PsicologicaMente – Quel nido vuoto…: l’infertilità


“La causa di un dolore dura solo se noi continuiamo a pensarla e a ripensarla, a crederle.” (R. Morelli)

Cari lettori,
Questa settimana vorrei affrontare un argomento molto delicato ed impegnativo, parlo del rapporto che, inevitabilmente, intercorre tra infertilità e psicologia.
Tutti sappiamo che i problemi che hanno a che fare con l’infertilità, il più delle volte, non riguardano solo il corpo, spesso, infatti, a fronte di un mancato concepimento, quando non si riesce a risalire con chiarezza e sicurezza alle cause fisiologiche va sempre fatta una ricerca ed un lavoro di carattere psicologico.
In ogni caso, qualsiasi sia l’origine dell’infertilità, vi sono sempre e soprattutto ferite interiori con cui fare i conti e la cui guarigione non è affatto semplice ma, anzi, lenta e faticosa.
L’approccio ed il modo con cui si reagisce alla scoperta di una simile condizione è estremamente soggettivo, dipende dal carattere, dalle esperienze maturate, dalla relazione ed interazione della coppia, dal contesto culturale in cui si è inseriti, dalla natura del problema e dalle possibili cure o alternative che si prospettano.
Tuttavia, esperienza clinica e ricerca, dimostrano che una diagnosi di infertilità si accompagna sempre a reazioni emotive negative e dolorose, creando lunghi strascichi dei quali non è semplice liberarsi.
Le sensazioni più frequenti possono condurre in primis a forme di depressione dovute sicuramente all’insorgere di un forte stress, quindi un calo dell’autostima, un senso di colpevolezza e di fallimento, pensieri ossessivi, talvolta anche una percezione profonda di rabbia.
A volte queste emozioni sono legate ad una fase transitoria ma, purtroppo, il più delle volte diventano difficili da superare e rischiano di portare ad una condizione invalidante, che incide sulla quotidianità e da cui può apparire quasi impossibile uscire.
Possono verificarsi manifestazioni ascrivibili ad un vero e proprio disturbo dell’umore, ovvero la condizione di depressione può risultare mascherata.
Questo status depressivo è, ovviamente, conseguenza non solo del senso di vuoto e della sensazione di ineluttabilità che la diagnosi di sterilità porta con sé, ma anche dei molteplici “lutti” che produce.
Parliamo di veri e propri lutti perché questa condizione traumatica, è il caso di definirla così, ci mette difronte a diverse perdite, spesso difficili da riconoscere ed accettare, ma soprattutto da condividere e superare nell’ambito del dualismo di coppia.
Prima di ogni cosa assistiamo alla perdita della speranza, del desiderio, dell’attesa di quel bambino che abbiamo a lungo immaginato ed aspettato. Si può cadere nella disperazione perché ci si trova a confrontarsi con la perdita di qualcuno che si è atteso, ma che si scopre non esistere, e questa posizione racchiude in sé un valore simbolico immenso. La stessa circostanza che non ci sia niente di tangibile a rappresentare la perdita, che non esista in realtà nessuno su cui piangere, aggrava il dolore e rende questa “morte” incomprensibile ed ingiusta, difficile da metabolizzare.
Ancora, a venir meno è l’identità di potenziale genitore, di solito più affermata nelle donne per natura, che defunge completamente nel cuore di coloro che sono costretti a fare i conti con la consapevolezza che non proveranno mai la genitorialità biologica. Ci si può sentire come incompleti, incapaci di raggiungere un passaggio personale, sociale, quindi fondamentale, della vita: per molti diventare genitore è un parte essenziale della visione di un sé adulto, e perdere definitivamente questa opportunità può convertirsi in un dolore estremo.
Il lutto riguarda anche lo status rivestito all’interno di una società che conferisce un grande valore alla genitorialità e che promuove comportamenti connessi alla procreazione ed alla crescita dei figli.
Considerare di aver fallito nel finalizzare un compito “sociale” così importante come la procreazione può concorrere alla diminuzione della propria autostima, sia come singoli che come coppia e quindi famiglia.
Molte persone con problemi di sterilità non accettano questa realtà, e iniziano una ricerca spietata delle possibili cause, sperando che li aiuti a trovare giovamento e rassegnazione ma, ahimè, il più delle volte finiscono con l’attribuirsi difetti e mancanze che non hanno realmente.
