Ministero Difesa, con la Trenta gaffe a go-go


Non è dato di sapere per quali effettivi miglioramenti tecnici sarà ricordato in futuro l’attuale Ministro della Difesa Elisabetta Trenta se non fosse, certamente, per le sue precipitose uscite e gli altrettanto numerosi dietrofront.
Ricordiamo giusto le ultime andando, come i gamberi, indietro nel tempo.
E non bisogna mandare indietro di molto le lancette dell’orologio per trovare l’ultima gaffe in tema di comunicazione del Ministero della Difesa visto che solo oggi (NDR: 4 maggio 2019, ore 11,47) un tweet proveniente da tale Ministero aveva trionfalmente asserito: “#4 Maggio Pescherecci italiani nel mirino delle Motovedette libiche salvati dalla #MarinaMilitare. Il Ministro @Eli_Trenta”.
Una notizia data trionfalmente ma che si rivela un boomerang essendo totalmente falsa. Insomma, una vera fake news.
Colpa del Ministro Trenta, si dirà, che invece di chiedere lumi alla Marina Militare, preferisce abboccare alla prima agenzia stampa che le viene portata in visione. Eppure è lei il Capo del Dicastero della Difesa e dovrebbe avere un filo diretto con i vertici della Marina Militare.
Andando indietro nel tempo, nei giorni scorsi la Trenta ha pontificato a sproposito sul “caso” del Generale B. Paolo Riccò che aveva abbandonato la cerimonia del 25 aprile tenutasi a Viterbo a seguito di un delirante è offensivo (verso le Forze Armate) discorso del Presidente della locale Sezione ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) che aveva sostenuto che le forze militari americane e quelle alleate (e dunque anche quelle italiane che il Generale Riccó rappresentava nella cerimonia di Viterbo essendo l’Ufficiale più alto in grado) avessero ucciso più civili che talebani in Afghanistan.
Il Ministro della Difesa (NDR: in foto proprio col Generale Paolo Riccò), anziché complimentarsi col militare per avere assunto un signorile atteggiamento di dissenso alle pesanti offese ricevute ritirandosi in buon ordine senza ribattere platealmente, ha pensato bene di aprire “una procedura d’accertamento dei fatti”, in pratica un fascicolo di indagine sull’alto Ufficiale, anche se sulla sua pagina Facebook ha poi detto: “Conosco il Gen. Ricco’ e lo stimo professionalmente; non conosco invece l’oratore, ovvero il presidente dell’ANPI locale Roberto Mezzetti, ma personalmente credo che entrambi abbiano adottato comportamenti non adeguati al contesto delle celebrazioni“.
Una uscita incoerente e, ancora una volta, precipitosa in quanto stimando Riccò, per sua stessa ammissione, allora avrebbe dovuto difendere l’operato dell’Uffciale e non metterlo sulla graticola avvalorando, di fatto, la tesi di chi invece l’ha offeso ed ha minato la positiva immagine del soldato italiano che invece tutto il mondo ci riconosce.
Inoltre essersi già espressa in maniera negativa sull’operato del Generale significa aver già deciso. Potrebbe mai la commissione di inchiesta del Ministro smentire il Ministro?
Dunque se Riccò sarà riconosciuto “colpevole” (come lo ha già giudicato la Trenta) aver istituito una procedura d’accertamento sui fatti è solo una operazione di ipocrita facciata. Se, invece, si stabilirà che l’alto Ufficiale ha agito nell’ambito delle sue prerogative, sarà il Ministro e io Ministero a fare una figuraccia. Insomma, in ogni caso, un bel autogol per la Difesa.
Andando indietro di sole due settimane, annotiamo un’altra improvvida uscita scaturita dalla precipitosa voglia di apparire del Ministro Trenta che affermava che in caso di guerra in Libia, tutti coloro che avrebbero attraversato il Mare di Sicilia avrebbero automaticamente avuto lo status di rifugiato e non di mero migrante salvo poi essere bacchettata dalla Meloni che, giustamente, ha precisato che sarebbero solo i libici a godre di tale diverso status ma non certo chi parte da Stati a sud della Libia e, scientemente, attraversa un Paese in guerra pur di venire in Italia.
Facendo girare le lancette dell’orologio ancora qualche settimana indietro, arriviamo alle pubbliche felicitazioni che il Ministro Trenta espresse a una coppia di militari gay che si erano uniti civilmente. Posto che ognuno nella propria vita privata fa ciò che vuole se non infrange la legge, ancora una volta si trattò di un’uscita improvvida del Capo della Difesa che, evidentemente, ha la fregola del protagonismo e Tweetta o pubblica post su Facebook infischiandosi del suo ruolo istituzionale che le dovrebbe consigliare prudenza e morigeratezza nelle esternazioni e di felicitarsi solo per i traguardi professionali e tecnici delle Forze Armate o di singoli militari ma di astenersi in merito alle loro vicende private. Non ci risulta, infatti, che il Signor Ministro si è ugualmente pubblicamente felicitata con le tante coppie di militari eterosessuali convolate a nozze. Dunque cosa ha voluto dire? Che l’omosessualità è per le “sue” Forze Armate un valore aggiunto?
Andando ancora a ritroso, arriviamo al “caso” della allieva pilota dimessa d’autorità dall’Aeronautica Militare qualche mese fa, a suo dire terribilmente vessata dai colleghi di corso. Una vicenda su cui, con solita pronta precipitosa “prontezza operativa”, il Ministro dichiarò di volerci vedere chiaro andando fino in fondo per fare piena luce sulle colpe di allievi e responsabili dei corsi, rei di aver perpetrato i primi gli atti di nonnismo e i secondi di non impedito i disdicevoli comportamenti vessatori lamentati dalla povera ragazza alla conclusione del suo primo volo da solista. Peccato che il Ministro non abbia speso quei cinque minuti cinque per informarsi di cosa è, in realtà, la cerimonia del pinguino e che la stessa ragazza, che si era lamentata di questi presunti atti di nonnismo solo dopo essere stata sbattuta fuori dall’Accademia per scarsa attitudine militare, era invece stata ripresa in alcuni video dove essa stessa era carnefice, diciamo così, piuttosto che vittima nel corso di analoghe felicitazioni rivolte ad altri allievi ed allieve.
Insomma non passa mese che la precipitosa voglia di apparire sui social del Ministro Trenta poi mette in imbarazzo lo stesso Ministero per i dietro front o perché sproloquia sulla base di notizie di fonte incerta se non, addirittura, confezionate ad arte per fare abboccare i semplici d’animo.
La domanda sorge spontanea: Possibile che non si riesca a far capacitare questa brava donna che quando si hanno responsabilità di vertice, come quelle di Capo del Dicastero della Difesa, si conta fino a mille prima di aprir bocca? È parere di molti, e noi tra questi, che questo atteggiamento di essere più reali del Re e di voler a forza propagandare un’immagine di adamantina purezza mediante una sorta di giustizialismo mediatico sommario, danneggia gravemente la Difesa in quanto un capo, e in special modo chi sta al vertice di una organizzazione militare, difende i suoi uomini, o almeno non li condanna pubblicamente, almeno sino a quando non ha inequivocabili certezze di loro inadeguatezza. E questo non sembra proprio il caso del Generale Paolo Riccò, fino ad ora militare con un curriculum di elevatissimo spessore umano e professionale di cui parla la stessa Trenta.