande liutaio del passato (es. Torres) o sin da subito hai provato a sperimentare?

A.M.:la mia prima chitarra, che conservo ancora e uso personalmente, è praticamente la copia di una Fleta. Come ho detto prima, prima di cominciare, mi sono documentato studiando i progetti dei grandi liutai e avevo individuato in Fleta e Friederich i modelli a cui ispirarmi.
Detto questo, ho cominciato quasi subito a sperimentare soluzioni personali, soprattutto per l’incatenatura, ma sempre cercando di coniugare la tradizione con la sperimentazione. 

WM: Facciamo ora un salto di alcuni anni. Insomma dagli esordi a qualche anno dopo. C’è stato un momento e una persona che, col senno di poi, pensi siano stati davvero importanti per il prosieguo della tua professione? Insomma, c’è un momento di svolta?

A.M: La fortuna è arrivata quasi subito: alla mia prima mostra di liuteria a Mottola, ne 2000, portai 2 chitarre. Era presente Eduardo Isaac che rimase molto colpito da quella in abete, ordinandomene subito una. Nella stessa occasione, Thomas Kirchhoff, dopo aver provato le mie chitarre, mi invitò al suo festival di Iserlohn dove andai l’anno successivo. Lì fui catapultato in una realtà inimmaginabile allora in Italia: decine di studenti di alto livello da tutto il mondo e i principali chitarristi mondiali condensati tutti nello stesso luogo. Fu un’esperienza folgorante e le mie chitarre ebbero un successo al di là delle mie più rosee aspettative: in 3 giorni presi 8 ordini! Lo stesso Thomas disse che non aveva mai assistito ad un simile exploit da parte di un liutaio.
La vera svolta, comunque, è arrivata nel 2004, quando il grandissimo Aniello Desiderio mi ordinò la prima chitarra. Quello è stato per me un punto di arrivo, giunto molto prima di quanto mi potessi aspettare dalla vita. E’ una collaborazione che dura ancora oggi e che mi ha stimolato in una crescita continua.

W.M.: Nel frattempo il “mestiere” del liutaio, in verità un’attività che coniuga storia, arte e scienza, dove quindi sono necessarie competenze difficili da acquisire, si è trasformato. C’è stato, in particolare, forse anche grazie al mezzo elettronico (internet e i vari forum specialistici), l’affacciarsi di nuove persone che si sono dedicate alla liuteria. Spesso pubblicano belle immagini di loro realizzazioni. Ma, domanda quasi scontata, possibile che un hobbista con una buona manualità possa acquistare i disegni di una Torres e costruire una chitarra che, oltre ad avere un “bel mobile” sia pure “ben suonante”?

A.M.: Io stesso ho imparato tutto da me, quindi ti rispondo di sì, ma questo non fa dell’autore un liutaio professionista.

W.M.: Alla luce della tua risposta precedente, quindi, come giudichi queste nuove leve di liutai hobbisti? Ritieni che il fenomeno sia utile per indurne qualcuno impegnarsi nel professionismo? O lo ritieni un fenomeno che danneggia la liuteria professionale? 

A.M.: Credo che i 2 piani dovrebbero rimanere separati. Chi fa chitarre per hobby non dovrebbe venderle né essere messo nelle condizioni, dagli organizzatori di mostre, di competere con chi lo fa a livello professionale. Questo risulta disorientante soprattutto per i giovani studenti che spesso non hanno la necessaria esperienza per distinguere uno strumento professionale da uno che non lo è. Inoltre, la concorrenza sleale, commercialmente parlando, finisce per ostacolare il lavoro dei professionisti, in tutti i sensi.

W.M: E’ noto che la competenza di un liutaio tende a crescere nel tempo. Studio, prove, prototipi (qualcuno sicuramente riuscito non all’altezza delle aspettative) fanno sì che ci sia una naturale evoluzione professionale. Come sono cambiate le tue chitarre in questi ultimi anni? Te lo chiedo anche dal punto di vista dei materiali (legni, colle, etc.) e delle tecniche costruttive….

A.M.: Io ho sempre lavorato in maniera “scientifica”, sperimentando nuove soluzioni tecniche e progettuali allo scopo di migliorare i miei strumenti. Inoltre mi ritengo sensibile alle richieste e alle tendenze dei musicisti. Negli ultimi anni ho lavorato moltissimo per migliorare le qualità timbriche delle mie chitarre, recependo costruttivamente le critiche che mi sono state indirizzate. Alla luce dei risultati, sono convinto che la ricerca del volume e della qualità del suono non siano assolutamente in antitesi e vadano perseguite parallelamente. Con questa filosofia, sono aperto all’utilizzo di qualsiasi nuovo materiale e strumento di lavoro, ad esempio è noto che mi stia dedicando negli ultimi anni, alla costruzione con la tecnica del “double-top”, nella quale vedo enormi potenzialità, soprattutto in termini di qualità del suono. 

W.M.: In questo processo d’evoluzione, quanto hanno inciso eventuali diverse richieste dei musicisti? Ossia, le esigenze del chitarrista classico moderno sono cambiate, dal punto di vista dello strumento che desidera imbracciare, rispetto al chitarrista classico del secolo scorso?

A.M. Sono convinto che il liutaio e il chitarrista debbano collaborare strettamente il primo al servizio del secondo. Quando questa collaborazione funziona, le due figure arrivano ad influenzarsi a vicenda. A questo proposito vorrei citare una frase che sintetizza questo mio pensiero: “una chitarra, di per sé, non ha niente da dire ma rappresenta la voce dell’artista che, di volta in volta, la tocca. E’ tanto migliore quanto più fedelmente riesce a restituire le intenzioni musicali di chi la suona, arrivando, nei casi più felici, ad ispirarle.”
Da un punto di vista strettamente tecnico, è sotto gli occhi di tutti il livello raggiunto dalle nuove generazioni di chitarristi, anche grazie a chitarre che sono straordinariamente pronte nella risposta, ovvero sono capaci di reagire generosamente a livello sonoro, richiedendo l’immissione di meno energia, a tutto vantaggio della fluidità e dell’agilità, e anche della dinamica e della timbrica, a patto che il musicista sappia sfruttare queste potenzialità. 

