Spari a Capodanno: armi troppo facili?


Due incresciosi episodi hanno caratterizzato i festeggiamenti alla mezzanotte dello scorso 31 dicembre.
Pro loco di Rosazza, in provincia di Biella, il cenone dell’ultimo dell’anno al quale partecipavano alcuni esponenti politici nazionali di Fratelli d’Italia rischia di mutarsi in tragedia perché da un revolver di piccolo calibro (NDR: In foto in alto), arma legalmente detenuta da Emanuele Pozzolo, parlamentare di FdI, parte un colpo non intenzionale che raggiunge un convenuto a una gamba.
Afragola, piccolo centro tra le provincie di Napoli e Caserta. Un proiettile accidentalmente partito dalla pistola Beretta 84F (NDR: In foto in basso), a quanto pare illegalmente detenuta da Gaetano Santaniello, uccide la zia cinquantacinquenne.
Dunque due accadimenti, uno avvenuto al nord e uno al sud della penisola, che hanno in comune svariati elementi.
In entrambi, ovviamente, c’è la presenza di un’arma e forse, con i brindisi che attenuano i freni inibitori, la becera volontà di esibizionismo in un momento di festa. Indubbiamente, dal punto di vista giuridico, fa una certa differenza che in un caso la rivoltella fosse legittimamente detenuta mentre nell’altro fosse di illecita provenienza.
Drammatica, invece, la differenza dell’epilogo delle due vicende parallele: in un caso si è avuto solo un ferimento nell’altro, purtroppo, l’uccisione d’una persona.
Ma, puntualizzate le debite differenze e le assonanze, a seguito di tali fatti di cronaca è nuovamente rimontata l’onda emozionale di chi, a gran voce, auspica leggi più restrittive in ordine alle concessioni delle armi ai privati cittadini (NDR: Ne parla Antonio Rossello in un altro articolo di questo numero).
Ma davvero l’Italia è considerabile come il Far West?
Innanzi tutto, a premessa di ogni cosa e a scanso di equivoci, si ritiene certamente esecrabile il comportamento di chi ha esploso il colpo a Rosazza (NDR: non è ancora certo chi sia stato) che del Santaniello ad Afragola. Sia ben chiaro.
In tutti e due i casi, si tratta di un comportamento irresponsabile che denota la mancanza di qualunque basilare cultura del maneggio delle armi che vede, nel precetto di considerare un’arma sempre carica e pronta allo sparo, il primo comandamento.
Ma deve essere chiaro a chi legge che l’Italia non è alla stregua del Far West. Anzi l’Italia ha un corpus normativo tra i più prudenti al mondo in tema di armi e di rilascio di porto d’armi e i due casi non fanno statistica come casi emblematici di accadimento usuale e quotidiano.
Per il rilascio di un porto d’armi, infatti, è necessario superare una serie di esami sanitari e psicologici, non essere consumatori di alcol o droghe, essere incensurati nonché condurre una vita di specchiata moralità. Insomma si tratta di un percorso autorizzativo lungo ed approfondito e, per sintetizzare, bisogna avere gli stessi requisiti di un aspirante ai concorsi nelle Forze dell’Ordine.
Le due vicende di Capodanno sembrano sovrapponibili, almeno nella parte secondo cui entrambi gli spari sarebbero banalmente ascrivibili alla leggerezza di chi, forse con fare alterato da un brindisi di troppo, ha maldestramente maneggiato un’arma. Ma, senza voler attenuare le relative e diverse responsabilità, ovviamente ben maggiori nel caso dello sparatore di Afragola, esse avrebbero una genesi comune come di chi, alticcio, sia pure uno con patente e l’altro no, si fosse messo irresponsabilmente alla guida di un veicolo investendo una persona e ferendola nel primo caso e uccidendola nell’altro.
Gli incidenti, purtroppo, capitano anche per ragioni colpose (NDR: Cioè senza l’intenzionalità di fare danno) e, d’altra parte, non bisogna dimenticare che anche tra gli stessi appartenenti alle Forze dell’Ordine ogni tanto capita lo sparo accidentale (se non addirittura, talvolta, l’uso intenzionalmente lesivo verso sè stessi dell’arma di ordinanza), come le cronache ogni tanto riportano.
Quindi è sacrosanto chiedere di fare luce sulle responsabilità personali ma sarebbe illogico sostenere la tesi di non consentire più la vendita delle auto ai privati cittadini a causa delle stragi del sabato sera, di fatto criminalizzando tutti per il comportamento di uno, così come sarebbe assurdo disarmare poliziotti e carabinieri.
Del resto il nostro ordinamento giuridico penale, saggiamente, ascrive alla singola persona le conseguenze dei propri atti e non certo a un’intera categoria di cittadini.
A parere di chi scrive qui si parla di tragici eventi, che non dovrebbero mai accadere e da condannare senza alcuna attenuazione ma che, fortunatamente, sono del tutto statisticamente residuali rispetto a una casistica molto più vasta che vede, invece, detenzioni del tutto responsabili e irreprensibili delle armi per scopi sportivi, di collezione o di difesa personale nei casi previsti dalla legge.
E, del resto, la possibilità di procurarsi un’arma clandestina, come lo sparatore di Afragola dimostra, renderebbe inutile qualunque ulteriore intervento restrittivo sulle armi legalmente detenute dalle persone serie e responsabili su cui lo Stato, prima di concedere la possibilità di acquisto e porto, ha condotto accurate indagini sulla moralità e idoneità psicofisica e che, proprio perché si tratta di detenzione alla luce del sole, consente alle Istituzioni la piena ed immediata rintracciabilità dei detentori e di ogni passaggio di mano delle armi stesse.
Anzi, un eventuale proibizionismo sulle armi, al pari del divieto di vendita degli alcolici negli USA negli anni ‘30, non produrrebbe altro che l’incremento delle vendite delle stesse attraverso il mercato clandestino (NDR: Le armi clandestine sono regolarmente importate in Italia, e parliamo anche di armi da guerra come i fucili mitragliatori, seguendo le medesime rotte al pari di qualunque altra merce illegale come ad es. la droga) con le conseguenze che è facile immaginare di molte più armi clandestine circolanti e detenute illegalmente, ossia di cui nessuno conosce l’esistenza, e di un più ricco mercato a favore delle organizzazioni criminali che lo gestiscono.
Chi scrive, quindi, non è a favore o contro delle armi ma, sicuramente, è contro qualunque forma di decisione proibizionistica presa irrazionalmente sull’onda emotiva di un tragico avvenimento, specie se la cura si rilevasse poi peggiore del male.
Che poi, infine, dallo sparo di Afragola o, soprattutto, di Biella qualcuno voglia montare un caso politico è ancora un’altra storia e si lascia all’intelligenza del lettore il discernere se un intero partito può essere ritenuto politicamente responsabile o meno per un accadimento privato occorso a un suo esponente, peraltro prontamente sospeso dalla stessa leader Giorgia Meloni.