Una ignobile presa in giro


La Procura militare di Roma ha aperto un’inchiesta sulle violenze compiute nel Lazio meridionale, a cavallo tra il 1943 e il 1944, dai soldati delle truppe coloniali inquadrati nel Corps expéditionnaire français. Si tratta delle vicende passate alla storia con il termine di “marocchinate”, proprio perché la maggior parte degli autori erano di nazionalità marocchina, i cosiddetti “goumiers”. Vicende rese ancora più tristemente famose dalla penna di Alberto Moravia ne “La Ciociara” e dal film-capolavoro di Vittorio de Sica che valse l’Oscar a Sophia Loren.
La decisione della Procura militare di Roma è stata presa dopo una denuncia formale presentata dalla “Associazione vittime marocchinate di goumiers” e dal suo presidente Emiliano Ciotti, per il tramite dell’avvocato Luciano Randazzo. «È la prima volta, dopo 75 anni, che viene aperta un’inchiesta vera e propria – commenta il legale – Chiediamo che si proceda nei confronti degli ex militari facenti parte di quel Corpo di spedizione per la violazione dei reati contro l’umanità e per crimini di guerra. A Nizza esiste una associazione di reduci dei goumiers, ma la Francia non ha voluto mai far luce su quelle vicende».
Il procuratore militare di Roma Marco De Paolis ha affidato i primi atti dell’inchiesta a due ufficiali di polizia giudiziaria, un uomo e una donna, ma per il momento dagli uffici di Viale delle Milizie non trapelano particolari. La denuncia è stata trasmessa anche al Promotore di Giustizia del Vaticano, perché le violenze vennero perpetrate anche in danno di alcuni sacerdoti. In particolare, negli anziani di Esperia, un paese a poca distanza da Montecassino, è ancora viva la memoria del parroco dell’epoca don Alberto Terrilli: quando i soldati marocchini si presentarono in paese, don Alberto nascose alcune donne in sagrestia, ma venne scoperto e lui stesso sottoposto a torture e sevizie per un paio di giorni, tanto che poco dopo morì per lo sfinimento.
«Per la nostra comunità – sottolinea proprio il sindaco di Esperia, Giuseppe Villani – si tratta di una ferita ancora aperta, sia per la generazione che ha vissuto sulla propria pelle le violenze e ha assistito ad ogni tipo di brutalità, sia per le generazioni successive che conoscono quelle vicende e sentono il dovere della memoria».
Qualche chilometro più in là, sempre in provincia di Frosinone, Pontecorvo è uno degli altri 24 Comuni colpiti da quelle barbarie. «L’apertura dell’inchiesta – commenta il primo cittadino Anselmo Rotondo – non può che farci piacere. Siamo felici del fatto che si possa arrivare a fare chiarezza, anche perché si mantiene viva la memoria».
A Pontecorvo c’è anche una stele, cchiamata “della vergogna”, che reco: scritta “Ici ont repose 175 soldats francais tombes glorieusement 1943 – 1944. In memoriam”, perché proprio in quel punto furono seppelliti i soldati marocchini caduti sulla linea Gustav. Una stele che il Comune conta di far rimuovere quanto prima, per realizzarne invece una “alla memoria” delle vittime delle sevizie.
Una memoria che rimanda al maggio del 1944, quando il comando degli Alleati decise di affidare al generale Alphonse Juin il compito di aggirare la linea Gustav. L’ufficiale francese comandava anche 12.000 goumiers, marocchini e algerini, specializzati nella guerra di montagna. Prima di accettare l’incarico, però, Juin ottenne dal comando anglo-americano 50 ore di carta bianca per i suoi uomini. E furono 50 ore di inferno in tutti i paesi tra la Ciociaria e il golfo di Gaeta, con più di duemila donne stuprate (anche ragazze e perfino bambine di 12 anni) e 600 uomini sodomizzati.
Fin qui la notizia, riportata anche dai quotidiani nazionali (per fortuna!).
Ora però ci chiediamo: perché il generale francese chiese (ed ottenne) questo barbaro consenso dai suoi superiori? Forse sapeva che sarebbe stato l’unico modo per tenere a bada una marmaglia insoddisfatta, in cerca di bottino più che di gloria? O che i goumiers erano usi a queste nefandezze, retaggio forse di usanze tribali?
E perché il generale Juin non venne mai nemmeno messo a rapporto dopo le atrocità commesse in quei due giorni dai suoi scherani?
E’ sperabile che l’inchiesta ordinata dalla procura militare faccia almeno luce su questo. Sui perché e magari sui nomi dei colpevoli. Poiché siamo certi che nessuno dei superstiti andrà in galera e ci viene oltremodo il dubbio che tutto questo tempo, questi 43 anni di silenzio, siano stati in qualche modo ‘voluti’ per non turbare un alleato di cui da decenni siamo succubi, servi, vassalli, proni a leccare i suoi stivali sporchi del fango delle nostre strade e del sangue delle nostre figlie.
Dovremmo ricordarcene quando qualche galletto d’oltralpe vestito da pinguino osa apostrofarci come ‘vomitevoli’.
E’ ora di gridare Liberté, Egalité… ma anche un po’ di giustizia per me!