L’igiene nel secolo dei lumi


Se vi è capitato di visitare la reggia di Versailles, presso Parigi, avrete forse notato che il sontuoso palazzo non ha bagni. Nessuna delle stanze da letto dispone di un camerino di decenza e nemmeno in prossimità dei salotti o delle gigantesche sale per i ricevimenti esistono servizî igienici.
Nel 1682 (siamo nel pieno del periodo d’oro della monarchia francese, ai tempi del Re Sole, al secolo Louis-Dieudonné de France altresì detto Luigi XIV di Borbone) il sovrano fece trasferire l’intera corte a Versailles, dimora appositamente fatta costruire in aperta campagna, per poter meglio tenere sotto controllo la nobiltà, troppo spesso bizzosa nei confronti di una monarchia che pretendeva di essere assoluta. Infatti la concezione di governo che ispirava Luigi XIV è perfettamente sintetizzata nella celebre frase: “L’État, c’est moi!” (Lo Stato sono io!).
In quel periodo che spesso vediamo rappresentato nei film in costume le persone della nobiltà appaiono sempre riccamente vestite con abiti che il più delle volte nascondono l’intera persona anche nel periodo più caldo dell’anno. Nei film vediamo anche le dame di quell’epoca sventolarsi con il ventaglio. La spiegazione non è il caldo, ma il cattivo odore che emanavano sotto le gonne (che tra l’altro sono state fatte apposta per contenere l’odore delle parti intime, visto che non c’era igiene). Non c’erano spazzolini da denti, profumi, deodoranti, figuriamoci la carta igienica. Gli escrementi umani venivano lanciati dalle finestre del palazzo.
Le abitudini igieniche dell’epoca erano terribili. Non esisteva l’abitudine di farsi la doccia a causa del freddo e della quasi mancanza di acqua corrente. Il bagno era l’unica soluzione ma era disagevole e raramente praticata in inverno per mancanza di acqua calda.
In quel periodo la maggior parte dei matrimoni si svolgevano in giugno (ai tempi considerato il primo mese d’estate). Il motivo è semplice: il primo bagno dell’anno si faceva a maggio; quindi a giugno l’odore della gente era ancora tollerabile. Tuttavia, poiché alcuni odori iniziavano già a disturbare, le spose portavano mazzi di fiori vicino al loro corpo per coprire la puzza. Da qui trae infatti origine la consuetudine del bouquet della sposa.
Solo i nobili avevano dei lacché per sventolare ventagli e flabelli allo scopo di dissipare il cattivo odore che emettevano il corpo e la bocca, oltre a scacciare gli insetti.
Nei ceti inferiori la situazione era ancora più critica: i bagni erano fatti in una sola vasca enorme piena di acqua calda. Il capo della famiglia aveva il privilegio del primo bagno in acqua pulita. Poi, senza cambiare l’acqua, arrivavano gli altri maschi in casa in ordine di età, quindi le donne, anch’esse per età e infine i bambini, che erano gli ultimi a fare il bagno. Quando arrivava il suo turno, l’acqua nella vasca era così sporca che era possibile uccidere un bambino semplicemente lavandolo!
Tornando a Versailles, coloro che ci sono stati hanno ammirato gli enormi e bellissimi giardini che all’epoca non solo erano ammirati e frequentati nei momenti di relax, ma erano usati come gabinetti nelle famose ballate promosse dalla monarchia, perché – appunto – non c’erano bagni.
Nei giorni di festa la cucina del palazzo poteva preparare un banchetto per 1500 persone, senza la minima igiene. Le persone più ricche avevano i piatti di latta anziché in terracotta. Alcuni tipi di cibi arrugginivano il metallo causando la morte di molte persone per avvelenamento. I pomodori, essendo acidi, sono stati considerati velenosi per molto tempo; le tazze di stagno venivano usate per bere birra o whisky; questa combinazione di bevanda alcolica con il metallo ossidato a volte lasciava l’individuo “a terra” in una sorta di narcolessia indotta dalla terribile miscela alcool – ossido di stagno.
Capitava pertanto che qualcuno si “addormentasse” per strada e la gente passando poteva pensare che fosse morto, quindi mandavano i parenti a raccogliere il corpo per prepararlo per il funerale. Poi il presunto cadavere veniva messo sul tavolo della cucina per alcuni giorni e la famiglia continuava a guardare, mangiare, bere e aspettare di vedere se il morto si svegliava o no. Da qui nasce la veglia ai morti che sarebbe la veglia accanto alla bara.
Nei cimiteri non c’era sempre posto per seppellire tutti i morti. Spesso le bare venivano impilate una sull’altra in fosse che da principio erano state scavate profondissime. Si veda a tal proposito anche il cimitero ebraico di Praga: un illuminante esempio di come seppellire moltissimi morti in uno spazio esiguo. Altre volte semplicemente si aprivano le bare interrate da un decennio o poco più, si rimuovevano le ossa, si mettevano in ossari e la tomba veniva usata per un altro cadavere.
Ma a volte aprendo le bare si notava che c’erano dei graffi sui coperchi all’interno, il che indicava che l’uomo morto in realtà era stato sepolto vivo! Così nel chiudere la bara è nata l’idea di legare una striscia del polso del defunto, passarla attraverso un buco fatto nella bara e sul coperchio della tomba e legarla a una campana.
Dopo il funerale, qualcuno rimaneva di guardia vicino alla tomba per alcuni giorni. Se l’individuo si fosse svegliato, il movimento del suo braccio avrebbe suonato la campana. E sarebbe stato “salvato dalla campana”, una popolare espressione giunta fino a noi.
.
Fonte: Juan J. Montoya: “El amor y la igiene en los siglos pasados”