Ristori: la grande bufala


Secondo quanto deciso dal Consiglio dei Ministri, nelle prossime settimane molte categorie che erano state escluse dalle erogazioni precedenti, dovrebbero (il condizionale è d’obbligo, vivendo tutti noi nel Bel Paese) ricevere i tanto sospirati ristori a fondo perduto.
Tra le altre categorie ci saranno gli operatori del turismo e della montagna, molti artigiani che erano rimasti esclusi a causa di codici ATECO vecchi e sbagliati, nonché le piccole e le micro industrie secondo un elenco che a prima vista ci pare molto più onnicomprensivo dei precedenti. E qui verrebbe da dire: era ora, e tirare un sospiro di sollievo. Ma,,, attenzione: sarà proprio tutto oro quello che luccica? Noi la domanda ce la siamo fatta e abbiamo provato a calcolare quanto spetterebbe a questo e a quello facendo esempi molto terra-terra ma tutto sommato assai verosimili.
Va detto che il meccanismo di calcolo già di per sé provoca quanto meno qualche perplessità. Il calcolo delle perdite nel 2020 viene fatto rispetto all’anno precedente, ma viene assegnata una cifra a fondo perduto secondo un’aliquota (variabile a seconda dell’attività dal 50 al 30%) non sulla base della perdita dichiarata, ma di un dodicesimo di essa. In pratica si ristora la perdita di un solo mese dell’anno scorso! Poi esiste un limite al ristoro, che non può superare i 150.000 euro per ciascuna partita IVA, che in alcuni casi, come vedremo, può portare a forti sperequazioni.
Prendiamo ad esempio una fioraia che nel 2019 abbia fatturato 100.000 euro e nel 2020 solo la metà di tale importo. Il calcolo è presto fatto. L’aliquota per questa categoria è 50%, pertanto 100.000 meno 50.000 fa 50.000. Divido per dieci e ottengo 5.000. Applico l’aliquota e ottengo un ristoro di 2.500 euro, pari al 5% della perdita!
Vediamo un meccanico o un elettricista, che abbiano fatturato 150.000 euro nel 2019 e solo 30.000 l’anno scorso. In questo caso la perdita è di 120.000 euro, per cui diviso 10 mi da 12.000 su cui applico l’aliquota che in questi casi è del 40% e ottengo un ristoro pari a 4.800 che rappresenta meno del 4% della perdita subita.
Peggio ancora va ad un albergatore che abbia fatturato, ad esempio, un milione nel 2019 e solo 650.000 euro nel 2020. In questo caso un decimo della perdita saranno 35.000 euro e calcolando il ristoro sulla base della sua aliquota – del 30% – la cifra a fondo perduto sarà di 11.666 euro, pari al solo 3% della perdita!
Ma non è finita qui, perché se il meccanico ha due officine in posti diversi sotto la stessa partita IVA o se l’albergatore ha una catena di hotel facenti anch’essi capo alla stessa partita IVA, prenderà il ristoro a fondo perduto solo per una delle sue attività, perché tale è il perverso meccanismo che pare studiato apposta per dare sempre di meno mano a mano che sale la perdita.
Non voglio dilungarmi sui perché. Sicuramente possiamo ritenere che in questo momento possa essere difficile allentare i cordoni della borsa, ma in tempi come questi una spesa in deficit deve essere autorizzata a qualunque costo e per qualunque importo, come hanno fatto Germania, Francia, USA e Regno Unito, per nominare solo i maggiori. Noi non sappiamo se ciò non è avvenuto a una mancanza strutturale di fondi o per altri motivi, ma è certo che nel secondo dopoguerra i soldi per la gente che soffre non sono mai stati dati a sufficienza. Guardiamo il Belice, l’Irpinia, il Friuli (dove la gente ha pagato di tasca propria pur di tornare a vivere e poi vedere poche briciole dopo vent’anni!).
Non è mancanza di senso della Patria se diciamo questo. Purtroppo è la Storia che ce lo insegna, così come ci insegna che in tempi precedenti, invece, i soldi venivano trovati eccome! Ma senza fare dell’apologia, è sufficiente ricordare che noi oggi, non potendo battere moneta ed essendo anzi soggetti a un signoraggio atroce, ci troviamo in questi casi molto più in difficolta di altri Stati, dove magari si studiano di più i problemi, se si sbaglia si ha il coraggio di chiedere scusa (vedi Merkel) o di dimettersi, ma dove potere significa innanzitutto servizio, e non ignoranza, superbia e tracotanza.
Invece da noi c’è sempre la fregatura.