PsicologicaMente – Autopunizione e senso di colpa. Una vendetta contro se stessi


“E’ strana la vita, eh? A volte è come se ci infliggessimo un castigo per punirci di una colpa che noi stessi facciamo fatica a identificare. ” (“Perchè l’amore qualche volta ha paura”, Guillaume Musso)

Cari lettori, questa settimana vorrei approfondire la tematica legata ad un sentimento che oggi sembra coinvolgere moltissimo le persone, soprattutto i più giovani, sto parlando del senso di colpa e della conseguente volontà di autopunirsi.
Si tratta di una sensazione che generalmente nasce in conseguenza della commissione di un’azione lesiva o potenzialmente tale, sia essa consapevole e poi seguita da un pentimento, ovvero accidentale o ancora per nulla desiderata.
In genere si può dire che percepire una sensazione di colpa è una reazione cognitiva ed emotiva sana e normale, è il segnale che stiamo maturando e stiamo imparando ad interiorizzare le norme che regolano la vita sociale, ci indica che pian piano iniziamo a sviluppare empatia nei confronti di quanto ci circonda, che ci avviamo a percepire e comprendere anche emotivamente gli stati d’animo degli altri.
Quando il senso di colpa è “sano” ci fa scuola, l’esperienza diventa un dono prezioso per l’avvenire, iniziamo ad analizzare ed a ragionare sulle cause e conseguenze delle azioni che compiamo, ci allontaniamo da condotte ciniche e scettiche, aprendoci così alla possibilità di intessere e vivere le relazioni, siano esse affettive o meramente sociali, positivamente e così da renderci anche appagati.
Il problema, tuttavia, sorge laddove abbiamo la percezione di una colpa esagerata ed affatto proporzionata rispetto all’azione commessa ed alla eventuale gravità insita in essa.
Ancora, il senso di colpa non denota genuinità quando si manifesta alla stregua di una perdurante sensazione di inquietudine, frustrazione, manchevolezza. In questi casi, anche se non sembra direttamente riconducibile al nostro operato, questo sentimento che nella normalità nasconde potenzialità positive perde ogni buona caratteristica e diventa assolutamente pericoloso e nocivo per la nostra salute psico-fisica e la nostra serenità.
Ecco che veniamo colti da un senso di colpa disfunzionale e controproducente a tal punto da poter diventare fonte di pericolo per ci ci sta intorno ma soprattutto per noi stessi.
Questa accezione negativa del sentimento può nascere dalla severità di un’educazione eccessivamente austera e svalutante, che, senza riconoscere alcun merito, ci indirizza verso la celebrazione del senso di dovere e la critica di ogni eventuale insuccesso.
Un senso di colpa angosciante può anche conseguire a traumi pregressi e mai elaborati, si pensi ad un lutto, alla grave malattia di una persona cara, ad un incidente importante…
Un senso di colpa di questo tipo può essere, ancora, figlio di una relazione con persone per noi importanti (familiari, partner, amici..) che esercitano su di noi forme di violenza psicologica e/o fisica, anche non coscientemente, ovvero forme di ricatto morale o ci destabilizzano con atteggiamenti incoerenti o diversamente lesivi.
La disfunzionalità di questo sentimento si manifesta allorquando si manifestano sintomi che inficiano la qualità della nostra vita quotidiana. Primo segno fra tutti è la volontà di autopunirsi o autosaboitarsi.
L’illustre Sigmund Freud avrebbe, a tal proposito, detto: “Si può individuare in molti delinquenti, specialmente quando si tratta di giovani, un potente senso di colpa che preesisteva all’atto criminoso, e che quindi di questo atto non è l’effetto bensì la causa: come se il poter collegare il senso di colpa inconscio a qualche cosa di reale e attuale fosse avvertito da costoro come un sollievo.”
In questo pensiero è racchiusa tutta la vera essenza di quanto si cela all’ombra di una simile intenzionalità, la quale finisce, ovviamente, per interdirci e proibirci, senza che noi riusciamo ad accorgercene, la realizzazione dei progetti, dei nostri più intimi desideri, oltre ad indurci a scadere in un lamento costante ed a manifestare insoddisfazione per la propria vita, anche laddove non vi è alcun valido motivo.
Si parla anche di autosabotaggio che può risultare per così dire “attivo” quando caratterizzato dalla tendenza a produrre continuamente ostacoli e problematiche di varia natura affinché il vivere quotidiano diventi sempre più grave ed insostenibile.
Viceversa diventa “passivo” quando si attende, appunto, passivamente ed apaticamente un qualche castigo dall’esterno e che, tra l’altro, si immagina come incombente ed imminente, così tanto da impedire alla persona di godere dei suoi attimi presenti e addirittura di desiderare e progettare il proprio avvenire.
La sensazione di colpa e quindi la voglia di autopunirsi possono risultare anche parte di forme di depressione o altre patologie psicosomatiche. In questi ultimi casi la punizione si realizza fisicamente e si manifesta come una malattia vera e propria.
Come fare per scongiurare tutto ciò? E’ importante interrogarci costantemente e profondamente, magari affidandoci ad un esperto, sul dove e come nascano i nostri sensi di colpa, se essi siano effettivamente e ragionevolmente correlati alle azioni che mettiamo in pratica, se tali azioni sono consapevoli e volontarie oppure no, ma, soprattutto, è importantissimo chiederci sempre quanto queste sensazioni si rivelino angoscianti e pervadano la nostra vita inficiandola.
Fatto tutto questo, se ci si accorge di essere al di fuori del campo di quanto può essere sano e normale, dobbiamo assolutamente chiedere aiuto! Dobbiamo fare in modo da non restare vittime di un circolo vizioso di sofferenza che poi diventerebbe volontaria e colpevole a causa della nostra inerzia.
Soprattutto, e con questo concludo, per evitare di cadere in uno status patologico ed irreversibile dobbiamo imparare ad amarci, in particolare, e non intendo con ciò fare della retorica ma ci credo fermamente, dovremmo davvero iniziare ad apprezzare di noi più di tutto i difetti, perché quelli ci rendono unici ed irripetibili, per quei difetti noi veniamo amati e scelti, ed i nostri piccoli e grandi fallimenti sono parte del gioco della vita, non sono ostacoli ma ci insegnano a cadere e quindi a rialzarci sempre.

Notazioni Bibliografiche:
• S. Freud, “L’Io e l’Es”.
• S. Freud, “Psicologia e Psicologi”.
• S. Freud, “Il disagio della civiltà”.
• W. W. Dyer, “Le vostre zone erronee. Guida all’indipendenza dello spirito”.