W.M.: Raccontiamo allora ai nostri lettori come si svolte, di solito, il rapporto tra il musicista e il liutaio dal momento che lo contatta per farsi costruire un nuovo strumento….

A.M.: Ovviamente il rapporto col cliente inizia dalla prova delle mie ultime chitarre, in genere nel mio laboratorio o in qualche mostra. Sulla base del suo gradimento, egli decide se ordinarmi o meno una chitarra o se aspettare di provare qualche nuovo modello prima di decidere. Da momento dell’ordine alla consegna, passano circa 2 anni e mezzo. Durante l’attesa, il chitarrista è invitato a provare altre chitarre e a seguire l’evoluzione del mio lavoro e , in fine, a decidere quale dei modelli provati si avvicina maggiormente alla chitarra che vorrebbe che io costruissi per lui. Sulla base di queste indicazioni e di altre che nascono dal confronto verbale tra lui e me, progetto e realizzo lo strumento cercando di interpretare al meglio le sue esigenze. Una volta ultimato, il chitarrista può prendere tutto il tempo necessario a provare con cura lo strumento e decidere se acquistarlo o chiedermi di farne un altro con le modifiche che egli ritiene necessarie affinchè soddisfi pienamente le sue esigenze. In genere, se il lavoro è stato condotto bene durante l’attesa, il primo strumento risulta soddisfacente. 

Alessandro Marseglia (a sx) col M° Giovanni Di Sero (a dx)

W.M.: Dunque, ricapitolando, quante ore di lavoro possono volerci per realizzare una chitarra classica ?

A.M.:.Non ho mai fatto un calcolo delle ore, ma posso dirti che, lavorando a tempo pieno, riesco a realizzare non più di una decina di strumenti all’anno, facendo tutto a mano e senza usare semilavorati.

W.M.: Da quanto dici, mi sembra ora chiaro il perché dei prezzi della liuteria e che, ovviamente, uno strumento industriale, anche di fascia alta, difficilmente potrà eguagliare una chitarra di liuteria costruita su misura e secondo le specifiche del musicista. Detto ciò, tuttavia, a tuo parere quando è il momento per chi studia di rivolgersi alla liuteria?

A.M.: Io credo che che una chitarra professionale vada acquistata allorchè lo studente abbia deciso di proseguire lo studio per dedicarsi alla professione di musicista. Dovrebbe però avere una tecnica e un gusto musicale già abbastanza formati per riuscire ad operare una scelta consapevole, ma questa è una valutazione che spetta soprattutto al maestro di chitarra. Il consiglio che mi sento di dare è di non aspettare l’ultimo momento per ordinare la chitarra, poiché i liutai di un certo livello hanno tutti una lista d’attesa e si rischia quindi di non avere lo strumento entro le scadenze desiderate. Un’ultima cosa: come strumento intermedio, io consiglio uno strumento industriale di alta fascia piuttosto che uno strumento di liuteria mediocre o amatoriale, questo perché in negozio si ha ampia disponibilità di scelta e gli strumenti industriali di buon livello offrono quantomeno una certa garanzia di affidabilità e precisione.

W.M.: Dunque, ricapitolando, chi volesse contattarti come dovrebbe fare? Immagino che hai una lista di attesa …..

A.M.:I miei contatti sono ormai facilemente reperibili in internet. Al momento ho una lista di circa 2 anni e mezzo

W.M.: Parliamo adesso un po’ del futuro e se hai già in essere qualche novità di cui possiamo parlare ai nostri lettori, o accarezzi l’idea di qualche nuova avventura …

A.M.:Io lavoro cercando di perfezionare progressivamente il mio progetto ed è quello che sto facendo e farò nel prossimo futuro con i modelli double-top sia a piano inclinato che non. Per farlo mi aggiorno continuamente sui materiali e le tecnologie in continua evoluzione e resto sempre molto ricettivo agli stimoli dei musicisti. Accarezzo l’idea, come dicevo prima, di riproporre in chiave moderna la chitarra da posteggia tradizionale napoletana, anche se non so proprio quando ne troverò il tempo…

W.M.: Un’ultima domanda Alessandro. Nella tua bottega artigiana, hai collaboratori a cui stai insegnando la tua arte ? Insomma se un giovane, spinto da questa intervista, volesse intraprendere questo difficile percorso professionale, cosa dovrebbe fare? A chi si dovrebbe rivolgere? Sarebbe meglio iscriversi a una scuola strutturata come tale o andare a bottega da un liutaio come te?

A.M.: Io ho sempre lavorato da solo, molti mi definiscono un lupo solitario anche nella vita e forse la scelta di questo mestiere riflette questo lato del mio carattere.
Per il momento, mi sento ancora di avere molto da imparare, motivo per il quale non riuscirei a vestire i panni del maestro.
Avendo imparato quello che so fare da completo autodidatta, non saprei consigliare un percorso di studi a chi desidera cimentarsi con questo lavoro. Di una sola cosa sono certo: una grande passione è l’ingrediente principale.

W.M.: Bene Alessandro. Non posso che ringraziarti, a nome dei nostri lettori, per il tempo che ci hai dedicato. Sinceramente non conosco chitarrista classico (musicista, studente del Conservatorio o amatore più o meno evoluto) che non sogna ad occhi aperti quando pensa a chitarre di alta liuteria come le tue.