Ancora, l’autostima può essere messa a dura prova quando si acquista consapevolezza di provare emozioni spiacevoli ed inaspettate che possono certamente sorprendere e spaventare, parliamo di rabbia, ma anche di gelosia e invidia nei confronti di chi, invece, è riuscito con facilità dove noi abbiamo fallito. Questa condizione emotiva avrà inevitabilmente riverberi sulla vita sociale e sulla scelta e selezione delle amicizie. Non sarà strano, infatti, che vedere i bambini degli amici possa ricordare dolorosamente il figlio che non si ha, che le donne incinte richiamino alla mente di chi le osserva i misteri e le gioie della gravidanza che non si conosceranno, e che ogni genitore venga visto come un “fortunato”, o un “più bravo”. I mutamenti che possono avvenire nelle relazioni sociali in seguito alla diagnosi di sterilità o impotenza certamente concorrono al proliferare di sentimenti negativi, depressione, solitudine, isolamento ed irascibilità.
Oltre a tutto questo, anche il rapporto con il proprio corpo può risentirne enormemente. Questo corpo, infatti, prima considerato sano e funzionante, viene improvvisamente percepito come “difettoso”, “mancante di qualcosa di fondamentale”. E ciò indipendentemente dalle cause dell’infertilità, uomini e donne sovente iniziano a ritenere che qualcosa dentro di loro non funzioni come dovrebbe e che questa circostanza è sotto gli occhi di tutti ovvero vada nascosta, aumentando in questo modo il senso di vergogna e inadeguatezza.
Aggiungiamo poi il fatto che spesso gli effetti dell’intero iter di diagnosi e cura possono portare ad un reale indebolimento del fisico.
Non ultimo, a tutte queste difficoltà fa da cornice il fatto che anche la sicurezza economica è spesso minata dalle procedure che ruotano attorno all’infertilità, le persone, già fortemente provate, possono cadere anche per il peso economico dei continui trattamenti, spostamenti, visite, interventi, e sentirsi pressati dal lavoro che diventa scopo principale e unico strumento amico laddove si vogliano scongiurare altri percorsi.
Allora, in tali circostanze, chiedere supporto psicologico è una scelta molto saggia e decisiva.
La richiesta di aiuto può riguardare la coppia che si trova a fronteggiare questo evento ovvero il singolo quando questa scoperta è portatrice di vissuti emotivi destabilizzanti o disturbanti in particolare per uno dei due partner.
Nell’uno o nell’altro caso, alla luce della complessità di questa condizione e dell’impatto psicologico reale e potenziale, rivolgersi ad un esperto diventa prima di tutto una possibilità di evitare l’isolamento, metabolizzare e ridimensionare i propri vissuti, nonché interrompere quel circolo vizioso che ruota attorno al senso di colpa e di fallimento.
Affrontare una diagnosi di infertilità, ma anche un percorso di procreazione assistita, necessita del supporto psicologico perché è uno strumento in grado di ridurre lo stress, gestire al meglio l’impatto dei trattamenti, esplorare e comprendere i propri vissuti e le proprie motivazioni, e fare sempre scelte consapevoli.
A fronte di un mancato concepimento, avere al proprio fianco un terapeuta con il quale interfacciarsi, può facilitare l’elaborazione del lutto, il superamento di eventuali forme depressive, e può condurre alla rivalutazione della situazione, può offrire un valido supporto per considerare anche alternative come l’adozione o accettare una vita senza figli tutelando il legame di coppia, ridefinire il proprio progetto di vita.
Non sentirsi soli e sbagliati è il passo più importante da compiere per superare la crisi successiva all’infertilità, ripristinare le proprie risorse e aprirsi a nuove prospettive.
Cosa ancora più importante è ricordare che in tutti i casi di infertilità che non hanno una causa medica acclarata, il sostegno psicologico può assolutamente aiutare ad evidenziare quelle componenti psicogene che hanno generato il “blocco” ed, eventualmente, sciogliere il nodo di tensione e ansia che attanaglia la coppia.

Notazioni Bibliografiche:
– “Sterilità e infertilità di coppia. Counseling e terapia psicologica”, R. Visigalli, Franco Angeli;
– “Famiglia «Generativa» o famiglia «Riproduttiva»? Il dilemma etico nelle tecnologie di fecondazione assistita”, E. Scabini, G. Rossi, Vita e Pensiero;
– “Psicologia dei legami familiari.”, E. Scabini, R. Iafrate, Mulino Itinerari.