Speranza deve andarsene


Questo articolo è l’esatto contrario del ‘politically correct’. È stato scritto col preciso intento di lapidare una parte politica che non ritengo avversaria, ma nemica; non del sottoscritto, beninteso, ma del Popolo italiano, e come tale non degna di sedere in un Parlamento democratico, erede di una bimillenaria storia di civiltà.
Lo spunto è, come ormai quasi sempre accade, la serie di conseguenze generate dalla pandemia tuttora imperante a causa di una miscela letale di disorganizzazione, disonestà, ignoranza, malafede, ambizione, corruttela e incapacità gestionale.
Sto parlando, è ovvio, del ministro Speranza e di tutta la cricca che lo ha sostenuto e tuttora lo sostiene a discapito dell’intera Nazione e con il solo scopo di mantenere al suo posto uno dei più inutili ed incapaci ministri che l’Italia abbia mai annoverato.
Roberto Speranza, nato a Potenza il 4 gennaio del 1979, è laureato in Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli di Roma, con un dottorato in storia dell’Europa mediterranea. Credenziali di tutto rispetto per un docente di storia o per un ricercatore universitario, ma che non lasciano trasparire la benché minima conoscenza di medicina.
Attivo politicamente dall’età di venticinque anni (consigliere comunale nella sua città per i DS) si è fatto notare negli anni tormentati in cui il PD cambiava segretario come le mutande. Nel 2017, in rotta con il segretario rottamatore Renzi, forse per timore di essere rottamato egli stesso a nemmeno 40 anni, esce dal PD con un’allegra compagnia di frondisti, tra cui spiccano nomi dell’intellighenzia proletaria come D’Alema e Bersani. Nasce così Articolo Uno, partitino che non conta nulla ma che fa numero nelle varie maggioranze farlocche che si trasformano quotidianamente in un Parlamento alla deriva, e Speranza ne è il coordinatore.
L’anno successivo, vista la debolezza del suo gruppo, per poter essere eletto in Parlamento nella XVIII legislatura trasmigra in Liberi & Uguali che infatti lo candida a Potenza. Prende pochi voti e un sacco di legnate, ma l’uomo ha mille risorse e viene comunque eletto grazie ad una candidatura blindata in Toscana, dopodiché torna all’ovile e viene eletto segretario di Articolo Uno, carica che tuttora detiene.
Con governo giallorosso Giuseppe Conte lo nomina Ministro della Salute, mandandolo a sostituire in tale incarico la dottoressa Giulia Grillo, medico chirurgo. Non è dato a sapere quali competenze e quali meriti abbia potuto vantare per scalzare dal suo scranno ministeriale un medico, tuttavia in seguito alle critiche del leader della Lega Nord, Matteo Salvini, Mario Draghi ha affermato di averlo voluto personalmente come Ministro della Salute e di averne profonda stima.
Ma nei primi mesi del 2020 fa la sua comparsa su questo pianeta un morbo micidiale, il coronavirus SARS-COV 19, Covid per gli amici. Non ripeterò in questa sede la storia che già fiumi d’inchiostro hanno raccontato, ma è un dato di fatto che da allora, tra comitati di esperti che hanno succhiato milioni, consulenti e intermediari che hanno approfittato come sciacalli della situazione e commissari lestofanti che hanno lucrato sulla pelle degli italiani, i danni fatti dal ministro (ma proprio con quel cognome lo mettete a capo della Sanità italiana???) sono sotto gli occhi di tutti. Non ha saputo gestire l’emergenza pandemica se non barricando gli italiani nelle proprie case, proprio il contrario di quanto hanno fatto gli stati che ne sono usciti meglio. Ha perso per oro colato il mantra dell’OMS “Paracetamolo e vigile attesa”, cosa di cui prima o poi lui ed altri come il solone professor Galli dovranno rispondere agli uomini e a Dio, avendo probabilmente in questo modo agevolato la dipartita della maggior parte delle vittime del carognavirus. Il ministro all’Inutilità potrà sempre giustificarsi portando a sua discolpa l’assoluta imperizia in campo medico, il che lo pone nella stessa posizione di quel tale che dichiarò: “Ho fatto schiantare io l’aereo, d’altronde non ho il brevetto di volo!”
In realtà è tutta la banda del governo Conte 2 ad essere collusa, almeno moralmente, con chi ha personalmente la responsabilità dei danni e delle morti. Come ha giustamente dichiarato pochi giorni fa Daniele Capezzone, non erano capaci di governare. Come non sono stati capaci di bonificare prima 20 e poi 50 milioni (una miseria rispetto ai soldi buttati: meno di quanto speso per i banchi a rotelle) per i quali avremmo avuto lo stesso contratto con AstraZeneca che ha sottoscritto Boris Johnson, al quale questi dilettanti non hanno nemmeno il diritto di pulire le scarpe.
