Il peccato, olio su tela (1880)


Heinrich Lossow (Monaco di Baviera, 10 marzo 1843 – Schleißheim, 19 maggio 1897)

Questo quadro descrive un avvenimento realmente accaduto e documentato in un diario scritto in latino (chiamato Liber Notarum) da un protonotario apostolico di nome Johann Burchard.
Il tratto realistico del dipinto bene denota l’intento dell’artista di immortalare il gesto generoso e altruista del fraticello il quale, nonostante lo sbarramento meccanico causato dall’inferriata (arrugginita) profonde tutte le sue energie – con sprezzo del rischio di beccarsi il tetano – per salvare la povera suorina scivolata sur una buccia di cipolla lasciata improvvidamente cadere dal frate cuciniere (del convento di Hissarlik) che per un pelo non ne causa la rovinosa caduta.
Lo sguardo, spaurito ed estatico al contempo, della suorina palesa tutto il suo timore per la tenuta dei femori ma pure il fervido ringraziamento che sta elevando al buon Dio con la sua preghiera.
Domina il dipinto il contrasto tra il bianco del velo della suora e della candida pelle delle sue cosce e del volto e il nero delle tuniche dei religiosi. Tale effetto è accentuato dall’intricato gioco di ombre che coinvolge l’interno della chiesa: il corpo della suora e la zona della chiesa in cui si trova sono illuminati, il monaco e la parte dell’interno posto dietro l’inferriata sono in ombra, quasi a voler simboleggiare il timido altruismo del fraticello che salva da sicuro sdirupamento la giovane religiosa, la cui luminosa purezza l’artista ha voluto raffigurare con sì eccelso gioco di luci ed ombre.
Un’acquasantiera, appena abbozzata sulla sinistra, è pronta per i sacri lavacri di purificazione che i due (o per lo meno la suorina) compiranno tra breve.
Il quadro nella sua forza pittorica riconduce alla scena capitata al mi’ cognato Oreste quando la moglie Argìa scivolò sul paio d’etti di pancetta che il gatto aveva rubato dal frigo e trascinato per casa. Nell’afferrarla per le creste iliache lui le piantò le unghie nei fianchi mollicci borbottando: “Con tutto ‘sto popò di lardo se cadi rimbalzi, maremma sudicia!”