Italia incerta di Dio? Se lo chiede Alleanza Cattolica a un seminario on line


Ieri sera alle 21 (NDR: lunedì 15 marzo), collegati con circa 200 persone online su diversi canali, è stato svolto un dibattito tra personaggi accreditati sui temi dell’adesione al messaggio cristiano cattolico sotto diversi punti di vista in Italia oggi, dal titolo “Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio”.
Il colpo d’occhio, di circa 100 minuti, si è posato su:
1. il terreno scivoloso dell’epoca recente (2018-2020)
2. differenti elaborazioni statistiche e
3. varie interpretazioni congetturali interne alla visione cristiano-cattolica.
Pretesto, la pubblicazione di un libro del sociologo classico Franco Garelli, docente all’Università di Torino.
Introduceva PierLuigi Zoccatelli di Alleanza Cattolica, associazione culturale e politica organizzatrice dell’evento.
Oltre a Garelli, intervenivano S. E. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e Vicepresidente per l’Italia Meridionale della Conferenza Episcopale Italiana e il dott. Marco Invernizzi, Reggente Nazionale di Alleanza Cattolica. 

Per me, addetto ai lavori della sociologia clinica, la moderna Sociatria, la presentazione di dati fatta da Garelli non ha impressionato, anzi, si scorgevano i tipici limiti della sociologia classica.
Che sono stati:
1. Determinazione teorico/filosofica (ed è già molto…) degli elementi di analisi;
2. Costruzione conseguente di modelli di rilevazione a senso unico, con evidenziazione di elementi conoscitivi ovvi date le premesse;
3. Implicazioni operative in logica conseguenza, basate su idee il cui preconcetto poteva evitare le conferme, puramente psicologiche, delle incerte basi di dati statistici.
Non un cattivo lavoro, quello di Garelli, tutt’altro: ma una ulteriore evidenza dell’inconsistenza scientifica di una disciplina allo stremo, la sociologia classica europea, ormai riconducibile al suo anagramma “ciò-lo-so-già”.
“Ciò”, peraltro, non toglie anzi conferma quanto è sotto gli occhi di tutti, e cioè che “il mondo moderno è cambiato” (interessante, caro sociologo!) e che bisogna “fare qualcosa, è!”. Per chi come me ha vissuto una vita a operare con scienza e coscienza su 1000 corpi martoriati della società umana, traendone sapere epistemologicamente vero, affidare a immersioni bibliotecarie e ragazzini con questionari i destini della sociologia umana ora che siamo nel terzo millennio è penoso e doloroso. Ma gli argomenti di base, ben conosciuti, erano, ritengo, corretti, anche se detti nel linguaggio e metodo purtroppo incerto e antico di Garelli.
Fin qui le mie speranze ottimistiche di volo della gallina sono andate deluse, ma poi la discussione si è aperta sui temi correnti e la loro grande verità.
In Italia (tutti sappiamo) che si respira spaesamento rispetto alla trascendenza, alla religione, alle religioni (difficile accomunarle nella definizione, a parte i monoteismi, grazie alla solida base teologica comune…), alla religione cristiana, al cattolicesimo, alla Chiesa e alla partecipazione alla vita di quest’ultima.
Molto interessante il quadro sistemico delle riflessioni emerse, dove, lasciato il fornitore di dati poi è stato pure corretto, è spiccato con eccellenza (titolo ottimamente riposto) intellettuale, io direi anche sociatrica, Mons. Raspanti. Egli riporta la sommatoria ben capitalizzata dell’esperienza pastorale italiana, non sbaglia una virgola, mette i dati (per quello che servono…) al posto giusto ed evoca con linguaggio appropriato la vera sostanza della sociologia religiosa oggi: Raspanti sa di avere la verità dalla sua, e la potenza della sua chiave interpretativa del problema cattolico oggi è lucidissimo. Non cita un dogma a sua difesa (egli sa cos’è un dogma…) ma una serie di argomenti di prassi, uno dopo l’altro, dimostrando che è possibile una clinica interna, se esiste un sufficiente distacco dall’operatività e dal potere, e uno spazio tecnico-economico per elevatissime attività di staff, come la CEI ha sempre avuto. La sua visione, sinceramente pratica, vede una coniugazione tra il lavoro papale difficilissimo e insidioso in questa epoca e l’esigenza del rinnovamento nell’organizzazione della Chiesa. Non lo dice, ma si capisce dall’avveduto parlare di Raspanti che ha in mente anche un concetto di rito tecnologicamente diverso, una prassi pastorale più aperta intellettualmente, un meccanismo diffusivo basato sul rinnovamento culturale e anagrafico della forza soprattutto episcopale, anche della condizione organizzativo-strutturale della forza ecclesiale e delle forze professionali di catechesi, in numero e in qualità di aggiornamento. Non ha voluto troppo sottolineare il fatto operativo, che traspare con chiarezza dalla sua equilibrata e comunicativa posizione: per lui e per ogni pastore è elemento intrinseco “la missione”, la prassi. Ed è sostenuta da fatti, non solo da parole e nemmeno da dati semoventi.
Invernizzi invece non sembra in serata. Ma contengo il mio commento a 2 elementi, uno positivo e uno solo parzialmente negativo:
1. è lui a usare la parola magica di oggi della pastorale, che è MISSIONE, citando con forza Papa Francesco, che ne è il ricostruttore. In cattolicese, significa prassi, informata del massimo bene.
2. Da reggente di un’associazione culturale cattolica, di fronte al vero principe della pastorale Raspanti, sacerdote, illustre ecclesiastico, vescovo, vicepresidente della CEI, ribadisce dogmi facendo un poco la figura dell’indiano davanti allo specchio. Ma va ringraziato, Marco Invernizzi, perché il webinar è stato interessantissimo e molto chiarificatore di chi sa davvero, i pastori, o, di chi sa produrre intelligenti iniziative di riflessione sul cattolicesimo oggi in Italia, l’associazione che lui regge, Alleanza Cattolica.