Gino Donè: l’italiano sul Granma, una vicenda avventurosa poco nota


Grandma: un nome a me a lungo risultato misterioso. Senza chiedermene il motivo, sapevo soltanto che fosse la denominazione della sezione di Celle Ligure, Varazze e Cogoleto dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, presieduta dal mio caro amico Roberto Casella. Un sodalizio piuttosto attivo che, nella propria sede come pure attraverso relazioni e visite internazionali, organizza iniziative molteplici, per lo più inerenti storia contemporanea e cultura di Cuba e di altri paesi latinoamericani, con particolare riguardo ai movimenti rivoluzionari che hanno visto la luce nel contesto geopolitico, variegato e fluido, centro e sudamericano. Invitato da Casella, più volte ho partecipato ad incontri, talora abbinati a piacevoli convivi e cene a base di gastronomia etnica, incentrati su questi temi. Vi ho sempre trovato un clima costruttivo, di accoglienza e di dialogo, anche nei confronti di persone, come il sottoscritto, aventi alle spalle retaggi e percorsi differenti, oppure mosse più che altro da semplice curiosità. In alcune occasioni ho espresso apertamente le mie opinioni e ho conosciuto significative figure, italiane e straniere, tra le quali la presidente nazionale di Italia-Cuba, la milanese Irma Dioli, con la quale ricordo un simpatico e stimolante scambio a tavola. Questo è un aspetto dello spirito che vige da anni nei rapporti che ho intessuto con Roberto Casella. Aldilà della sfera pubblica, di taluni specifici interessi sociali e culturali condivisi, si tratta di un’amicizia che si è rafforzata anche grazie ad un antefatto che ci accomuna. I nostri padri erano stimati colleghi presso l’amministrazione postale di Savona, dal secondo dopoguerra fino a circa gli anni ’80, allorquando si ritirarono entrambi dal lavoro. Il rispetto e la fiducia, una certa pragmatica visione capace di superare diversità di posizioni, non utili a cogliere opportunità importanti, che esistono tra di noi ha, poi, permesso che le nostre due persone abbiano potuto talora costituire la garanzia per convergenze su alcuni obiettivi specifici tra l’Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba e Centro XXV Aprile – Associazione Italiana Combattenti interalleati, di cui siamo dirigenti locali, laddove, in collaborazione con le Istituzioni e le organizzazioni consimili, è importante testimoniare importanti valori di carattere universale, anche con forme di comunicazione innovative a favore di larghe fasce della popolazione e, soprattutto, dei giovani. Iniziative che hanno ottenuto buoni riscontri iniziali in termini di partecipazione collettiva, senza però, purtroppo, riuscire a destare la completa auspicata considerazione da parte dell’associazionismo del territorio. I motivi sono andati al di là della nostra buona volontà, che si è spinta a ripetuti inviti alla cooperazione, più che mai utile negli attuali frangenti di necessaria coesione nazionale. Il riferimento palese è, nell’ambito locale ove operiamo, le Albissole (SV), agli atteggiamenti ingiustificati e inusitati di chiusura, di non accettazione della possibilità di idee o proposte manifestate da altri soggetti riconosciuti, da parte dell’ANPI, in occasione delle varie ricorrenze della Festa della Liberazione, ultima delle quali quella del 2020, celebrata in forma ridotta per via dell’emergenza sanitaria. Siamo fiduciosi, comunque, in un futuro foriero di migliori sviluppi. Senza divagare oltre, ora dobbiamo venire al vero argomento da trattare. Ebbene, proprio durante una delle manifestazioni tenutesi congiuntamente, Roberto mi fece omaggio di un volume della scrittrice Katia Sassoni, dal titolo: “ Gino Donè. L’italiano del Granma”. Questi, un personaggio che peraltro Casella ebbe modo di conoscere da vicino. Leggendolo, tra l’altro, ho potuto finalmente scoprire cosa fosse il Gramma, ovvero il piccolo bastimento sul quale, nel 1956, si imbarcò alla volta di Cuba il primo nucleo di 81 rivoluzionari. Tra di essi, addirittura Ernesto Guevara, il Che. Pagine su pagine sono state scritte su questa vicenda, ma è poco noto che della spedizione facesse parte anche un italiano: Gino Donè appunto. La sua, una storia incredibile, quasi quella di un nuovo eroe dei Due Mondi. Un “Garibaldi” del ‘900. Partigiano in Italia durante la resistenza, al termine della quale fuggiasco all’estero per evitare il servizio militare. Quindi, vari imbarchi e lavori in giro per il mondo, poi l’arrivo a Cuba e la trasformazione in rivoluzionario irriducibile. Infine, un lungo periodo di oblio negli Stati Uniti, conducendo un’esistenza anonima. Nel corso dei decenni, fu uomo schivo e parco nel raccontare aneddoti, passioni e ricordi relativi ai fatti straordinari di cui fu protagonista. Seppe non cedere alle lusinghe di cronisti e giornalisti, non per mancanza di memoria, ma per modestia, per il desiderio di non apparire. Tutti tratti caratteriali in estinzione, oggi, nella società contemporanea. Ritornato in Italia, soltanto nei suoi ultimi anni concesse la sua presenza in alcune occasioni lungo la Penisola. Questo mio breve testo, che non potrà certamente essere esaustivo al riguardo di una personalità complessa quale quella di Gino Donè, è accompagnato da un efficace ritratto, di come egli si presentava in tarda età, eseguito dalla mano abile dell’illustratore genovese Igor Belansky, autore grafico ben conosciuto dai lettori di questo Magazine. Per conoscere più approfonditamente questo singolare testimone di avvenimenti, grandi e piccoli, attorno ai quali non è stato ancora completamente squarciato il velo dell’ombra, che hanno caratterizzato il secolo scorso, il modo più semplice è quello di riferirsi alla pagina che gli è stata dedicata su Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Don%C3%A8_Paro, con ampi cenni biografici e bibliografici.

«Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste». (Johann Gottlieb Fichte)