La figura del «fantasticatore» attraverso la Dialettica positiva di Hegel e la Seconda Topica di Freud


Riflessioni scritte e per immagini a partire da un originale articolo sul grande filosofo Hegel
Con immagini di Igor Belansky.


Da una sentenza di Publilio Siro, conosciuto anche come Publio Siro (Publius Syrius): «Qui se ipsum laudat, cito derisorem invenit»( in latino, «chi si loda presto trova chi lo deriderà») si perviene alla sintesi.


PREMESSA
Io ed Igor Belansky abbiamo letto con piacere l’articolo di Carlo Cisbani intitolato: «Mai, di sé stesso», che è stato pubblicato su WeeklyMagazine, in data 21 febbraio 2022. Al valente curatore delle pagine culturali di questo settimanale, a nostro avviso, va riconosciuto il merito di aver restituito un ritratto assai originale e, allo stesso tempo, poco conosciuto di Georg Wilhelm Friedrich Hegel.
Unanimemente considerato il rappresentante più significativo dell’idealismo tedesco e, soprattutto, uno dei massimi filosofi di tutti i tempi, pertanto un pensatore assai difficile da seguire, per Hegel la «dialettica» è la legge che, dal punto di vista logico, fa comprendere il divenire della realtà e, da quello ontologico, ne rappresenta lo sviluppo. Nel suo complesso, quindi la dialettica consiste: nell’affermazione di un concetto astratto e limitato, che funge da tesi; nella negazione di questo concetto e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi; nell’unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi positiva comprensiva di entrambi (Hegel, 1ª ed. originale: 1807).
A partire da tale processo dialettico, ulteriormente declinato secondo l’ordine inverso delle tre istanze della «Seconda Topica Freudiana» (dunque «Super-Io», «Io» ed «Es») (Freud, 1ª ed. originale: 1923), a me e Igor è venuto in mente di condurre, in forma scritta e grafica, un ragionamento basato su reciproche impressioni, senza pretesa alcuna di possedere verità universali. Si tratta di una indagine intorno alla figura del «fantasticatore», nella fattispecie di «chi si abbandona per abitudine all’immaginazione (NdR: fin qui ancora nulla di negativo), forse illudendosi (NdR: da qui iniziano le contraddizioni)», per la quale vengono distinti due suoi possibili tipi, apparentemente inconciliabili.
Nel primo di tali tipi, chi fantastica intende «comprendere sé stesso nel mondo»; nel secondo, chi lo fa tende a «ridurre il mondo a sé stesso».

1. TESI: IL SUPER IO
L’affermazione della tesi deriva innanzitutto dall’articolo summenzionato, nella misura in cui esso testualmente riporta che il celebre filosofo, accademico e poeta tedesco «non amava parlare di sé. Di lui personaggio, non si sa quasi nulla, se non fugaci aneddoti, raccontati da colleghi ed amici».
Più eloquente, è l’incipit: «“Ciò che di personale si trova nei miei scritti”, disse una volta ad un commensale, che lo fissava come fosse un tenore, “è falso”. E se non dava importanza alla sua persona, al suo io personale, non pensò mai, neppure per un momento, di poter parlare di sé come filosofo, né della filosofia come sua. Nell’intera storia del pensiero, fu l’unico “protagonista renitente” ad essere tale. Anzi, non fu affatto un protagonista, sia per ragioni oggettive, interne al sistema, sia per coerenza. Con lui l’io soggettivo scomparve dalla scena filosofica, dove aveva pur rappresentato, di sé, i più vari e non sempre edificanti spettacoli».
Ed ancora significativa è la conclusione: «Forse, solo apparentemente schivo al protagonismo, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, da “vero protagonista”, fu coscientemente consapevole di una storia, che correva sì al passo con i tempi, ma che andava al di là della cronaca degli individui».
Dunque, stupisce davvero il fatto che in vita tanto abbia potuto il grande filosofo, il quale, una volta affermatosi, svolse scrupolosamente la propria funzione di educatore, contribuendo alla formazione di generazioni di studenti. Al punto che, a cura degli stessi allievi vennero pubblicati postumi i testi dei suoi corsi, le «Lezioni». Il suo grande prestigio gli consentì inoltre di svolgere ruoli importanti; in un certo senso, fu il filosofo ufficiale del Regno di Prussia.
In molti hanno fatto i conti con Hegel, una volta morto. Della sua dialettica si sono occupati tanti filosofi dal Novecento in avanti, la sua influenza è così pervasiva che, come si è detto, è impossibile filosofare oggi senza fare i conti con lui. Prova ne siano i numerosi studi e libri a lui dedicati.
In particolare, grazie alla sua idea di «Eticità» (traduzione del ted. Sittlichkeit), che designa quel complesso di istituzioni (famiglia, società civile, Stato) in cui la libertà si realizza oggettivandosi, ossia passa gradualmente dalla sua astratta espressione individualistica alla universalità concreta, forse possiamo pensare che, nella posterità, Hegel abbia in un certo modo influenzato la stessa formazione del «Super-Io», ossia il concetto psicanalitico con il quale Sigmund Freud indica, dal punto di vista topico, l’istanza psichica che regola il comportamento e presiede alla coscienza morale. In ogni caso, egli appare a posteriori un «fantasticatore» del primo tipo, sopra specificato, o, meglio, un idealista, senza ravvedervi alcun senso negativo.

