Fedez, il campione di coerenza


Dev’essere proprio il loro periodo. La scorsa settimana ho scritto della moglie e adesso mi tocca scrivere del marito. Sto naturalmente parlando di Fedez e della sua sparata al concerto del 1° maggio a Roma.

Federico Leonardo detto Fedez, cantante, autore di testi impareggiabili come “Dai ca**o Federico” da cui il verso: “e con tutto questo affetto mi sento così commosso però fammi andare al cesso che mi sto cagando addosso”; insieme alla moglie Chiara Ferragni, influencer, fashion blogger (boh?) la gente ritiene che oggi questi due siano i nuovi difensori dei diritti umani e oppositori del regime.
Sarà, ma cerchiamo di analizzare meglio la cosa.
Non vorrei riaccendere una polemica destinata inevitabilmente a sgonfiarsi e a sparire dalla scena in pochissimo tempo, ma ritengo necessario puntualizzare alcune cose.
Innanzitutto il pistolotto del sedicente artista. Il ragazzo era partito bene, con frasi coinvolgenti sulla mancanza di lavoro e sulla spada di Damocle della disoccupazione che sovrasta troppi italiani. Poi, ad un certo punto, ha deviato dal sentiero per inoltrarsi su un’erta pericolosa: quella di uno dei cavalli di battaglia che in tempi recenti lui e la sua gentil consorte stanno sfruttando perché sanno che toccano molte pance e molti cuori dei loro fans, basta che siano un pelo più a sinistra di Salvini: l’omofobia.
Il concetto in sé non fa una piega: se un parlamentare qualsiasi (il fatto che sia della Lega è irrilevante) si permette di dichiarare in pubblico “Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno di casa” non solo va allontanato dal Parlamento, ma va rieducato in un gulag.
Il fatto, poi, che alcuni funzionari della Rai abbiano tentato una censura preventiva nei confronti del rapper più tatuato d’Italia grida vendetta al cospetto di Dio. La censura è stata abolita definitivamente da poco, inoltre se ciò non bastasse abbiamo una Carta Costituzionale che all’articolo 21 recita testualmente: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. (…) Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.”
Come si vede, le uniche limitazioni riguardano la stampa e gli spettacoli contro il buon costume, ma il pensiero, vivaddìo, è libero!
Quindi piena solidarietà al ragazzo per quanto riguarda la sua libertà di esprimersi. Ma il problema è un altro. Innanzitutto il contesto: che c’incastra la festa dei lavoratori con l’omofobia? Per caso chi licenzia è anche omofobo? C’è una correlazione diretta? Non mi pare proprio. Ma allora Fedez avrebbe anche potuto parlare, già che c’era della Toumeyella Parvicornis che sta uccidendo tutti i pini di Roma: mi sembra un tema di assoluto rilievo rispetto alla proposta di legge Zan che, peraltro, andrebbe a coprire uno spazio già occupato da altre leggi dello Stato.
Se andiamo a leggere l’articolo 2 del disegno di legge Zan osserviamo che sono da sanzionare, tra l’altro, la “…propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, religiosi, etnico o basati sul sesso, sul genere o sull’orientamento sessuale, sull’identità in genere…”
Ecco, allora il primo a dover essere sanzionato il giorno che la legge già approvata alla Camera lo fosse anche al Senato dovrebbe essere proprio Fedez Infatti, come ha fatto giustamente osservare qualcuno, se il disegno diventasse legge Fedez sarebbe il primo a farne le spese. Eh sì, perché se ascoltiamo frasi prese dalle sue performances (… non ho il coraggio di chiamarle canzoni!) leggiamo perle del tipo: “Ho un odio represso verso tutte le persone gay” (Fedez – Faccio Brutto 2013); Io lo so che ti piacciono le canzoni gay, più ti guardi allo specchio più ti credi una lei” (Fedez – Canzone da Gay 2006); “Non fare l’emo, Fr**io con lo smalto” (Fedez – Ti porto con me 2011); “Pablo sei un pacco, tipo, tipa con la sorpresa (Fedez – Le feste di Pablo 2020).
E per quanto riguarda la discriminazione per orientamento sessuale, direi che ci siamo.
Ma in altre parti del suo repertorio questo fenomeno ci snocciola le seguenti apodittiche considerazioni anche contro le donne, le quali secondo lui non sono degne del benché minimo rispetto: “Ti do mezza busta se mi fai un mezzo busto, te la do tutta se mi ammazzi Barbara d’Urso, perché non posso ancora concedermi questo lusso” (???). “Stupro la Moratti e mentre mi fa un boc***no le taglio la gola con il taglierino”.
Ne volete ancora? Eccole: “…C’è chi fa la ragazza immagine per noia, per alimentare la sua immagine da tr**a” (forse la Ferragni è un altro tipo di ragazza immagine, che a lui sta bene. Boh!); e ancora: “Siete tr**e, tr**e, non fate le modeste. Guarda come ca**o sono vestite queste! La mandi in giro vestita da tr**a poi piangi se la violentano. Sono tr**e e se non lo sono poi lo diventano”.
Qui tra l’altro il nostro campione di coerenza espone proprio il pensiero più maschilista secondo il quale una donna viene violentata perché va in giro vestita in un certo modo.
Direi che ce n’è a sufficienza per una condanna per istigazione all’odio, per discriminazione e quanto altro possa passare per la testa a un giudice sano di mente. Proprio perché sanziona gli atteggiamenti di violenza di questo tipo la legge dovrebbe essere approvata. Ma siccome la Lega, a quanto pare, tenta di fermare il disegno di legge Zan, Fedez si schiera dall’altra parte e diventa – proprio lui – il paladino di quella legge in base alla quale verrebbe condannato! Siamo al paradosso.

Peggio: siamo ai cancelli della follia.