L’attività di BETASOM in Africa occidentale – parte 2 di 2


(segue dalla settimana scorsa)

Presentandosi il problema dei naufraghi, Todaro volle soccorrerli. Come già aveva fatto con gli uomini del piroscafo belga Kabalo, che aveva affondato il 16 ottobre a 700 miglia ad ovest di Madera, rimorchiò l’imbarcazione sulla quale si trovavano ventitre persone, e ospitò a bordo del sommergibile il comandante  britannico che era ferito. Quando nel corso della notte la violenza del mare agitato spezzò il cavo del rimorchio, Todaro non esitò a tornare indietro per ricercare l’imbarcazione, e poiché questa si era sfasciata e faceva acqua, decise di prendere gli uomini a bordo sistemandoli alla meglio sulla coperta. Malgrado il rischio incombente di essere scoperto, e quindi di essere costretto ad immergersi con la  prospettiva di condannare i naufraghi a sicura morte, riuscì a portarli in salvo sulla vicina Isola del Sole, nell’Arcipelago di Capo Verde.
Dopo aver incrociato per qualche giorno fra Capo Verde e la costa africana il Cappellini raggiunse la zona prospiciente Freetown, dove il mattino del 14 gennaio, avvistò il piroscafo da carico inglese Eumaeus, di 7.472 tsl, in rotta da Liverpool per Colombo, Singapore e Shanghai. L’alba era prossima e il comandante Todaro decise di attaccare prima che la luce del giorno, facendo la sua comparsa, rendesse  problematica la manovra di avvicinamento. Aumentata la velocità e, stretta la distanza fino a 700 metri, dette il fuori a due siluri di poppa, che l’Eumaeus (capitano John E. Watson), già allertato, evitò con pronta manovra per poi aprire il fuoco con il cannone di poppa. Il primo colpo cadde ad una cinquantina di metri dalla prua del sommergibile, al quale non restò che accettare il duello. I cannonieri si precipitarono ai due pezzi da 100 mm e il Cappellini cominciò a sparare. Il suo tiro si incrociò con quello del piroscafo, che rispondeva colpo su colpo da una distanza di circa 1.500 metri, e alla quarta salva, lo centrò sulla coperta a prora e subito dopo in vicinanza del cannone. Il tiro del sommergibile era ormai preciso sul bersaglio quando si verificarono delle noie al rifornimento dei proiettili a causa di un inceppamento agli elevatori dei depositi. Fu necessario fare una catena umana per portare le granate ai pezzi a forza di braccia, facendole salire attraverso il portello della torretta. Poi, si inceppò anche il  pezzo di prora che non fu più possibile brandeggiare. Nondimeno, spalleggiato dal tiro delle mitragliere situate in torretta, il cannone di poppa, per quanto surriscaldato, continuò a far fuoco e colpì ancora il piroscafo con un proiettile nel reparto caldaie. Emettendo abbondantemente vapore l’Eumaeus
diminuì la velocità e cominciò a trasmettere il segnale di soccorso, compilato con una lunga fila di SSS, che significavano «Submarine, Submarine, Submarine». Sembrava che ormai fosse alla mercé del Cappellini allorquando, continuando tenacemente a far fuoco, centrò il sommergibile, a poppavia della torretta, con una granata le cui schegge colpirono alcuni serventi fra cui, gravemente, il puntatore elettricista Giovanni Monteleoni, il cui posto venne preso dal tenente del Genio Navale Danilo Stiepovich. Cinque minuti  più tardi un’altra granata scoppiò a poppa della torretta e le schegge di metallo rovente falciarono nuovamente il personale alle mitragliere. Stiepovich, con la gamba sinistra asportata e ormai morente, rifiutò di essere portato al sicuro per poter assistere all’affondamento del piroscafo. Venne poi decorato con la Medaglia d’Oro alla memoria. Sebbene i serventi fossero stati costretti a rallentare il ritmo di fuoco a causa del  pezzo di poppa surriscaldato il Cappellini continuò a colpire l’Eumaeus.
Il centocinquesimo colpo del sommergibile fu fatale al piroscafo, che raggiunto in un  punto vitale si arrestò. Ciò dette modo a Todaro, di stringere le distanze per lanciare un siluro che, scoppiando all’altezza dell’albero, fece affondare la nave in 6 minuti, dopo aver messo in mare le imbarcazioni di salvataggio: erano le 10.15 e il combattimento era durato quasi 2 ore. Per il tonnellaggio del piroscafo e per il valore mostrato nel combattimento il comandante Todaro ritenne erroneamente che l’Eumaeus fosse un incrociatore ausiliario fortemente armato. Inoltre, per il gran numero di naufraghi che vide scendere nelle scialuppe di salvataggio o gettarsi a nuoto per cercare scampo all’affondamento, stimò che quella nave dovesse trasportare almeno 3.000 soldati. La descrizione della battaglia fu peraltro ingigantita dalla propaganda di guerra dell’epoca e in base a quanto Todaro aveva scritto nel suo rapporto fu detto che quei soldati, diretti in Egitto, erano stati aggrediti e fatti a pezzi da branchi di pescicani.
