La Crociata dei Fanciulli


“Circa idem tempus pueri sine rectore sine duce de universis omnium regionum villis et civitatibus versus transmarinas partes avidis gressibus cucurrerunt, et dum quaeretur ab ipsis quo currerent, responderunt: “ Versus Jherusalem, quaerere Terram Sanctam…”

La storia che vogliamo ricordare appartiene a un lontano passato, più di otto secoli sono trascorsi da allora e Notre-Dame-de-la-Garde sarebbe stata costruita solo nel 1853. Col tempo verità e leggenda si sono unite inestricabilmente e gli avvenimenti di quei giorni sono ancora oggi oggetto di discussione fra gli storici.
Si racconta che nel maggio del 1212 un pastorello dodicenne si presentò davanti a Saint Denis, lì dove Filippo II di Francia detto il Guercio teneva la sua corte. Disse di chiamarsi Stefano (Stephane) e di arrivare da un villaggio dell’Orléans chiamato Cloyes-sur-le-Loir. È in missione per conto di Dio. Mostra al re una lettera autografa che gli ha consegnato a mano Gesù Cristo, apparsogli mentre lui pascolava le pecore. C’è scritto che bisogna subito partire verso Gerusalemme per una nuova crociata per liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli. Filippo era reduce da una crociata poco felice in società con Riccardo Cuor di Leone. Non aveva soldi e neppure molta pazienza. Il ragazzino però non era solo. Nel suo viaggio aveva radunato una moltitudine di fanciulli e fanciulle che hanno attraversato cantando e pregando le campagne francesi, indossando tuniche segnate da una croce rossa. Il re non se la sentì di ignorare del tutto il passo del Vangelo: «Lasciate che i piccoli vengano a me», così fece esaminare la lettera ai teologi. Il responso fu ambiguo: i bambini sono in buona fede, ma la lettera è falsa. Filippo decise di non impegnarsi nella crociata, ma perdonò i camminanti consigliandoli di tornare a casa.
Ma Stefano non si lasciò scoraggiare e iniziò a predicare in pubblico sulla porta dell’abbazia di Saint-Denis. Sembrava ispirato dallo Spirito Santo ed era comunque un oratore di talento.
Ripeteva spesso un passo di Matteo evangelista: «Una fede grande quanto un grano di senape può muovere una montagna». Prometteva a quelli che si sarebbero uniti a lui che i mari si sarebbero aperti davanti a loro, come aveva fatto il Mar Rosso con Mosè, e che sarebbero così arrivati a piedi fino alla Terra santa. Il ragazzo iniziò a viaggiare per la Francia, raccogliendo proseliti e facendosi aiutare nella predicazione dai suoi convertiti.
Il seguito crebbe. Il movimento superò i confini francesi e dalla Germania si associò alla crociata un altro pastore adolescente: il suo nome era Nicola (Nikolaus) e attraversò le Alpi facendo tappa anche a Cremona e Milano prima di giungere al mare. I tedeschi giunsero a Genova. Niente navi per loro, perché Nicola era convinto di essere il nuovo Mosè: «Attraverseremo il mare a piedi asciutti». I giorni passano e diventano mesi e le acque non si dividono. Stufi di aspettare il segno di Dio se ne andarono a casa delusi e amareggiati. I più tenaci partirono a piedi per morire lungo la strada di fame e di stenti. Di Nicola non si seppe più nulla. Per qualcuno rientrò a Colonia, per altri vagò dimenticato in Italia.
Stefano condusse invece i suoi seguaci verso Marsiglia. I piccoli crociati si precipitarono al porto per vedere il mare aprirsi ma, poiché il miracolo non avveniva, alcuni si rivoltarono contro Stefano accusandolo di averli ingannati, e presero la via del ritorno. Molti rimasero in riva al mare, ad aspettare il miracolo ancora per alcuni giorni, finché il miracolo arrivò sotto forma di due mercanti dal nome perlomeno sospetto, che misero a disposizione sette navi. Si facevano chiamare Ugo il Ferro e Guglielmo il Porco e offrirono ai fanciulli un “passaggio gratis”. Stefano accettò di buon grado e così partirono sette navi con a bordo l’intero contingente di bambini.
Passarono diciotto anni prima che se ne avesse qualche notizia, solo nel 1230 tornò in Francia dall’Oriente un prete che raccontava una storia insolita: aveva accompagnato Stefano a Marsiglia per poi imbarcarsi su una delle navi procurate dai mercanti. Dopo pochi giorni di navigazione la flotta fu colta da una tempesta e due delle navi fecero naufragio al largo dell’isola dei Ratti vicino all’Isola di San Pietro in Sardegna. A bordo c’è pure Stefano. È tra i pochi che si salva, forse l’unico.