Ma per Speranza non finisce qui: dopo i casini che ha combinato con i vari lockdown, dopo aver trascorso l’estate a scrivere libri ideologici e intrisi di falsità anziché pensare ad arginare una probabile seconda ondata, non si è accorto di ciò che faceva Arcuri, dopo che non si è accorto che in Italia mancava dal 2006 un piano pandemico, dopo che non si è accorto delle bestialità commesse da Ranieri Guerra (come vedremo più avanti), i casi sono solo due. O sapeva tutto ciò e allora si deve dimettere di volata e prima dell’arrivo di un avviso di garanzia, oppure non se n’è accorto e allora si deve dimettere per manifesta incapacità.
La mia cattiveria mi porta a propendere per la seconda ipotesi, ma il risultato dell’analisi non cambia: Speranza se ne deve andare.
Ci sono anche altri motivi che mi fanno sperare nella sua repentina uscita senza ritorno dalla palazzina al numero 1 di Lungotevere Ripa, tra cui le posizioni trozkiste del medesimo rispetto ai rapporti tra chiusure e cultura di sinistra (vedremo più oltre), comprese le minacce di queste ore: “Chi non accetta il vaccino proposto passerà in coda a tutti”. D’altro canto “Io sono il potere” è il messaggio che emerge da quel capolavoro di libro pubblicato e ritirato alla velocità della luce. Quella luce che continua a negare di vedere in fondo al tunnel, offrendosi così alla mozione di sfiducia di Fratelli d’Italia nonostante la blindatura di un Draghi sempre più in difficoltà a sostenerlo, ma che lo deve tenere al suo posto se vuole mantenere lo status quo governativo. Anche perché la sinistra un cavallo di razza migliore non ce l’ha: giubilata la Grillo (che almeno era medico, santiddio!) e non volendo tornare – siano lodi al Signore – alla veterinaria che l’ha preceduta, le teste fine della gauche italica sono veramente al lumicino. Quindi il dr. Aghi ha dovuto tatuarsi un sorriso sulla faccia e imparare a memoria la canzoncina rituale di elogio.
Tuttavia, la recente decisione di rigiocare a Strega comanda colore volgendoci questa volta al giallo, ha visto il guru della nostra Salute immusonito sotto la mascherina (farlocca?) a fianco del Capatàz di palazzo de’ Chigi mentre quello snocciolava i perché di un cambio di passo che è sembrato più dettato dal furor di popolo che dalle statistiche. Statistiche che peraltro suonano sempre più come una moneta di latta dato che, dopo due mesi di contagi fermi a valori da peste nera, dopo due giorni di tafferugli ci narra che quei contagi sono scesi del 25%! Che sia la famosa statistica del pollo? Ma che provassero loro a mettere la testa nel frigo e il culo nel forno e poi a dirci che stanno statisticamente bene!
Infine risulta oltremodo lampante che Speranza debba ancor più velocemente andasene se a questo già ricco menu aggiungiamo le altre puttanate (scusate il francesismo, ma non trovo termine più calzante) combinate durante questi ultimi 13 mesi. A partire dai 140 respiratori non a norma costati 2,66 milioni di euro dei contribuenti e fatti arrivare dalla Cina grazie ai buoni uffici del suo compagno di merende D’Alema, presidente, seppur onorario, della società cinese venditrice, la Silk Road Global Information Limited. Ovviamente l’ex premier baffuto si è precipitato a dichiarare che per quella carica non riceve nessun compenso. Almeno ufficialmente. Tuttavia il potere si esercita anche così: quando ufficialmente non si hanno più incarichi ci si ricicla sempre in organismi e meccanismi che servono comunque a manovrare da dietro la politica per poi, magari un giorno, tornare in scena sotto i riflettori.
Lo stesso D’Alema, come ha dichiarato a “Il Giornale”, il 13 aprile, in una intervista il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti “… unico non cinese si accompagna a tre presidenti onorari cinesi che sono esponenti degli apparati del regime del Partito nazionalcomunista. Il loro obiettivo con la nuova via della Seta è la penetrazione della Cina in Europa attraverso il nostro Paese. Non è un caso che D’Alema sia stato uno degli sponsor della nascita del Conte II, definendolo sui quotidiani il più amato dagli italiani». Uno di loro è Zhang Wenkang, ministro della Sanità rimosso nel 2003 dal regime con l’accusa di aver nascosto la prima epidemia di Sars”. In effetti bastava dare retta a quel che scriveva a Giuseppe Conte l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli il 21 gennaio: Otto giorni dopo l’accordo sull’aumento dei voli tra Italia e Cina – da 54 voli a 108 voli da e per la Cina roba da 30mila persone a settimana – Borrelli avvertì Conte del previsto massiccio flusso di turisti cinesi e sulle analogie tra il nuovo Coronavirus e la precedente epidemia di Sars”.
