PsicologicaMente – La sindrome di Munchausen per procura


“Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva, si chinò su quanto era rimasto della sua vita, e riiniziò a prendersene cura, con l’incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro, il mattino dopo il temporale.” (A. Baricco)

Cari lettori,
Oggi la Rubrica PsicologicaMente compie un anno, vi ringrazio per la pazienza, la cura e l’attenzione con la quale condividete insieme a me i temi importanti che riguardano la salute psicologica ed auguro a tutti un nuovo anno di rinascita e rivoluzione interiore!
Anche questa prima domenica del 2022 ci dedicheremo ad un tema affascinante, affronteremo il concetto di “cura” letto nell’accezione dell’ “eccesso di cura”, analizzeremo l’argomento alla luce di una rara malattia psichiatrica e comportamentale detta Sindrome di Munchausen per procura.
Si tratta di un disturbo del comportamento che induce i soggetti che ne sono colpiti a causare, o più spesso a fingere, sintomi di malessere a discapito delle persone dipendenti dalle loro cure e questo col fine di attirare l’attenzione su sé stessi.
In effetti la sindrome di Münchausen per procura è una particolare variante della più generica sindrome di Münchausen, anche conosciuta come dipendenza da ospedale, che è un disturbo psichiatrico per cui il soggetto interessato tende a manifestare sintomi e malori inesistenti, inventa problemi fisici e psicologici ovvero ancora si procura deliberatamente delle ferite per attirare le altrui attenzioni, il termine “per procura” indica che si persegue l’obiettivo finale “attraverso un sostituto”.
Il barone Münchhausen, da cui la patologia eredita il nome, era, pertanto, un aristocratico tedesco, famoso per essere autore di storie ed avventure fantasiose cui avrebbe preso parte da protagonista.
Ad oggi le precise cause della sindrome di Münchausen ed in particolare della variante in oggetto sono ancora nebulose, comunque si tende ad imputarne la genesi a tre possibili circostanze: un’infanzia complessa e traumatica, stress derivante da situazioni sentimentali travagliate o la presenza di disturbi della personalità pregressi.
La malattia si manifesta attraverso comportamenti anomali ed espedienti di vario genere, che incidono sullo stato di salute di chi dipende dal malato, la “vittima” appunto.
La diagnosi non è semplice considerato che si rendono necessarie diverse ed articolate indagini che coinvolgono medici, psichiatri, psicologi e talvolta anche assistenti sociali.
Il trattamento principale è certamente la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Solitamente il soggetto affetto è un adulto, ovvero la persona in cerca di attenzioni e portatore della malattia psico-comportamentale in questione, e si spiega a carico di un individuo di giovane età, ovvero la vittima, ma ci sono anche casi di sindrome di Münchausen per procura in cui pure la vittima è una persona adulta, magari incapace o affetta da una malattia invalidante.
Un esempio tra i più frequenti è la figura materna che, per attrarre l’attenzione come “caregiver”, ossia come persona che si prende cura di altri, provoca intenzionalmente sintomi di malessere nei propri figli generandone il cattivo stato di salute. Spesso si tratta di donne impiegate in strutture sanitarie, la qual cosa spiegherebbe anche come mai possiedano un’ottima conoscenza di tutti gli strumenti diagnostici ed interventi chirurgici utilizzabili.
Ma si possono indicare molti altri esempi: badanti, infermieri e medici che, per posizionarsi al centro dell’attenzione generale, cagionano volontariamente la salute di coloro che in realtà dovrebbero curare.
Dal punto di vista legale la sindrome di cui si discorre rappresenta anche un comportamento abusante perseguibile dalla legge come un reato a tutti gli effetti, soprattutto se realizzato ai danni di minori.
Ma come fa il soggetto disturbato a danneggiare la sua vittima tanto da indurre una malattia più o meno reale?
Vi sono dei comportamenti tipici e ricorrenti, ad esempio c’è chi enfatizza un banale malessere recandosi da solo dal medico curante senza dargli la possibilità di visitare in prima persona la “vittima”, c’è chi manipola i risultati dei test diagnostici, chi riscalda il termometro così da simulare uno stato febbrile, addirittura chi procura una vera e propria intossicazione somministrando occultamente farmaci o sostanze nocive e così via…
Si possono, inoltre, individuare anche altri comportamenti che fanno da cornice ai precedenti descritti.