ANTITESI: L’IO
L’antitesi, dovendo sostenere una contro-posizione alla tesi, può configurarsi a partire dal termine «narcisismo», che deriva dal mito greco di Narciso, il quale rifiutò l’amore della ninfa Eco e fu destinato a innamorarsi della sua stessa immagine. Entrata nel senso comune, come quell’atteggiamento che tende a esaurire la personalità nella esclusiva considerazione ed esaltazione di sé stessi, la parola è successivamente diventata di pertinenza della psicologia ed è stata definita in modo parzialmente differente da diversi autori nel tempo, tanto per descrivere un sano amor proprio, cioè un normale amore per sé stessi, quanto un insano egocentrismo dettato da un disturbo del senso di sé, che si riflette nelle relazioni con sé stessi e con gli altri.
Nel caso che si vuole esaminare, in una cultura come la nostra, spesso definita «narcisistica», dove l’esibizione e l’autopromozione sono rinforzate dal contesto, dove il digitale ci rende autoreferenziali, certi blablà come: «Io sono, io dico, io faccio, io so, io sono amico di – o collaboro con – il tale o il tal altro, io, io solo io! … E, se non mi cito ulteriormente, non preoccupatevi: sono molto orgoglioso di dirvi che dovete credere che, anche nei fatti, sono solo io da sempre il più bravo … tutto il resto è poco o niente!» rappresentano un trionfo ovunque, in tv, sui giornali, nel web, nei social, nella vita quotidiana.
Ma è anche vero che la capacità progettuale di individui appagati di sé sovente finisca per essere necessariamente debole, se non assente, come pure che simili individui siano di solito evasivi o silenti di fronte alla richiesta di provare quanto vanno affermando. Poi, quando questo si traduce pure in mancanza di evidenze pubblicamente disponibili, non può che lederne la credibilità…
Non sappiamo se stia diventando un male comune, ma qui l’armonia si spezza, e ciò ci fa letteralmente trasalire in una sorda diffidenza, se non genera in noi addirittura aperta irritazione, perché ultimamente ci balza agli occhi assai spesso, essendoci troppo vicino.
Ordunque, interviene Belansky, con la sua immagine perfettamente modellata su quella di un ipotetico, in parvenza meno nobile rispetto a Hegel, «fantasticatore» del secondo tipo. In termini non certo positivi, questo è innanzitutto ritratto di nient’altro che un favoleggiatore di sé stesso, di sangue e d’istinto, il quale ritiene che nessun altro tra noi sia come lui. In primo piano, perché altro inquadramento non avrebbe ammesso, pena una disdegnata rinuncia, la sua potenza espressiva è notevole, come il satiro ebbro. La stessa pettinatura, una posa estatica del volto, con gli occhi spiritati e la bocca aperta in un ghigno, si accorda con la sua vuota capacità di affabulazione e la sua forza onirica. Che sia un articolo di giornale o il palcoscenico di un teatro cambia poco, la vita gli sembra il luogo giusto per apparire agli occhi di tutti. Ovvero il luogo dove è normale, e persino scontato, che la realtà trascolori nel sogno, per dissimulare, per ingannare o burlare qualcuno. Non sa o finge di non sapere che san Tommaso non crede finché non ci mette il naso. E, pertanto, rimane da solo, ancor prima che cali il sipario sulla scena che ha preteso di occupare per intero.
Così è venuta l’ora di chiamare in causa l’«Io» (o in latino «Ego»), che nella Seconda Topica Freudiana viene distinto dalle pulsioni istintuali (di cui parleremo in seguito) e costituisce l’istanza posta quale rappresentazione degli interessi della totalità della persona, e in quanto tale è, guarda caso, investita di libido narcisistica.