Le altre cinque imbarcazioni vengono ben presto circondate dalla flotta saracena circondate dai saraceni, in combutta con il Ferro e il Porco, i piccoli crociati scoprirono di essere stati traditi da Ugo il Ferro e Guglielmo il Porco per essere venduti agli infedeli. Finirono schiavi ad Algeri, Alessandria e Bagdad. Sbarcati sulla costa algerina molti di loro furono subito comprati all’arrivo e trascorsero il resto della vita in schiavitù. Altri, fra cui il giovane prete, vennero condotti in Egitto dove gli schiavi franchi avevano un prezzo più alto e la maggior parte fu comprata dal governatore di Alessandria per lavorare nelle sue proprietà. Secondo il prete circa settecento di loro erano ancora vivi. Un altro gruppo fu condotto al mercato degli schiavi a Bagdad dove diciotto subirono il martirio per aver rifiutato di convertirsi all’islamismo.
Più fortunati furono i giovani preti e quei pochi che sapevano leggere e scrivere. Il sovrano dell’Egitto, Al-Kamil, era uno studioso di lingue e letteratura occidentale e li tenne con sé come interpreti, maestri e segretari senza cercare di cambiare la loro fede. Essi vissero al Cairo in una confortevole schiavitù e alla fine solo a questo prete fu concesso di tornare in Francia. Ai genitori dei suoi compagni che lo interrogavano raccontò tutto quello che sapeva, poi scomparve per sempre. Un racconto posteriore identificava i due malvagi mercanti di Marsiglia con due commercianti che furono impiccati pochi anni dopo per aver tentato di rapire l’Imperatore Federico per conto dei saraceni; cosicché alla fine essi avrebbero pagato il fio dei loro delitti.
In realtà non andò così: per completezza occorre aggiungere che Guglielmo il Porco, il cui vero nome fu probabilmente Guglielmo Grasso, era un corsaro Genovese, che nelle guerre contro pisani e veneziani. Dal 1216 al servizio del Sacro Romano Impero, prese parte al trasporto di  Costanza d’Altavilla, madre dell’imperatore Federico II e del figlio di quest’ultimo Enrico, da Palermo a Sant’Eufemia in Calabria. Ricoprì per breve tempo anche l’incarico di grande ammiraglio ma, per la sua amicizia con il sultano d’Egitto al-Malik al-Adl (fratello del Saladino), nel 1220 venne fatto arrestare da Federico II. Ottenne rifugio presso il sultano dove morì nel 1225. E’ probabile che questa amicizia nascesse dai tempi in cui la sua attività di corsaro lo portò a mercanteggiare schiavi con i saraceni, da cui il suo leggendario coinvolgimento nella Crociata dei Fanciulli.
Di Ugo il Ferro (o il Ferreo) non si hanno invece notizie.
Studi recenti indicano che la similitudine fra i due movimenti – francese e tedesco – fece sì che nelle cronache successive le due storie si fondessero nella versione sopra descritta. Secondo alcuni, inoltre, l’espressione “crociata dei fanciulli” deriverebbe dal fatto che nei documenti si usa il termine latino puer (fanciullo) intendendo in realtà pauper (povero); il fatto che poi si sia parlato di “fanciulli” deriverebbe da un’interpretazione errata. A quanto pare i documenti dell’epoca insistono sulla miseria dei pellegrini e non sulla loro età.
Il movimento di Nikolaus attraversò le Alpi nella primavera del 1212. Circa settemila arrivarono a Genova verso la fine di agosto. Molti di loro tornarono in Germania, altri procedettero verso Roma, altri ancora si recarono a Marsiglia, dove probabilmente furono catturati dai mercanti di schiavi. Nessuno di loro raggiunse la Terra Santa tranne, forse, un gruppo partito da Pisa con due navi dirette in Palestina. Probabilmente solo questo movimento era diretto in Tessa Santa, mentre quello di Stefano, che affermava di aver ricevuto da Cristo una lettera per il re di Francia, attrasse una folla di circa trentamila persone e la leggenda racconta che a Saint-Denis fu visto compiere alcuni miracoli. Filippo II ordinò alla folla di tornare a casa e la maggior parte di loro seguì l’ordine. Non vi è menzione che questi volessero recarsi in Terra Santa. Le cronache successive romanzarono e fusero queste due vicende.