Al riguardo lo storico navale britannico capitano Roskill, nel libro «A merchant fleet in war», dopo aver descritto dettagliatamente lo scontro porta a conoscenza che l’Eumaeus era armato di un solo cannone, ed era stato sopraffatto dopo aver ultimato le munizioni: in tutto 39 colpi di dotazione. la nave affondò con 80 dei 91 uomini dell’equipaggio. Invece, secondo i Lloyd vi furono tra l’equipaggio dell’Eumaeus soltanto 23 morti, mentre i superstiti sarebbero stati 63.
Da parte italiana durante la battaglia persero la vita il sergente Francesco Moccia, il marinaio Giuseppe Bastino, e il tenente di complemento del Genio Navale
Danilo Stiepovich. L’Eumoeus, che ancora oggi viene da taluni considerato un temibile incrociatore ausiliario, era stato costruito nel 1921 a Dundee, e con venti anni di vita era poco più di una carretta. Apparteneva alla società Ocean Shipping Co., e il suo affondamento avvenne a 118 miglia per 285° da Capo Sierra Leone (126 miglia a est-nord-est di Freetown) , in lat. 08° 55’N 15° 03’W.
Mentre il Cappellini si allontanava dalla zona alla massima velocità, un aereo inglese Walrus della nave appoggio idrovolanti Albatros (capitano di fregata Wilfred Geoffrey Brittain), che era decollato da Freetown al primo allarme lanciato dall’Eumaeus, sbucò da una nube e picchiò sul sommergibile. Questi, per un difettoso funzionamento di una valvola di allagamento, non fu in grado di immergersi con la dovuta rapidità. Due bombe, esplose vicinissime allo scafo, procurarono avarie ai motori principali, alle batterie accumulatori, alle casse assetto, e si verificarono estesi inconvenienti: le lampadine elettriche e i manometri andarono in frantumi, entrarono in corto i circuiti elettrici, saltarono i fusibili, la luce si spense, si ebbero infiltrazioni d’acqua nelle camere di lancio, mentre un denso fumo nero, causato dalla nafta in fiamme nella sala motori, invase tutti i locali. Per riparare sommariamente le avarie, occorsero delle ore, fino a sera. Con l’oscurità quando il sommergibile emerse le sue condizioni apparivano precarie e al comandante Todaro non restò che puntare sulle Canarie. Attraccò al Puerto de la Luz, a Las Palmas de Gran Canaria. Qui il sommergibile sbarcò un ferito grave ed ebbe il permesso dalle autorità spagnole, come stabilito dalla convenzione dell’Aja, di rimanere in porto per una settimana. Il Cappellini iniziò le riparazioni più urgenti ed imbarcò i rifornimenti, in  particolare la nafta, 79 tonnellate, ceduta segretamente dalla petroliera tedesca Charlotte Schliemann, ormeggiata poco distante. Ma avendo l’addetto militare italiano aVittorio M. Bobba
19 giugno 2021
Madrid informato il comandante Todaro che navi britanniche si trovavano concentrate nei pressi di Gran Canaria, e che per partire occorreva completare le riparazioni al più presto, dopo tre soli giorni di lavori il sommergibile fu in grado di riprendere il mare.  Nella notte dal 23 al 24 gennaio, approfittando della favorevole oscurità dovuta al tempo piovoso, il Cappellini lasciò l’ormeggio dirigendo per il rientro a Bordeaux. Puntando verso nord seguì zigzagando varie rotte tra il 20° e il 21° meridiano, a scopo esplorativo, e nel pomeriggio del 30, scortato da dragamine tedeschi incontrati alla foce della Gironda, risalì il fiume e raggiunse Pauillac. Dopo 39 giorni di mare, avendo percorso 7.600 miglia ed avendo affondato 12.501 tonnellate di naviglio, il Cappellini rientrò a Bordeaux in condizioni tali da sembrare un relitto, e per ripararlo occorsero circa due mesi di lavori in arsenale.
Nell’autunno del 1941, dopo altre tre missioni svolte nel Nord Atlantico, il comandante Todaro venne sbarcato dal Cappellini, con il quale aveva affondato 3 navi mercantili per 17.687 tonnellate. Tornato in patria, con una fama leggendaria, si occupò dell’allestimento dei sommergibili tascabili «CB» destinati alle missioni nel Mar Nero. Passato successivamente sui mezzi d’assalto morì, il 14 dicembre del 1942, a bordo del Cefalo, un peschereccio attrezzato per il trasporto di motoscafi siluranti, durante un attacco di aerei americani nel Canale di Sicilia. Venne decorato con la Medaglia d’Oro alla memoria.

Fonti:
F. Mattesini – I sommergibili di Betasom
F. Mattesini – Betasom. La guerra negli oceani (1940-1943)
Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare