Spread, ossia quanto svendiamo l’Italia


I rapporti tra BOT, CCT, BTP, Spread e Deficit pubblico spiegati semplicemente. Come, dagli anni ‘90, i governi di sinistra hanno svenduto l’Italia agli stranieri.

 

In questi ultimi anni si sente molto parlare di Spread, specie come arma dialettica della politica. Significativo, infatti, é l’andamento di questo parametro nell’ultimo anno, specie dopo l’insediamemro del nuovo governo Salvini-Di Maio (NDR: In figura nel diagramma a corredo di questo articolo). Diciamocelo, non sempre é noto a tutti di cosa si tratta e se davvero l’innazamenro di tale indice é premonitore di sciagure. Di certo c’è che non serve a nulla ascoltare interminabili talk show di Politica se poi nessuno spiega di cosa si parla. Ma, per arrivare al concetto di spread, bisogna spiegare un paio di altre voci.

I BOT sono i così detti “Buoni ordinari del Tesoro”. Sono obbligazioni (bond in inglese, finalmente ecco spiegato un altro termine), ossia titoli di debito emessi da società o enti pubblici a durata breve, vale a dire che scadono e vengono rimborsate abbastanza rapidamente dopo un periodo che va dai tre, ai sei, fino ai 12 mesi. I BOT vengono offerti al pubblico «a sconto», ossia con un prezzo inferiore al valore nominale che sarà pagato al momento del rimborso. A differenza di altri titoli, non staccano cedole, vale a dire gli interessi pagati periodicamente all’investitore (cioè a chi li acquista). Il rendimento sta quindi nella differenza tra il prezzo di acquisto e il capitale rimborsato alla scadenza. Diciamocelo subito, i BOT sono lo strumento principe del risparmio delle famiglie in quanto lo Stato italiano, che li pone in vendita, garantisce alla scadenza il capitale. Il risparmiatore, cioè, non rischia nulla mentre lo Stato usa i suoi soldi.

I CCT, i Certificati di Credito del Tesoro, hanno invece durata di sette anni e cedole variabili semestrali, legate al rendimento dei Bot a sei mesi più una maggiorazione. Si tratta, quindi, di obbligazioni di più lunga durata (settennale) ma ancora con tasso sostanzialmente legato all’andamemto dei BOT. Il loro rendimento, su cui si pagano le cedole ogni sei mesi, è infatti pari al rendimento dei BOT semestrali nell’ultima asta che precede il godimento della cedola. Proprio per tale ragione, i CCT sono ancora titoli di stato interessanti per il risparmio delle famiglie pur avendo scadenze molto più lunghe rispetto ai BOT.

I BTP sono invece i “Buoni del Tesoro Poliennali”. Essi hanno una scadenza più lunga dei Bot. Esistono diversi tipi di scadenze dai tre, ai cinque, ai 10, ai 15, fino ai 30 anni. Offrono cedole semestrali a tasso fisso. Il rendimento finale è composto dalla differenza di prezzo tra il valore nominale pagato al momento del rimborso e il valore all’emissione a cui si aggiunge il tasso della cedola. I BTP sono lo strumento tipico degli investitori, ossia di quei soggetti pubblici o privati, che intendono far fruttare il capitale accettando il rischio di vederlo intaccare da un eventuale andamento negativo dei tassi di mercato. Nella buona sostanza, se si investe un capitale di 100 con un tasso di rendimento all’atto dell’acquisto dei BTP del 3,5% ma al termine della scadenza il tasso di rendimento é saluto al 5%, ecco che si verifica una perdita del 1,5% sul potere di acquisto del capitale a suo tempo investito. É quindi chiaro che questo strumento, più che garantire il risparmio delle famiglie, risulta interessante per gli operatori professionali, che speculando sulla variabilità negli anni dei tassi ed accettando un certo rischio di andare in perdita, intendono fare soldi dai soldi.

Lo SPREAD non é altro che una parola inglese, usata anche in Italia nel linguaggio politico o finanziario, per indicare la differenza di rendimento tra due titoli di stato. Solitamente, quello che viene sbandierato dai politici nostrani per sostenere le proprie tesi, é quello che mette a confronto gli italianissimi BTP Italiani e i Bund tedeschi, entrambi su una base temporale del rendimento a 10 anni. Ad esempio, se un BTP con una certa scadenza ha un rendimento del 7% e la corrispettiva Bundesanleihe tedesca con la stessa scadenza ha un rendimento del 3%, allora lo spread sarà di 7 − 3 = 4 punti percentuali ovvero di 400 punti base. Dunque più il titolo di Stato italiano viene percepito dagli investitori rischioso, più è costretto ad offrire tassi d’interesse elevati per attrarre acquirenti. Di conseguenza lo spread con i Bund, in termini di punti base, si amplia.

Chiariti questi concetti di base, cerchiamo di comprendere come negli anni siamo diventati schiavi degli investitori stranieri e dello spread (le due cos’è vanno a braccetto). Sino agli anni ‘80 il debito pubblico italiano era costituito per circa il 90% da BOT e CCT, ossia da obbligazioni acquistate da mani italiane e sottoscritte dallo Stato per garantire i risparmi delle famiglie italiane. Ricordate? L’economia “tirava” ed era l’epoca degli Yuppies. Successivamente, i vari governi che da quegli anni si sono succeduti:

XI Legislatura (23 aprile 1992 – 16 gennaio 1994): Governo Amato. Governo Ciampi. XII Legislatura (15 aprile 1994 – 16 febbraio 1996): Governo Berlusconi. Governo Dini. XIII Legislatura (9 maggio 1996 – 9 marzo 2001): Governo Prodi. Governo D’Alema. Governo D’Alema II. Governo Amato II. XIV Legislatura (30 maggio 2001 – 27 aprile 2006): Governo Berlusconi II (dall’11 giugno 2001 al 23 aprile 2005). Governo Berlusconi III (dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006). XV Legislatura (28 aprile 2006 – 6 febbraio 2008): Governo Prodi II (dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008). XVI Legislatura (dal 29 aprile 2008 al 23 dicembre 2012): Governo Berlusconi IV (dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011). Governo Monti (dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013). XVII Legislatura (dal 15 marzo 2013 al 22 marzo 2018): Governo Letta (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014). Governo Renzi (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016). Governo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016 al 1 giugno 2018).

seguendo la strada dell’internazionalizzaizone del debito pubblico tanto cara alla sinistra (del resto è parte della teoria della globalizzazione), hanno, di fatto, sostituito la consistenza del debito pubblico italiano dai BOT e CCT, ai BTP. Tale sostituzione, che come si può notare dalla successione dei governi sopra riportata ha matrice di centro sinistra, é stata portata avanti giocando su due fattori sinergici. Da un lato i rendimenti dei BOT sono scesi sino a diventare negativi (ossia investo 100 per riprendere 99), disincentivandone di fatto l’acquisto da parte dei risparmiatori italiani che si devono accontentare di tassi minori possibili scaturiti da aste competitive, ma anche incentivando gli investitori esteri consentendo loro di fissare i tassi di rendimento alle aste dei BTP ma anche assicurando loro il tasso marginale più elevato possibile. Insomma verso gli italiani imponiamo tassi di rendimento bassisssimi se non anche negativi mentre verso agli stranieri elargiamo i tassi di rendimento più elevati possibile.

Tale autolesionistica strategia ha funzionato così bene che oggi ben oltre il 70% del debito pubblico é costituito da BTP (mentre i BOT e i CCT coprono solo l’11% del deficit), obbligazioni in buona parte in mani di speculatori stranieri, siano essi grandi gruppi finanziari (direttamente o indirettamente, tramite banche che di italiano oramai hanno ben poco) o addirittura nazioni finanziariamente molto speculatrici come la Cina.

La conseguenza di tutto ciò, ora dovrebbe essere chiaro, é che se da un alto non abbiamo più il controllo del debito pubblico, poiché finito in buona parte in mani estere, dall’altra paghiamo tassi di rendimento così elevati che difficilmente ci consentiranno di ridurre il deficit. D’altra parte gli Stati e i grossi speculatori stranieri non hanno alcun interesse che noi riduciamo il debito pubblico nazionale ma, anzi, il loro obiettivo é che restiamo soggiogati al loro laccio finanziario.

E in questa situazione capestro, ma si dovrebbe dire di strozzinaggio estero a cui noi stessi abbiamo accondisceso, si inserisce lo spread che, misurando la propensione degli investitori stranieri ad acquistare i titoli di stato italiani, diventa lo strumento perfetto di propaganda politica, ma meglio si dovrebbe dire di terrorismo psicologico, contro un governo che é contro la globalizzazione, contro l’internazionalizzazione del debito nazionale, che vuole riportare il deficit nelle mani degli italiani e intende elevare per i prossimi tre anni il rapporto deficit pubblico / PIL, il Prodotto Interno Lordo, dal 2,0% al 2,4% contro il parere della UE. Nella buona sostanza, ora che c’è in Italia un governo sovranista, agli speculatori stranieri cresce il timore di non potere continuare a lucrare col nostro deficit in piena libertà con la conseguenza che diminuisce la loro propensione ad acquistare le obbligazioni italiane. Per incentivarli, sono allora necessari tassi di rendimenro più elevati dei BTP per cui si divarica la forchetta coi Bund tedeschi e lo spread sale.

Lo spread, in questo senso, diviene quindi il parametro che misura la svendita dell’Italia agli interessi esterni al paese.

A questo punto sorge spontanea la domanda se ci deve davvero preoccupare l’aummento dello spread e se risulta impossibile affrancarsi da esso. La risposta, come sostiene lo stesso Salvini, é no. Ma bisognerebbe aggiungere: a patto che sia ancora possibile invertire questo circolo vizioso e tornare a finanziare con soldi per lo più italiani il debito pubblico nazionale. Si può fare? Forse si, fissando un tasso di rendita dei BOT di qualche punto superiore al tasso di interesse dei conti corrente bancari, ma comunque inferiore al tasso di rendita dei BTP che oggi concediamo agli stranieri. L’instaurarsi di questo circolo virtuoso farebbe conseguire un deciso risparmio alle casse pubbliche (soldi che si potrebbero ben reinvestire nel rilancio dell’economia italian) e riprendere il controllo della situazione del deficit nazionale in mani italiane.