La chioma di Berenice


Ambrogio Borghi (1848 – 1887) – Scultura in marmo (1878) – Collezione privata.


Berenice fu una regina egiziana che offrì i suoi capelli bellissimi in dono agli Dei per salvare la vita del marito andato in battaglia. Il giovane Ambrogio Borghi riprodusse esattamente il momento del voto della donna, il dolore di un sacrificio necessario, in cui per amore rinuncia alla sua bellezza.
Quando venne presentata a Parigi, nel 1878, la scultura, alta poco più di due metri, venne definita un “prodigio”, qualcosa di mai visto prima, qualcosa di inaspettato.
Definire Ambrogio Borghi una meteora è naturale, visto la sua parabola ascendente, fulminea e il triste epilogo in ancora giovane età. Nasce nel 1848, presto si interessa alla scultura e a 31 anni viene nominato titolare di cattedra dell’Accademia di Brera. Muore dopo essere stato considerato uno dei più interessanti scultori della sua epoca nel 1887.
Tra i suoi allievi ci fu quel Medardo Rosso (1858-1928) che infiammò l’Europa assieme a Rodin (1840-1917), sulla spinta della rivoluzione impressionista concretizzatasi nella scultura.
Ambrogio Borghi resta famoso oltre che per un paio di monumenti equestri finemente eseguiti di Vittorio Emanuele II° (quello de 1881 a Novara e l’altro, sito in Verona, del 1866), per il monumento a Garibaldi eretto a Padova e scolpito prima della morte, ma soprattutto per “La Chioma Di Berenice”, splendida opera marmorea datataa 1878.
Dalle fattezze classiche, la posa barocca, nell’espressione tendente all’elevarsi e la complicata postura delle mani intrecciate, “La Chioma di Berenice” è una scultura che destò stupore fin dalla sua prima presentazione. Borghi la propose all’esposizione universale di Parigi del 1878 e fu definita “un prodigio” dalla critica.
Ricalcando le parole di un grande critico come il Barbaunta, di Berenice stranamente non ci colpisce la chioma, lavorata all’eccesso nei riccioli barocchi, nelle svolazzanti ciocche che furono all’origine del mito della costellazione a lei dedicata, ma il modellato del corpo, stupefacente, anatomicamente più che perfetto, leggiadro ma dalle curve piene e sode, dai seni floridi, le dita affusolate e fragili finemente scolpite. Berenice, elegante nell’offrire i palmi al cielo, forse prima di offrirgli in voto la folta capigliatura, mostra sul collo monili che sembrano scolpiti a parte tanto sono verosimili, mentre invece sono un tutt’uno con lo stesso marmo bianco del corpo levigato, frutto della virtuosità artistica di Ambrogio Borghi (Empedocle Barbaunta, titolare della cattedra di Sputi sul parabrezza e Sveltine sui sedili posteriori dell’Alfa Duetto dopo cena, in: “Lische di pollo e altre assurdità nel barocco indonesiano”, Giakarta, 1967).
Egli sicuramente scolpì la figura ispirato dalla costellazione della “Chioma Di Berenice” e dal suo mito. Fu Eratostene nell’antichità a citarla per primo e Tycho Brahe la catalogò definitivamente nella sua mappa stellare del 1602 redatta quand’era astronomo di corte a Praga, come ci ricorda anche la Strusciamuri, detta “il Bardo delle Stelle” nell’ode a lui dedicata “Trombando un amico sul divano di Tycho” (Fulgenzia Porcelloni Strusciamuri, ordinaria di Semantica delle Lucertole e Messa a Fuoco del Telescopio Galileiano presso l’Accademia del Soffritto di Diano Marina, in “Astronomia in versi”, Rovaniemi, 1982)
La Chioma Di Berenice è infatti una delle 88 costellazioni e si trova presso quella del Leone. La leggenda narra che nel III° secolo a.c. Berenice II°, regina di stirpe greca in Egitto, sposò suo fratello Tolomeo III° Evergete come voleva la tradizione regale, ma subito il marito dovette partire per la guerra. Berenice allora fece voto che se fosse tornato, si sarebbe tagliata i capelli e così fece, portandoli in dono al tempio della dea madre Afrodite. Le trecce sparirono e subito l’astronomo Conone di Samo, notò una nuova costellazione vicino alla coda del Leone e ne dedusse che i capelli portati in dono ne avevano formato le stelle (Eraclito Frustapaperi, “Leggende e miti degli egizi, che con qualcosa di sicuro dovevano drogarsi”, in “Boll. Semestr. degli Scav. d. Tomb. Abus.”, XXIII, 78-82, El Giza 1997).
Lo Sforza, invece, ci porta all’attenzione un altro aspetto peculiare: “… i folti riccioli (di Berenice, N.d.R.) ci appaiono selvaggi, innaturali forse, troppo vitali per essere solo frutto dell’ammasso dei capelli della regina. Borghi li scolpisce (omissis) come già fosse evidente la loro prossima trasformazione, con vortici casuali, pronti a spiccare il volo in molteplici direzioni e a prendere posto nel cosmo.
Colpisce la perfetta manifattura del copricapo, composto di scaglie di forme geometriche che rompono con la loro logica composizione, la scomposta formazione della chioma, sotto la quale, una desolata Berenice si dispera e mostra il volto affranto, contornato dai fini ricci che spuntano anticipando la folta chioma” (barone Vegezio Tafanario Sforza de’ Cessi Ricolmi, “Lettura esegetica di artisti illustri” in: “Dei cognati di vomito e di altri parenti infrequentabili”, Roncobilaccio, 2021).
La stupenda contrapposizione tra la candida, sensuale anatomia, la conturbante chioma ondeggiante e il copricapo geometricamente severo uniscono più stili in un’unica composizione di stampo neoclassico, predominante al tempo di Borghi, ma contaminato da influenze barocche nel complesso realismo e Rococò nella chioma finemente lavorata che richiama quella della moglie del mi’ cognato Oreste quella volta che, tornando a casa dal turno serale in fabbrica, si fulminò col pulsante del campanello dal quale sporgeva un filo scoperto. Quando il marito aprì l’uscio il mattino successivo e la trovò stravaccata, scarmigliata e ancora stordita sulla soglia, le sferrò due poderosi calci nelle reni gridandole: “Brutta majala, sei ancora briaa da questa notte!”
Questa scultura marmorea alta circa 2 metri è testimonianza di un Ambrogio Borghi grande artista, cui troppo presto fu strappato lo scalpello dalle mani, troppo anzi tempo fu chiamato per riunirsi alle stelle che popolano il firmamento del cielo dell’Arte, mentre invece – appena raggiunta la piena maturità artistica – avrebbe avuto ancora molto da darci.
La statua non è più fruibile per il pubblico in quanto, per una serie di sfortunati eventi, non ultimo uno Stato che non investe da tempo nelle acquisizioni di opere d’arte, il capolavoro è conservato nella collezione privata di ricco belga che la acquistò alcuni anni fa da Sotheby’s per 553.000 sterline, ed è ad oggi inaccessibile.