Che succede oggi in Italia (2a parte)


Tuoni e fulmini non sempre sono forieri di pioggia. Italia Viva continua a minacciare di staccare la spina al governo, ciò nonostante ha votato la fiducia al governo sulle intercettazioni e sulla prescrizione, sebbene sulla prescrizione abbia votato con l’opposizione. E’la tipica coerenza Genziana (“Se perdo lascio la politica”, ecc.) Incoerente? Probabilmente hanno ragione coloro i quali affermano che il Bomba fa fuoco e fiamme solo perché ha bisogno di visibilità per far crescere il suo partito fermo nei sondaggi: Certo il Pinocchio di Rignano non è capace di cantare nel coro, preferendo sempre il ruolo di primadonna. Il fatto è che l’ex rottamatore è il più sveglio nella maggioranza e riesce sempre (o quasi) a giustificare le proprie rotture con argomentazioni dannatamente valide, al cui confronto quelle dei suoi alleati sono brina al sole.
Renzi ha denunciato la paralisi della maggioranza imputandola alla necessità di una riforma dell’intero assetto costituzionale, affermando l’assoluta inadeguatezza del premier e dei grillini. La proposta è quella ormai nota del «sindaco d’Italia», ovvero una forma di presidenzialismo che garantisca governabilità attraverso un uomo forte al quale attribuire poteri ampi, se non pieni, eletto direttamente dai cittadini. È il pallino che l’ex segretario dem ha in testa fin dai tempi del referendum che gli è costato la poltrona. E’ possibile che non abbia imparato niente? No: sa benissimo che quel punto specifico era l’unico che agli italiani sarebbe piaciuto veder realizzato. Così l’ex rottamatore, da buon giocatore d’azzardo, punta tutto il un “All In” che ha ben poco del bluff, almeno nelle sue intenzioni. Egli sa benissimo che questa è l’ultima chance che ha di restare in politica in modo credibile, così in modo forse un po’ confusionario cerca di avere la moglie piena e la botte ubriaca. Per come vede lui il futuro della Repubblica, la testa del premier-per-tutte-le-stagioni sarà la prima a finire nel cesto, ma questo avverrebbe (ecco il capolavoro del miglior erede dei democristiani DOC!) non per un fatto personale, bensì per interessi superiori. Renzi si è accorto che l’abito che pensava di essersi confezionato su misura gli va in realtà assai stretto: si aspettava maggiore riconoscenza da Giuseppi, specie adesso che siamo in fase di nomine, come abbiamo già scritto. E proprio come sei anni fa quando, sempre ad inizio d’anno, l’allora segretario del PD lanciò il mantra «Enrico, stai sereno», oggi è convinto di poter spingere il suo azzardo molto in avanti perché suppone che i parlamentari faranno prevalere il proprio spirito di sopravvivenza e saranno disposti a qualsiasi alchimia pur di rinviare il momento della verifica elettorale e del conseguente probabile addio alle poltrone. Ma si sa: la supposta è una bassa insinuazione e questo azzardo potrebbe essergli fatale.
Intanto, da abile cavallerizzo della politica, si è inventato l’alibi migliore per restare in sella: riformare un Paese che non va più da nessuna parte. Come si nota, una causa ben più nobile del disinnesco delle clausole per l’aumento dell’Iva sul quale nacque il Conte bis.
Dunque, il duello tra l’ex premier e quello attuale è ormai arrivato alla fase più calda, ma Renzi sa che non può vincerlo da solo. Dopo tanto tuonare, Conte ha già indossato l’impermeabile. Pare abbia trovato santi in paradiso anche in Vaticano, dove altissime sfere si starebbero muovendo per trovargli un seppur sparuto gruppo di nuovi responsabili (ricordate Rzzi e Scilipoti?). I berlusconiani a rischio cadreghino negano di essere disponibili a simili inciuci, ma certamente una minoranza azzurra preferisce l’abbraccio del Matteo toscano a quello del Matteo lumbard. Il Pd poi è così terrorizzato dall’idea che il Bomba possa rimettersi in sella da preferire l’agonia coi 5 Stelle piuttosto che mettersi a riprogettare il quadro istituzionale, come in realtà gli converrebbe.
Le speranze di Renzi, che si trova in un momento di crisi che la scorsa estate non aveva nemmeno immaginato, sono quindi a destra. Forza Italia ci starebbe, qualche decina di grillini smarriti e disperati pure. Tra loro, forse, anche lo stesso Di Maio, ormai completamente ammortizzato e destinato allo smaltimento. Se Salvini decidesse di raccogliere l’invito, si realizzerebbe lo scenario profetizzato dal numero due della Lega, Giorgetti, lo scorso fine d’anno: un governo di ampia coalizione che faccia le riforme e porti l’Italia al voto. I numeri? Ci sarebbe da convincere la Meloni, che ripete di volere il voto e niente altro. Impresa tosta, ma un appoggio esterno o un accordo di non belligeranza glielo si potrebbe strappare. Ma l’alternativa al priano di Renzi non sarebbero le elezioni bensì, purtroppo, la prosecuzione dell’agonia di Conte e del Paese. Con patrimoniale, niente prescrizione, crescita sotto i tacchi, cantieri fermi, barconi in arrivo e sindaci come schegge impazzite che emettono ordinanze a pioggia senza il minimo senso (ma con l’appoggio del governatore, come a Taranto).
Certo, se Renzi si fosse reso conto la scorsa estate che il sistema non funziona e l’Italia ha bisogno di un governo che faccia le riforme, e se lo avesse detto pubblicamente anziché affrettarsi a far le scarpe a Salvini, oggi il suo accorato appello suonerebbe più credibile. Potremmo essere felici del suo ravvedimento, anche se lo ha fatto solo dopo aver votato per mandare a processo Salvini e avere imposto un ministro dell’Economia che tassa ogni cosa che si muove giustificandosi con il conto del Papeete da pagare. L’unica pioggia che hanno portato i tuoni del rottamatore è quella di letame caduta proprio sui destinatari del suo appello. Le scuse sarebbero gradite, magari prima del tavolo al quale i due Mattei si siederebbero per un bene superiore ma con obiettivi diversi: Salvini per votare entro l’anno, Renzi per tirare almeno fino al prossimo.