L’estasi di Santa Teresa


Gian Lorenzo Bernini (1598 – 1680) – Scultura in marmo – Roma, S. Maria della Vittoria.


L’Estasi di Santa Teresa d’Avila è una scultura in marmo e bronzo dorato di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra il 1645 e il 1652 e collocata nella cappella Cornaro su commissione del cardinale
Federico Baldissera Bartolomeo Corner, che fu anche patriarca di Venezia, per la cappella di famiglia presso la chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma.
L’eleganza, insieme alla teatralità dell’opera fecero sì che il Bernini la definì con una certa modestia come la sua «men cattiva opera» (dunque la migliore delle sue realizzazioni).
Egli dimostra qui tutta la sua maestria di scultore, capace di lavorare il marmo come fosse cera, con estrema attenzione ai particolari. La veste ampia e vaporosa della santa, lasciata cadere in modo disordinato sul corpo, è un capolavoro di virtuosismo tecnico, per effetto del quale il marmo perde ogni rigidezza e la scultura sembra voler contendere alla pittura il primato nella rappresentazione del movimento. Perfino il trattamento del drappeggio è, in Bernini, interamente nuovo. Invece di farlo ricadere con le pieghe dignitose della maniera classica, egli le fa contorte e vorticose per accentuare l’effetto drammatico e dinamico dell’insieme. Ben presto tutta l’Europa lo imitò.
La scena raffigurata nell’opera è, per la precisione, una transverberazione e non un’estasi, quindi la scultura è talvolta chiamata anche “Transverberazione di santa Teresa d’Avila”.
Cos’è una transverberazione? Ce lo spiega il Quagliottti (Aristarco Quagliotti, docente di fresselle in umido presso l’Enoteca Pinchiorre, in: “Mille modi per di’ che s’è pigliato nel baugigi” – Due Sture (AL), 1913): “La transverberazione o trasverberazione (dal latino transverberare, cioè trafiggere) o assalto del Serafino o, quando si manifesta esteriormente, ferita d’amore, indica, nella mistica cattolica, la trafittura del cuore con un oggetto affilato (freccia o lancia), da parte di una creatura angelica o di Cristo stesso. Non va confusa con le stigmate o piaghe d’amore, sia per la diversa localizzazione nel corpo, sia perché sarebbe accompagnata dalla visione dell’autore della ferita e da dolore morale oltre che fisico. Secondo san Giovanni della Croce, si tratta di cauterizzazione mistica fra la Trinità e la persona, paragonandola a una purificazione amorosa.”
Tra i casi più celebri quello di santa Teresa d’Ávila, il cui cuore sarebbe stato trafitto durante un’estasi da un angelo con una freccia infuocata (come rappresentato nella celebre scultura del Bernini). « Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.» (Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, XXIX, 13 – Traduz. di Geronimo Stilton in “Anche gli angeli tromban di tanto in tanto”, Gruyére, 1977)
Difatti, la metafora è di tale evidenza che non necessità di alcuna spiegazione (cfr. Dan Brown, “Angeli e demoni” – Mondadori, Milano, 2004), sebbene siano note in letteratura interpretazioni differenti. Ad esempio quella che studiosi della psicoanalisi come Marie Bonaparte hanno dato (proprio a partire dai resoconti di transverberazione lasciatici da Santa Teresa) all’esperienza dell’estasi mistica in termini di pulsione erotica che si esprime sublimandosi nel deliquio dell’afflato spirituale, ha condotto la critica a sottolineare in quest’opera di Bernini la bellezza sensuale e ambigua dei protagonisti, avvalorando così la possibilità di una sua lettura in termini psicoanalitici. Lo psicologo italiano Enzo Bonaventura fa riferimento a Cupido, evidenziando, a livello simbolico, un nesso tra la figurazione greca e la trasfigurazione religiosa nell’arte cristiana. Per provarne la legittimità, occorre solo richiamare la parola di Renan in viaggio a Roma, davanti a questo stesso gruppo statuario: «Si c’est cela l’extase mystique, je connais bien des femmes qui l’ont éprouvée» («Se questa è un’estasi mistica, conosco molte donne che l’hanno vissuta», Joseph Ernest Rennan: “Comment les saints aiment la saucisse”, St. Malo, 1873). Si potrebbe comunque ulteriormente citare il conte de Brosses («Se questo è amore divino, io lo conosco bene!»), il Marchese de Sade («Si stenta a credere che si tratti di una santa») o lo scrittore Veuillot («[Bisogna] espellere l’opera dal tempio… venderla… o farne calcina!»).
Collateralmente a quest’interpretazione che considera l’esperienza di Teresa, e la scultura che la ritrae, nei termini di quello che (per usare un’espressione di Georges Bataille) potremmo chiamare «erotismo sacro», si deve tuttavia osservare che l’approfondimento della biografia dell’artista napoletano ha recentemente messo nella giusta luce la sua religiosità; una religiosità che in quel periodo della sua vita (quando aveva circa cinquant’anni) si era rafforzata attraverso la pratica degli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, eseguiti sotto la guida dei padri gesuiti che egli frequentava
La straordinaria qualità estetica e l’intensa drammaticità del gruppo marmoreo è dunque da collegare alla personale ricerca spirituale di Bernini, al suo impegno a scoprire per sé stesso, per poi mostrare a tutta la comunità dei fedeli il senso di quell’amore espresso oltre ogni misura verso il Redentore, che trova esempio nella vita dei santi.
La chiesa di Santa Maria della Vittoria si trova al fondo di via XX Settembre, non lontano dal Ministero delle Finanze, dove il mi’ cognato Oreste ebbe a recarsi un giorno per appianare una questione sorta colla banca a causa di certi titoli di Stato acquistati tempo addietro in modo poco chiaro.
Dovendo aspettare l’ora dell’appuntamento col funzionario, la sora Argia, sua consorte, lo convinse a fare due passi e a visitare quella chiesuola tanto bellina (“Così si dice una preghiera alla Madonna, che magari ci aiuta”).
Recatisi nel sacro tempio e raccoltisi in preghiera nella cappella del Bernini rimasero abbacinati dalla magnificenza dell’opera barocca, tanto che l’uomo dopo un lungo sienzio guardò la moglie e le disse: “Sposa, non sarò un angelo, ma ti fo fa’ le stesse smorfie”, ricevendo di risposta un candelabro di mogano rivestito d’argento che la moglie gli troncò sul groppone.