2. SINTESI: L’ES
Una volta trovati i punti fondamentali di accordo, una sintesi dovrebbe poi tentare di conciliare altri elementi della tesi e dell’antitesi. Ma questo è uno dei casi, rari, in cui una qualsiasi sintesi risulta difficile, anzi impossibile, a meno di non evocare in extremis la catarsi (dal greco katharsis, κάθαρσις, «purificazione»), una cerimonia di purificazione che si ritrova in diverse credenze religiose ed in rituali magici. In psicologia, essa ha la finalità di giungere al momento di liberazione dalle tensioni conflittuali o da un segreto, divenendo la chiave dell’intero processo terapeutico. Le emozioni emergono in forma caotica, a volte accompagnate dal riso o dal pianto. È possibile che sorga ira, indignazione o tristezza. Tutto si avvolge, simultaneamente, dentro di sé, in una bolgia di sentimenti difficilmente narrabili, che interpella la seconda immagine di Belansky.


L’ambientazione è ancora scarna, quella di una terra grigia e immonda, dove, sotto un cielo vuoto e piatto, la percezione della mancanza di significati per la propria vita si associa alla noia esistenziale. La gente qui compare; non sta però attorno a, o meglio sotto di, lui (che vediamo disperato, indignato, e capiremo presto perché…) ad ascoltarlo, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, come vorrebbe. Anzi lo sovrasta; lo relega all’ultimo, e più infimo, rango convenzionale della stratificazione sociale. La nemesi è quindi rinviata ad una sentenza di Publilio Siro, conosciuto anche come Publio Siro (Publius Syrius): «Qui se ipsum laudat, cito derisorem invenit»( in latino, «chi si loda presto trova chi lo deriderà»), con la quale vengono messi in guardia coloro che hanno l’abitudine di attribuirsi, per vanità, meriti che non hanno, rischiando di essere derisi per le loro vanterie (Fumagalli, 1987). Più comunemente si dice: «Chi si loda s’imbroda».
Di conseguenza, più volte avvertito e recidivo, riconosciamo il «fantasticatore» (del secondo tipo) che viene sguaiatamente deriso. Lo vediamo, travolto dalla sua vanagloria, sprofondare al di sotto di un sostrato di umanità, che, anche per via di successive fantasticazioni (del primo tipo), condividiamo e nel quale risulta iscritto il senso del nostro dover essere inseparabilmente dall’esercizio della comune identità umana, che insieme ci lega. Essendo, poi, tutto ciò nondimeno che, da un lato, gli ideali interiorizzati che abbiamo acquisito dai nostri genitori e dalla società, e dall’altro, le proibizioni, le norme sociali e le censure: ecco come riappare il «Super-Io».
Quindi, l’«Io» del nostro è costretto a spogliarsi, a restare sconvolto in canottiera, non volontariamente come il cantautore Giovanni Truppi all’ultimo Sanremo (ed. 2022); l’unica soluzione che gli resta per rigenerarsi è «mettersi ammollo» nel primordiale brodo del proprio «Es» (il pronome della terza persona singolare neutro in tedesco; in latino, «Id»), cioè quanto la psicoanalisi freudiana, in riferimento alla seconda Topica psicologica, identifica come il polo pulsionale della personalità, ovvero quell’istanza caotica che risponde principalmente alla fonte impersonale, inconscia, delle manifestazioni della vita istintiva, per cui non tanto «io ho sognato», quanto «es träumte mir» (in tedesco, «qualcosa» ha sognato a me).
Smontata ogni menzogna, ogni inutile ed effimera infrastruttura, all’insegna della fenomenologia hegeliana lo spirito potrà tornare così in sé stesso a partire dal proprio altro in quanto altro spirituale, più semplicemente la sua coscienza potrà uscire dalla sua individualità e connettersi all’universalità.
In caso contrario, attraverso un maturo tentativo di autocatarsi, potremo ancora noi tornare tranquillamente sulla nostra strada, senza giudizio, né rimpianto, con la consapevolezza di aver avuto un’esperienza umana con una persona che rispettiamo ma con cui, essenzialmente, non siamo in sintonia.

Riferimenti:
Freud Sigmund L’Io e l’Es [Libro] / trad. Musatti Cesare. – Torino : Bollati Boringhieri, 1ª ed. originale: 1923. – Anno edizione italiana: 1985. – Titolo originale: Das Ich und das Es.
Fumagalli Giuseppe L’Ape Latina [Libro]. – Milano : Hoepli, 1987. – p. 258. – dizionarietto di 2948 sentenze, proverbi, motti, divise, frasi ….
Hegel Friedrich Fenomenologia dello spirito [Libro] / a cura di Cicero Vincenzo. – Milano : Bompiani, 1ª ed. originale: 1807. – Anno edizione italiana: 2000. – Titolo originale: Phänomenologie des Geistes.