Sempre per citarne alcuni, possiamo dire che i soggetti affetti dalla Sindrome di Munchausen per procura spesso manifestano un interesse estremo nei confronti della medicina, ovvero cambiano continuamente il medico di base perché insoddisfatti, tentano a tutti i costi di instaurare un rapporto amichevole con il personale ospedaliero che ha in cura la vittima, talvolta si spendono in dimostrazioni pubbliche di una devozione esasperata nei confronti del soggetto accudito.
In effetti non è chiaro se si agisca coscientemente oppure no, in ogni caso questi comportamenti si rivelano utili al fine di celare il disturbo patologico.
Come anticipavo, diagnosticare questa sindrome è effettivamente complesso, anche ad un occhio esperto essa non sempre è chiaramente e certamente riconoscibile.
Questa aleatorietà nasce dalla circostanza per cui chi è affetto da tale malattia tenta di celare a tutti i costi e nel migliore dei modi la problematica, oltre a conoscere diverse strade per procurare furtivamente danni alle “vittime”.
Per individuare con certezza un caso di sindrome di Münchausen per procura bisogna partire dall’analisi accurata di ogni minima condotta del presunto paziente e gli effetti che procurano alla potenziale vittima e comunque, in caso di riconoscimento, bisogna assolutamente denunciare il paziente alle autorità preposte.
In caso di sospetti fondati, il medico dovrà valutare anche lo stato di salute della presunta vittima così da evidenziare le difformità rispetto a quanto affermato dal caregiver, cioè il sospettato di soffrire della sindrome di Münchausen per procura. Se effettivamente si riscontrano incoerenze, il medico dovrà, ancora, ripercorrere la storia clinica della vittima, individuando possibili interferenze, ad esempio l’aver effettuato i più disparati esami diagnostici a fronte di uno stato di salute normale. A questo punto, se anche da questa ricerca fuoriescono elementi a favore di una diagnosi di sindrome di Münchausen per procura, si dovrà richiedere l’intervento di uno psichiatra, possibilmente esperto di questo genere di malattie mentali, il quale valuterà il profilo psichico e la storia personale del presunto malato con lo scopo di individuare anche l’ultimo elemento utile, cioè se da parte di quest’ultimo è riscontrabile effettivamente quel bisogno di ricevere attenzioni da parte di terzi che è il filo conduttore di tutto il suo modus operandi.
Interverranno, quindi, anche gli assistenti sociali per allarmare e segnalare ai familiari la potenziale malattia, questo anche per monitorare i comportamenti del soggetto nel quotidiano e nei confronti della vittima.
Solo dopo aver effettuato tutte queste indagini sarà possibile formulare la diagnosi di sindrome di Munchausen e a questo punto la priorità sarà quella di mettere al sicuro la vittima, magari nominando un tutore.
Ci si dovrà poi dedicare al trattamento del vero paziente: il piano terapeutico inizia sottoponendo la persona ad una psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Si tratterà di affrontare un trattamento molto complesso ed un iter abbastanza lungo perché i malati in questione hanno una enorme difficoltà a riconoscere il problema ed ammettere che necessitano di cure, infatti questa presa di coscienza arriva, di solito, dopo molto tempo.
Sarà di grande rilievo il supporto di familiari ed amici, essi non dovranno isolare ma stare accanto al malato sotto tutti i punti di vista e soprattutto nei momenti di maggiore e più profondo malessere.
Dal canto suo la terapia cognitivo-comportamentale perseguirà l’obiettivo di rendere consapevole il paziente ed insegnargli ad identificare, governare ed anche prevenire i “comportamenti disadattivi”, anche detti “pensieri distorti”, indotti dalla patologia, questo sarà possibile aiutandolo ad individuare i segnali d’allarme.
Il suddetto percorso terapeutico si svolgerà in parte presso lo studio del terapeuta, ed in parte a casa, ove si dovrà mettere in pratica l’esercizio ed il perfezionamento delle tecniche di controllo assunte in terapia.
Quanto alle vittime, va da se che, qualora gli abusi subiti abbiano compromesso in maniera importante lo stato di salute fisica, non solo avranno bisogno di adeguate cure mediche ma anch’esse necessiteranno di un programma di recupero psicologico finalizzato a renderle consapevoli di non essere malati gravi, ma, purtroppo, solo persone oggetto di violenza.
In conclusione, credo sia abbastanza ovvio che prevenire la sindrome di Münchausen per procura è impossibile ma è certamente possibile guarire, anche se si tratta di un processo non semplice e che potrebbe richiedere un lungo iter di terapia, nonché il supporto costante delle persone più prossime al malato.

Notazioni Bibliografiche:
-“ American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”;
-“Dizionario di psicologia e psichiatria.”, Newton Compton editor;
-“La sindrome di Munchausen per procura.” A. Levine e M. S. Sheridan, Centro Scientifico Editore.