Stranieri in casa propria


A Palermo in questi giorni si è vissuta un’atmosfera surreale. Figurarsi, il profondo e cattolicissimo sud costretto ad abiurare la religione cattolica. E, invece, è proprio quanto accaduto in una scuola del capoluogo siciliano dove il dott. La Rocca, solerte preside dell’Istituto “Ragusa Moleti”, ha firmato una circolare dove non solo ha ordinato di rimuovere le effigi della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù dalle aule (finite, a quanto pare, nei bagni della scuola) ma ha anche vietato a studenti e professori di poter liberamente pregare all’inizio delle lezioni.
Ma ai genitori degli studenti, fortunatamente, non è stata bene tale presa di posizione del dirigente e, al mattino dopo, hanno fatto entrare i propri figli ostentando il Rosario e il Crocifisso al collo o non li hanno fatto entrare facendoli rimanere all’esterno della scuola raccolti in preghiera.
Arretrata bigotteria? Non lo si può credere. Piuttosto una protesta nei confronti di un sistema che è matrigno nei confronti dei cittadini italiani e particolarmente indulgente nei confronti di chi è accolto nella nostra povera Italia.
D’altra parte, come ben hanno stigmatizzato i genitori, la scuola ha problemi ben più gravi che la rimozione dei simboli religiosi ma aule fatiscenti ed orari che non favoriscono lo studio dei ragazzi sono priorità evidentemente secondarie agli occhi del dirigente scolastico.
Fa eco a questa vicenda quella occorsa solo un paio di settimane or sono a Vicenza dove, in concomitanza della festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale del 4 novembre, è stata inopinatamente cancellata la programmata messa a suffragio dei militari caduti nella Grande Guerra.
A sentire dire le istituzioni locali politiche e scolastiche la decisione è stata presa per via della massiccia presenza di alunni islamici che non avrebbero partecipato alle celebrazioni religiose cristiane e quindi allo scopo di massimizzare la presenza degli studenti alle attività offerte.
Anche in questo caso, tuttavia, una scelta ben strana di accondiscendenza nei confronti di una parte della popolazione straniera ma una chiara prevaricazione su quella autoctona e a cui ha fatto seguito la protesta di molti cittadini italiani.
Due luoghi distantissimi tra loro ma due avvenimenti che hanno del fantascientifico: azzerare, con la supponenza di un potere prevaricatore, le istanze morali della popolazione indigena in favore delle supposte necessità di una novella comunità straniera che, probabilmente, non chiede neppure tutto ciò.
Ed è a causa di questo scellerato “sentire” degli amministratori della “res publica”, la cosa pubblica ossia lo Stato, di questi dirigenti che si affannano a proporsi “più realisti del re”, che siamo oramai giunti a poca distanza da un vero e proprio scontro di civiltà.
Un confronto che, purtroppo, non si preannuncia affatto sereno.
Bene hanno fatto, in tal senso, le altre nazioni. Non solo gli Usa o anche il civilissimo Canada, ma anche molti paesi europei che, innanzi tutto, hanno voluto salvaguardare le specificità culturali ed etiche del proprio popolo, per non parlare del chiaro intento protezionistico dato al mercato del lavoro offerto ai loro cittadini. In tali nazioni, che spesso citiamo come esempi di welfare, i politici non si sognano neppure di autorizzare una immigrazione selvaggia e insostenibile a spese del proprio sistema paese.
Per carità non sarà colpa degli immigrati, che talvolta fuggono dai luoghi martoriati da guerre e carestie, ma è certamente colpa dei nostri politici se con sempre maggiore frequenza vi saranno scontri sociali. La verità è che si è tirata troppo la corda e invece di portare il necessario aiuto per lo sviluppo dell’autosostentamento nelle terre ove si originano queste transumanze umane, scoraggiando al contempo i viaggi della speranza di questi disperati, i nostri beneamati politicanti hanno ritenuto di aprire le frontiere senza alcuna considerazione alle ricadute che vi sarebbero state per gli italiani.
Non é quindi un essere ciecamente contro all’immigrazione. L’Italia, quale paese rivierasco, ha sempre avuto contaminazioni da popolazioni straniere nel corso della sua millenaria storia. Ciò, indubbiamente, é stato talvolta anche motivo di arricchimento. Ma contaminazione non significa invasione. Insomma la questione sta tutta nella entitá degli sbarchi e nella rapidità in cui questi si susseguono costituendo un fenomeno immigratorio di tale intensitá da essere non sostenibile e quindi integrabile.
E, così facendo, si acuisce ogni giorno che passa la sensazione di essere diventati stranieri in casa propria, un sentimento corroborato dalle tante assurde evidenze. Basti pensare che il depauperamento delle casse pubbliche é il motivo addotto per giutificare l’innalzamento dell’etá pensionabile o per negare un sussidio agli italiani indigenti quando poi si spendono fior di miilioni di euro per l’inoperoso sostentamento dei migranti nel nostro paese (a cui qualche benoensante ha addirittura giá ipotizzato di poter dare anche un reddito di cittadinanza).
Alcuni studiosi sostengono che la prossima guerra si combatterà per ragioni religiose. Non vorremmo crederci e forse non sará proprio per le differenze di fede che si scateneranno nuovi sanguinosi conflitti ma a ben vedere, se non ci sarà una decisa inversione di tendenza di certi fenomeni di imposizione e prevaricazione sociali scaturenti da taluni atteggiamenti politici, potremmo essere noi troppo ottimisti.