INAIL: Aumento degli infortuni nonostante la pandemia


“L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro” così inizia la nostra Costituzione.
Il lavoro è quindi un diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto e tutelato, tuttavia si continua a morire per lavoro e sul luogo di lavoro.
Questo fenomeno purtroppo non si è fermato nemmeno con il primo lockdown del 2020.

L’INAIL ha messo a confronto i primi cinque mesi del 2019, 2020 e 2021 e anche qui il Coronavirus ha spiegato i suoi effetti.
Dal primo confronto (e cioè tra i primi 5 mesi del 2019 e i primi cinque mesi del 2020) si è registrato un calo di denunce, questo calo è ovviamente fortemente condizionato dalla sospensione (a partire dal 10 marzo 2020) su tutto il territorio nazionale di ogni attività produttiva considerata non essenziale oltre che dalla contemporanea chiusura dei plessi scolastici e dalla difficoltà per le imprese di riprendere la produzione a pieno regime successivamente al primo lockdown.
Queste misure cautelari hanno avuto “l’effetto collaterale di ridurre l’esposizione a rischio di infortuni sul lavoro “tradizionali” (compresi quelli “in itinere”) abbattendone sensibilmente la numerosità rispetto al 2019, sia per i casi in complesso che per i mortali. A compensare tale fenomeno è però intervenuta una nuova generazione di infortuni sul lavoro, quella da contagio per Covid-19.” (fonte INAIL).
Sempre dal rapporto INAIL emerge che “scende nel 2020 la percentuale degli infortuni in itinere (circa il 14%, dimezzando il 28% degli altri anni del quinquennio). Per gli infortuni mortali accertati positivamente dall’Inail nel 2020 la quota più consistente (90,7% del totale, pari a 725 casi) si registra nella gestione Industria e Servizi. Sono 14 gli incidenti plurimi avvenuti nel 2020, per un totale di 29 decessi. Nel 2019, invece, gli incidenti plurimi avvenuti tra gennaio e dicembre erano stati 19, con 44 casi mortali denunciati (30 dei quali stradali). Come per gli infortuni, il calo rispetto al 2019 (61.201 denunce) è stato notevole, oltre 16mila casi in meno, pari al -26,6%”(fonte INAIL).
Anche in questo caso i dati del 2020 sono fortemente influenzati dalle misure di contenimento del contagio, così come per le malattie professionali dove è stato registrato un calo, l’INAIL osserva che “se la sospensione temporanea o la chiusura, nel corso dell’anno, di molte attività economiche ha da una parte ridotto l’esposizione al rischio di contrarre nuove malattie professionali, dall’altra, lo stato di emergenza, le limitazioni alla circolazione e gli accessi controllati a strutture di vario genere può aver reso oggettivamente difficoltoso, disincentivandolo o semplicemente rimandandolo, il ricorso ai presidi sanitari/amministrativi propedeutici alla presentazione della denuncia”.
Relativamente al periodo gennaio-maggio di quest’anno, in generale, si registra, rispetto all’analogo periodo del 2020, un aumento delle denunce di infortunio con una sostanziale parità di quelli mortali e una risalita delle malattie professionali.
“Le denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’INAIL alla data del 31 maggio di ciascun anno evidenziano per i primi cinque mesi del 2021 (oltre 219mila denunce) un incremento rispetto allo stesso periodo del 2020 (+5,7%, circa 12 mila casi in più) e una riduzione rispetto al 2019 (-18,6%, oltre 50Mila denunce in meno). Come detto, le variazioni tra i vari periodi possono risentire della presenza o meno degli infortuni da Covid-19” (fonte INAIL).
Nello specifico “il confronto con i primi 5 mesi del 2020 evidenzia per il 2021 un aumento sia degli infortuni in occasione di lavoro che di quelli in itinere (+5,2% e +10,0% rispettivamente). Al netto dei casi da contagio Covid-19, si registra un aumento complessivo ancora più accentuato (+14,4% contro il +5,7% al lordo dei contagi). In particolare, le denunce di infortunio avvenuti in occasione di lavoro (…) aumentano del 15%, triplicando l’incremento al lordo dei casi Covid-19 (+5,2%)” (fonte Inail).
Lo stesso Istituto sostiene che il 2021 si stia presentando come un anno particolarmente critico sul fronte delle morti sul lavoro “tradizionali”. Anche qui le conseguenze sono sconfortanti: “Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto tra gennaio e maggio 2021 sono state 434, 2 in più rispetto allo stesso periodo del 2020, l’incremento del +0,5% tra il 2021 e il 2020 è sintesi di un aumento del 5,9% (4 decessi in più) degli infortuni in itinere e di un calo del -0,5% (-2 decessi) di quelli in occasione di lavoro. Al netto dei casi da contagio Covid-19, sembrerebbe presentarsi nei primi cinque mesi del 2021, rispetto all’analogo periodo 2020, un aumento complessivo del 12,0%.”.
Le costruzioni e il commercio sono i settori maggiormente coinvolti da infortuni mortali in occasione di lavoro tra il 2021 e il 2020, al lordo dei casi Covid.
Ricapitolando i decessi in itinere nel 2021 scendono del 35,7% rispetto al 2019, anche come effetto del ricorso allo smart working, aumentando poi del 5,9% nel confronto con il 2020 mentre gli eventi letali in occasione di lavoro aumentano sia al lordo che al netto dei casi Covid.
Tra le prime cause di tali infortuni nel periodo gennaio-maggio 2021 abbiamo gli schiacciamenti di persona da materiali pesanti (travi, attrezzi, trattori) e le cadute (da impalcature, piattaforme, scale).
“A livello di gestione assicurativa, è soprattutto nell’industria e nei servizi (dove si registra quasi il 90% di tutti i casi mortali, quindi determinante nel trend complessivo) incrementi più consistenti dei casi in occasione di lavoro (+24,8%), incrementi confermati anche al netto dei contagi (+7,6%)” (fonte INAIL).
Dunque, alla luce dei dati emersi dalla disamina effettuata dall’INAIL (che comunque è condizionata dagli effetti del Covid-19 come ad esempio il ricorso alla smartworking) gli incidenti sul lavoro restano alti e con indici in aumento. Tuttavia tale analisi non può considerare gli infortuni anche mortali relativi al lavoro sommerso quindi le conclusioni sono ancora più pessimistiche rispetto a quelle poc’anzi descritte. Questo esito preoccupante dovrebbe far riflettere perchè sarebbe utile, oltre ad auspicabile, che le autorità competenti concentrassero le loro energie a valutare e vagliare gli strumenti utili a mitigare questo terribile fenomeno piuttosto che intervenire prevedendo pene più severe, in quanto il vero problema è a monte del sistema e non a valle. Personalmente non apprezzo l’inasprimento delle sanzioni come metodo di “prevenzione” perchè oltre ad essere poco attendibile è basato sull’incutere timore. Ritengo più utile una vera educazione alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che coinvolga tutte le figure datore compreso (il quale, nell’attuale normativa, non ha obbligo di formazione in tal senso).
Credo sia più profittevole istruire sui benefici (non solo per la salute fisica individuale dei prestatori di attività ma anche per la salute finanziaria di un’azienda) che si traggono dallo svolgere le mansioni lavorative in un ambiente salubre e confortevole anziché paventare pene pecuniarie e detentive che portano spesso alla chiusura delle imprese con danni che vanno dalla disoccupazione ai dissesti economici su larga scala.