Stiamo parlando dello stesso Governo, il Conte 2, che in piena pandemia invia qualcosa come 18 tonnellate di materiale medico-sanitario di protezione tra mascherine, tute, occhiali protettivi, guanti e termometri. Salvo poi rimanerne sguarniti noi, i nostri ospedali, i nostri medici, le nostre farmacie. Ovviamente per ricomprare, in seguito e sempre dalla Cina, una maxi commessa da 801 milioni di mascherine alla modica cifra di 1,25 miliardi di euro, ossia 1,56 euro ciascuna. Altro che i 50 centesimi bufalati da Conte in televisione al popolino pollastro, e alla faccia delle sempre più malridotte casse dello Stato italiano.
Anche la trasmissione “Report” di Rai 3 ci mette del suo del far partecipe l’Italia del tentativo di D’Alema per intervenire sul OMS e nascondere le “marachelle” del ministro Speranza e dei suoi predecessori nella nota vicenda del Piano pandemico nazionale, fermo al 2006 senza alcuna traccia degli aggiornamenti annuali obbligatori per legge, e del dossier dell’Oms sui piani pandemici sparito in 24 ore e che vede coinvolti Speranza, Ranieri Guerra, Brusaferro (comunque ancora sempre in TV) ed il capo di gabinetto Zaccardi. Il programma di Rai3 mette in relazione questo sms al ruolo politico internazionale che l’Italia stava tentando di ritagliarsi in vista del G20, la cui presidenza 2021 spetta al nostro Paese. Tra gli appuntamenti in agenda c’è il Global Health Summit, previsto per il 21 maggio a Roma e co-organizzato con la Commissione Ue, su cui Palazzo Chigi ha creduto molto sin dall’inizio, vista la centralità dell’Italia nella lotta alla pandemia. L’ipotesi dei cronisti di Report è che se il dossier di Zambon fosse stato divulgato così com’era, cioè con tanto di riferimenti a una reazione “caotica” e “improvvisata” della sanità italiana alla prima ondata, il prestigio del nostro Paese ne sarebbe uscito inevitabilmente intaccato. La trasmissione cita anche un altro documento riservato per ricostruire le relazioni di Ranieri Guerra: si tratta di una relazione inviata a Tedros Adhanom Ghebreyesus (il numero uno dell’Oms), in cui lo avvisava di aver incontrato il 26 maggio scorso l’ex premier Massimo D’Alema in modo tale da ottenere il suo “influente supporto” all’Oms”. Ricordiamo per completezza che Ranieri Guerra è legato a doppio filo con Speranza e il suo ministero e che Speranza non poteva, personalmente e istituzionalmente, ignorare i comportamenti del suo uomo all’OMS.
Insomma sta venendo a galla un intreccio tra politica e affari che vede coinvolto sia il ministro della Nullità che i “pezzi da novanta” a lui collegati da amicizia e interesse. Come il non-indagato fino a poco tempo fa (ma indagato non appena smesso il cappello di commissario al Terrore!) Domenico Arcuri. Il caro Mimmo, come lo chiama affettuosamente Speranza nel suo inquietante libro, che fu capace di ignorare oltre 540 offerte da altrettante aziende pur di avere da Benotti & C (dietro corresponsione di una piccola “commissione” da 80 milioni di euro) le mascherine cinesi taroccate che ora la Guardia di Finanza sta sequestrando in tutta Italia. Quelle che nel libro di Speranza secondo i suoi consiglieri “facevano un po’ schifo”.
Forse è per lo stesso motivo che Speranza si è affrettato a ritirare il suo libro (lo trovate comunque con un po’ di fatica su Amazon Francia o su eBay): si sarà accorto che era farlocco.
In effetti molte delle frasi scritte con una prosa elementare ma forzatamente drammatica suonano sinistre, e non solo politicamente. “È un libro di attualità e impegno civile” si autocelebra l’autore all’inizio, dopo aver dichiarato di averlo scritto “… nelle ore più drammatiche della tempesta, nelle lunghe notti in cui il sonno mi sfuggiva”. Che se si fosse riposato un po’ di più, magari certe cazzate non le avrebbe fatte.
Anche il titolo profetico “Perché guariremo, dai giorni più duri a una nuova idea di salute” segue il destino del suo contenuto: essere smentito di lì a poco dai fatti.
Ma altre frasi rubate da questo capolavoro ci illuminano sul pensiero dell’autore: “… le chiusure sono un’imperdibile occasione per far tornare a vincere l’idea di società della sinistra” (avete capito bene!) oppure quando dichiara di essere assalito dal panico quando vede due persone camminare per strada. Diciamo che per patologie di questo tipo non serve il lockdown: è sufficiente una visita dallo psichiatra. Ma la confessione finale, quella che ci mette tutti seduti di fronte a questo spettacolo d’uomo è quella a pag. 142: “Il Paese merita molto di più”.
Verissimo.

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Fonti:
Libero
il giornale
“Perché guariremo, dai giorni più duri a una nuova idea di salute” di R. Speranza